Lo speed metal degli HELLRIPPER è così potente da struccare la Clerici

Rispettivamente nel 2020 e 2021 avrei potuto compilare una poll di fine anno infinita, infoiato com’ero per una serie di uscite esaltanti tutte o quasi riguardanti il mio ambito prediletto. Thrash e death metal classico, per non girarci intorno. Dal trionfo degli Armored Saint agli Psychotic Waltz, due redivivi, passai alla strepitosa annata seguente dribblando Solstice e Inhuman Condition, e poi i melodicissimi Paranorm, seguiti da Bewitcher, Enforced e dalla blasfemia totale di Craven Idol e Stress Angel. Naturale che in mezzo a questo cenone a buffet mi sarei perso qualcosina.
In realtà non mi persi affatto gli Hellripper, cioè lo scozzese James McBain coadiuvato in sede live da una pletora di musicisti che gli permettono di esibirsi. Lo definii un divertente e tiratissimo speed and thrash con voce estrema, e fui un po’ stronzo allorché infilai l’articolo in uno di quei rimescoloni che intitolo Pesca con le reti a strascico in cui, generalmente, non mi va di scrivere più di dieci righe per ciascun gruppo. The Affair of the Poisons era comunque un buon disco e, in un’annata povera come quella appena terminata, un posto nella top ten glielo avrei certamente riservato.
Comincia il 2023 e comincia con gli Hellripper, motivo per cui dedicherò loro la massima attenzione.
Il titolo, Warlocks Grim & Withered Hags, pare trafugato da un diario di Dani Filth. James McBain è sempre solo ed è notevolmente migliorato sotto il punto di vista tecnico, così come nel songwriting. Gli Hellripper – parlo al plurale perché non mi va di ridurre i turnisti implicati a una combriccola di stronzi evasi dalle sale prove di Aberdeen – sono visibilmente migliorati. Non sono più definibili come uno speed’n’thrash divertente, tirato, urlato. Le composizioni, che in precedenza non andavano oltre i cinque minuti di durata (nei casi più estremi) hanno ora la durata media di cinque minuti, superano in un paio di casi i sette e li reggono benissimo.
E non è una mera questione di durata. The Nuckelavee apre come di consuetudine andando diritto, poi passa la palla agli Iron Maiden, poi a un assolo alla Hammett della prima ora, infine a uno di quei giri cari ai Darkthrone dal 2002 in poi, se non addirittura da prima. Tutto coeso, coerente, tutto funzionale al pezzo che non a caso gira benissimo, non stanca, anzi concede quei balzi sulla sedia in cui nell’album precedente nemmeno avrei sperato. Bella anche la chiusura ammiccante al black metal, e non sarà l’unica.
L’album vanta una fortissima componente melodica. È estremo, non fraintendetemi, lo è quanto i predecessori o forse un filino di meno. Ma ha notevole capacità di imprinting e questo è dovuto all’abilità di McBain di scrivere melodie azzeccate. I, The Deceiver, non appena accelera, è istigazione a scapocciare e distruggere tutto, pur puntando su un ritornello che più paraculo di così non avrebbe potuto uscire (lo ricollego a certo black metal melodico a cavallo del cambio di millennio).
Credo che Hellripper sia un progetto che rende al meglio agli estremi: nei brani volutamente lunghi e articolati, come l’epica e trionfale title-track, e in quelli che corrispondono a una legnata data sul collo, come la seguente Goat Vomit Nightmare.
The Cursed Carrion Crown forse è la mia preferita su tutte, speed metal ottantiano con tanto di acuto alla Tom Araya e una resa che negli ultimi anni è appartenuta di diritto a nuovi detentori del settore quali i Vulture. Forse è il tratto che più unisce i nuovi Hellripper ai precedenti, forse è la meno rappresentativa nel contesto dello stile di questo Warlocks Grim & Withered Hags, ma tant’è, la adoro.
Se al primo ascolto avevo avvertito un lieve calo nella parte finale, successivamente ho finito per adorare anche questa, spinto da momenti goduriosi come l’attacco motorheadiano di The Hissing Marshes o l’azzeccatissimo blast nel lungo pezzo successivo, a chiosa di un disco che farò di tutto per inserire nella poll di fine anno, salvo che il 2023 non si riveli un’annata prolifica e pazzesca oppure, più banalmente, che me lo dimentichi a causa della mia memoria di merda.
Ho sempre pensato al ruolo che avrebbero avuto personalità come McBain negli anni Ottanta. Colpevoli di essere arrivati tardi a un qualcosa che non è più importante e in evoluzione come allora; colpevoli, in parole povere, di ispirarsi e non di costruire. Ma incredibilmente talentuosi. È una domanda che mi affliggerà per sempre, un po’ come quando mi domando cosa cazzo ci sia sotto a tutto quel trucco che mettono in faccia alla Clerici. (Marco Belardi)
Giuro che, a prima vista, ho letto “…così potente da STUCCARE la Clerici”, cioè in grado di riparare le inesorabili offese del tempo sul volto della Signora. Oh, funziona bene uguale.
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Io ho letto “stroncare”…
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Facciamo pressione soscial affinché il Belardi accetti anche questa variante, maremmaccia buhaiola.
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Disco della madonna che sto apprezzando moltissimo.
Mi permetto di consigliare, qualora non lo aveste già fatto, di dare una chance o due al nuovo album dei Night Demon. Il precendente non mi era piaciuto per niente e invece nella fattispecie hanno fatto un grande lavoro. L’ho trovato splendido. Sì, grazie al cazzo, derivativo e nostalgico degli anni ’80. Ma meravigliosamente semplice e con tutti i pezzi che funzionano alla grande. Un bel mix di Sword (Metalized), Angel Witch e In Solitude. Ho anche comprato a scatola chiusa il nuovo Ne Obliviscaris e no, mi dispiace ma no. Non dico che ha buttato venti euri ma stiamo lì.
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