We who are (not as others)
Trainspotting: Salentino d’origine e più o meno stabilmente nella Capitale sin dagli esordi universitari, ora vive a Milano portandosi sempre dietro uno yorkshire a cui tenta di fare imparare a memoria la formazione dell’Inter dell’anno 2009/2010, e nel tempo libero gira l’Europa rincorrendo i Manowar. Si definisce il più grande fan al mondo del gruppo di supporto, frase che peraltro rappresenta benissimo il suo approccio alla vita. Ha convissuto per anni con Ciccio in un bilocale con due camere eterosessualmente separate sulla tangenziale est, esperienza che ha dato corpo e significato all’espressione livin’ hardcore radikult. Appare solo quando c’è bisogno, quindi se vedete molti pezzi scritti da lui è segno che gli altri stanno battendo la fiacca.
Ciccio Russo: Cagliaritano trapiantato a Roma. A 13 anni gli appare Nyarlathotep mentre ascolta Covenant al buio e da quel giorno la sua anima diventa preda degli dèi del Male e delle birre del discount da 66. A 15 anni, invece di pensare alla fica, intraprende una brillante carriera di fanzinaro e tape trader, per poi approdare nello staff di Metal Shock, dove raggiunge l’apice della sua storia professionale vomitando sul palco durante un concerto dei Kurnalcool a Senigallia. Dopo la chiusura della rivista, non regge al trauma, si taglia i capelli, si allontana dagli stupefacenti e inizia a frequentare le serate Ebm, senza che ciò abbia ripercussioni apprezzabili sulla sua vita sessuale. Supererà la tremenda crisi grazie all’ascolto compulsivo degli Electric Wizard, che lo convertono al narcosatanismo riportandolo sulla retta via. Scrive soprattutto di death e stoner/doom ma il suo vero amore è il thrash Bay Area.
Charles: Si presenta come un minaccioso energumeno meridionale grande e grosso, ma in realtà passa il tempo a giocare coi suoi due chihuahua vestendoli con cappottini rosa e tutù. Alle scuole medie era come il cattivo di Karate Kid, tanto che diventò il capo di una gang di bulli che eseguiva i suoi ordini senza fiatare. Da grande, approdato ormai a una nota università di fighetti, a causa della mancanza di futuri camorristi da comandare a bacchetta è stato costretto a sporcarsi le mani personalmente, ribaltando i malcapitati a testa in giù e, nelle grandi occasioni, gettandoli nel cassonetto della spazzatura. Nonostante i suoi gusti musicali, si hanno discrete certezze che sia eterosessuale.
Stefano Greco: Stimato professionista e responsabile padre di famiglia durante il giorno, al calar delle tenebre diviene calcettaro amatoriale e occultista fai-da-te. È un devoto fedele al culto del riff, predilige stoner, doom, rock settanta e i classici del metallo, detesta il jazz. Membro più anziano dello staff, viene per questo venerato come un maestro di vita dal resto dei redattori, che gli hanno conferito la carica di Stregone Fumogeno, in coerenza con il ruolo di sciamano in un villaggio tolteco svolto in una vita precedente. Soffre della sindrome di Tourette e ha una passione insana per il sedere di Kim Kardashian.
Matteo Ferri: Nasce nell’unica, autentica, perla della Toscana e Capitale Mondiale della Cultura in una tiepida domenica di settembre. Mosso dalla passione socialista, si unisce ai carri armati sovietici durante la rivoluzione di Budapest e, successivamente, ai Khmer Rossi in Cambogia. Nel sud-est asiatico si appassiona di etnomusicologia, cucina e tecniche di tortura sui dissidenti politici. Rientrato in Italia, sublima queste tre passioni nella pratica quotidiana dell’ascolto di gruppi black metal e folk metal, rigorosamente provenienti dalle più remote regioni del mondo. Si nutre di locuste, miele selvatico e moussakà.
Piero Tola: Nasce a Casteddu nel giorno in cui fu fatto l’attentato a Papa Giovanni Paolo II. Trascorre un’infanzia serena a combattere coi cinghiali nella foresta di Monte Arcosu, riparandosi di tanto in tanto in qualche grotta per mangiare montone arrosto. Uno dei pochi contatti con la civiltà avviene nei fine settimana, quando va in Curva Nord per seguire il Cagliari. Irriducibile fruitore del death metal più truculento e occulto, è votato al culto del Casu Marzu e dell’acquavite multiuso (imbriaghera + sturalavandini). Nel tempo libero va a caccia di donne di età non inferiore ai 50 anni e non disdegna l’esercizio fisico. Pratica con discreti risultati il calcio storico fiorentino e la pelota azteca.
Luca Bonetta: Nato nel profondo delle Dolomiti in una piccola città di provincia, trascorre un’infanzia spensierata tra battute di caccia al cervo e sagre degli alpini. A 10 anni la folgorazione e il matrimonio doveroso con la musica del demonio. Appassionato di anatomia alternativa e blasfemie assortite, convinto fermamente che Chris Moyen sia il nuovo Michelangelo, il sodalizio con il death metal e con (quasi) tutte le sue varianti prosegue lieto. Studente di Storia, sogna un futuro brillante come clochard o, eventualmente, come rapinatore di minimarket. È stato assunto (dopo una durissima prova d’ingresso che comprendeva, tra le altre cose, domande a risposta multipla sui testi dei Deicide e saggio breve sull’epistemologia del death svedese) per sfatare il luogo comune secondo il quale Metal Skunk è un blog scritto e letto solo da terroni.
Masticatore: Metal Skunk doveva avere un proprio ingegnere. Nel mondo attuale sono praticamente pesi morti che accelerano il declino della società, ma nella futura apocalisse zombi un ingegnere può sempre essere utile per costruire latrine e rifugi di paglia e sterco. Seguendo questa finalità, abbiamo effettuato una attenta selezione per arrivare così al Masticatore, il ghostbuster della merda, il più grande esperto mondiale di deiezioni fisiche e sociali. Non è facile entrare in contatto con lui: come tutti gli ingegneri, va avvicinato con estrema cautela, parlando sottovoce e senza movimenti bruschi, come se fosse un cervo in un bosco; l’impresa è resa ancora più difficile dal suo contraddittorio rapporto col telefono, che usa quasi esclusivamente per mandare foto del membro del suo coinquilino e per tirare bidoni all’ultimo minuto tramite SMS, nonché dal fatto che, affascinato dal degrado urbano e dalla gente che fa la cacca per strada, egli viva esclusivamente in zone disagiate della città di Roma in modo tale che, aprendo la finestra al mattino, possa vivificare il proprio spirito con le esalazioni dei kebabbari sotto casa.
Cesare Carrozzi: Fisicamente è l’incrocio tra il Laurence Fishburne di Matrix e Kurt Angle. Spauracchio dei forum metal e terrore dei disadattati, ha uno scopo principale nella vita: far rendere conto ai soggetti di essere dei soggetti. Nel fare questo, si impegna a spiegar loro nei minimi dettagli perché le cose che dicono sono delle fesserie ed è capace di stare lì una giornata intera a catechizzarli fino a che, sfiniti, ammettono di essere dei soggetti. Conduce una vita da libro fantasy aggirandosi tra i boschi del Gran Sasso, inforcando una delle sue venti chitarre a caso e i suoi Ray-Ban a specchio che incutono tanto timore nei lupi che incontra durante il suo bucolico peregrinare. Amante dei robottoni giganti che combattono contro i mostri degli abissi, delle astronavi che si sparano addosso e degli addominali dei senegalesi, nel tempo libero spacca la legna a testate.
Enrico: Persona apparentemente rispettabile, nonostante una chioma e una barba dalla crescita anarchica e selvaggia che lo fa assomigliare a una versione miniaturizzata di Wolverine – personaggio con cui, tra l’altro, condivide un certo livello di cazzimma anche se fa di tutto per tenere celata questa peculiarità, confondendo i suoi nemici mediante un tono della voce sempre pacato e assennato. Coltiva una feticistica e maniacale passione per il collezionismo di tutto ciò che può essere anche solo vagamente collegato alla sua musica: vinili rari, picture disc, autografi, magliette, poster, setlist dei concerti, unghie dei piedi di un grande cantante, caccole del naso di un famoso chitarrista, tampax usati da una certa batterista. Costantemente in bilico tra Paradiso e Inferno, tra canti gregoriani e musica del Demonio, tra ostie consacrate e capretti al forno, riconosce in Matt Pike e Clemente Mastella i suoi principali punti di riferimento e modelli di vita.
Edoardo Giardina: Bassista fallito, è un esponente della generazione di metallari che si è avvicinata al genere quando la crisi della carta stampata era già in stato avanzato. Di origini venete e siciliane, nato nella nebbiosa Brianza, si è poi spostato a Roma per studiare. In assenza di un’identità, cerca quantomeno di immedesimarsi nel disagio dei suoi amici immigrati di seconda generazione e di radicalizzarsi. Non potendo unirsi all’Isis ha comunque accumulato anni di servizio nella Vedetta lombarda e preso più volte parte alla rievocazione della battaglia di Legnano. Inizialmente era rimasto ammaliato dall’arroganza del progressive e dei generi più tecnici per poi spostarsi verso sonorità doom. Per unire tutti le sue passioni ha intenzione di creare un gruppo progressive doom con influenze folk che giri le feste di paese suonando concept album sulla Sicilia araba.
Il Messicano: Di lui si sa pochissimo, tranne che è nato in un altoforno dell’Ilva e che per questa ragione ha sviluppato un incolmabile odio verso il genere umano. Attualmente pregiudicato per traffico internazionale di armi e riduzione in schiavitù, manda i suoi pezzi via posta aerea da una località ignota dell’America Centrale, scritti su banconote da 100 dollari e puntualmente accompagnati da teste mozzate. Una volta all’anno torna in Patria, scortato dai suoi fedeli tagliagole, per presenziare all’Agglutination, unico festival europeo in cui può sentirsi a casa. Si rumoreggia che sia un membro fondatore dei Brujeria, ma non si sono mai avute vere conferme al riguardo.
Marco Belardi: È il collaboratore più prolifico del mondo, e fa il paio con Carrozzi che è il collaboratore più verbalmente logorroico del mondo ma che, di contro, scrive un pezzo ogni due mesi. Fiorentino, pescatore e fotografo, è fiero possessore di tre Cavalier King che, si spera, un giorno lo mangeranno vivo partendo dagli intestini in onore alle abitudini culinarie di quella zona. Ha dei gusti orrendi, è noto per farsi puntualmente piacere i dischi sbagliati dei gruppi giusti, e sarebbe capace di scrivere un’enciclopedia in dieci volumi su Load dei Metallica o su qualche gruppo thrash australiano che non conosce neanche Piero Tola. È stato preso su Metal Skunk perché in ogni redazione è necessaria la figura del toscano, per quanto tale stirpe abbia devastato questo Paese.
Gabriele Traversa: Il giovane Gabriele Traversa ha il suo habitat naturale nei piccoli teatri della Capitale, in cui si esibisce davanti a platee di infanti raccontando favole in cui l’eroe inevitabilmente muore in modo atroce. È l’unico fan terminale al mondo dei Catamenia, che sponsorizza ad amici e conoscenti in maniera così esasperata da far sospettare che questi gli mandino ogni anno un cestino di salami e caciotte per ringraziarlo. Puro di cuore e di indole gentile, rappresenta il fanciullino pascoliano della redazione di Metal Skunk. Quando ancora non era una delle prestigiose firme di questo blog ci si riferiva a lui come “Gabriele Hammerfall”, solo perché un giorno che Ciccio e Trainspotting erano particolarmente sbronzi lui indossava una maglietta di quel gruppo. È un mondo difficile.
Michele Romani: Generato in eoni dimenticati dai ghiacci eterni al di là delle vette iperboree di Roma Nord, il crudele Mighi è cresciuto nella devozione del culto della nera fiamma, sempre attento a rifuggire gli odiati raggi del sole rifugiandosi nella sua tana sotto alla neve in cui va in letargo l’estate. Rosso come la lava bollente dei vulcani islandesi e pallido come le cime innevate delle catene montuose del Telemark, Mighi Romani è la Corte di Cassazione per tutto ciò che riguarda il black metal, il blasfemo sacerdote oscuro delle chitarre a zanzarina, il condottiero delle orde dei demoni del freddo, colui che porta le gelate su Frascati, il figlio del ghiaccio nella sua più completa e terribile incarnazione. Nel tempo libero tifa la Magica e incendia cubetti di ghiaccio per tenersi in esercizio.
Maurizio Diaz: Dopo il Doom e il Masticatore, il Maresciallo Diaz segue fedelmente la tradizione degli ingegneri di Metal Skunk, tradizione che si può a grandi linee sintetizzare in non scrivere mai un cazzo. Nonostante sia genovese appena ha un giorno libero si rifugia in montagna, abbastanza al freddo da poter ascoltare black metal ma soprattutto abbastanza lontano dalla civiltà da potersi dedicare ai gruppi con zufoli e zampogne senza dover temere il giudizio della gente. Si dice che sappia recitare a memoria tutti i dialoghi dei film di Mario Merola, paccheri compresi.