Soviet Soviet // The Hand @Traffic, Roma 20.04.2018
È la prima volta che capito al Traffic in una serata in cui non ci sia la musica del Capro. La serata è organizzata in collaborazione col Metamorfosi Alternative Club, un locale in cui fui invitato una volta da un’amica ma in cui alla fine non andai perché, a quanto mi spiegò, è uno di quei posti in cui va a ballare la gente alternativa che ascolta qualcosa che si avvicini al metal (tendenzialmente Rammstein, Korn e Marilyn Manson). I gestori del locale non se la prendano a male: ammetto di non esserci mai stato e assicuro di non avere intenzioni offensive, ho solo cercato di sintetizzare il concetto per noi metallari ottuagenari dentro che di solito seguiamo o scriviamo questo blog.

Ciaone
Ad ogni modo, leggendole di fretta, di solito capisco male le tempistiche della serata e arrivo in ritardo ai concerti. Questa volta è successo il contrario e mi sono trovato davanti al Traffic a porte ancora chiuse, perché non era il concerto ad iniziare alle 10:00, ma la serata in generale. Quindi io e i miei sodali che hanno avuto la voglia di seguirmi ci prendiamo una birra e ci godiamo il DJ set iniziale, immagino gestito dai ragazzi del Metamorfosi Alternative Club. Devo ammettere che la fattura era pregevole e ogni tanto partivano sprazzi di piacevole drone asfissiante. Purtroppo ho trovato meno piacevole il gruppo che ha aperto le danze: il trio romano The Hand. Diciamo che i loro riferimenti musicali non si toccano neanche da lontano con quelli che sono i miei ascolti usuali, ma qua proverò comunque a dare una definizione azzardata e sicuramente fallace: la loro musica mi è sembrata una sorta di post-punk/rock (senza basso) un po’ noise con delle basi elettroniche. (Leggi tutto)
Avere vent’anni: KATATONIA – Discouraged Ones
Marco Belardi: Il termine gothic metal viene tirato in ballo in un sacco di occasioni, alcune del tutto erronee, e che di frequente fanno pensare a quella mescolanza fra doom e death che prese fortemente campo in Europa a metà anni Novanta. Se la scelta di quella precisa parola, per etichettare più di un qualcosa, è in qualche modo legata alla musica divenuta popolare a cavallo fra gli ultimissimi settanta e l’inizio del decennio successivo, bisogna precisare che a richiamare il gothic in campo metallico, e da molto vicino, furono proprio i Katatonia con il loro primo album di rottura: Discouraged Ones.
Totalmente distante dallo stile del bellissimo Brave Murder Day nonostante fossero passati solamente due anni dalla sua uscita, con questo disco la band di Jonas Renske fece una scelta tanto coraggiosa quanto appagante: semplificare all’osso la struttura delle proprie canzoni, rivestite ora da un taglio rock decadente e molto, per alcuni quasi troppo, omogeneo. Discouraged Ones è capitolo a sé stante nella favolosa discografia di questo gruppo: il successivo Tonight’s Decision già vanterà una base più strutturata, corposa e in un certo senso modernizzata, mentre con l’innesto di Daniel Liljekvist alla batteria sarà possibile udire i primi passi verso il sound tendente al progressive dei giorni odierni, mossi già in occasione di Last Fair Deal Gone Down del 2001. (Leggi tutto)
Avere vent’anni: SOULFLY – st
Di questo disco possiedo un’edizione speciale in tiratura limitata (compresa di bonus track) in plastica nera, con il loro simbolo stampato in un elegante verde acquamarina, che acquistai nei primissimi giorni di uscita dopo una spasmodica attesa. Pensavo che quest’album sarebbe stato un atto di giustizia verso Max, verso di me e forse verso il mondo intero. La giusta rivincita di un mio eroe adolescenziale nei confronti di uno degli split più ridicoli e insensati della storia che, nonostante determinate indiscutibili cappellate di Roots, mi aveva ingiustamente privato di un pezzo importante del credo personale. Vi confesserò di più: a Max Cavalera, nonostante gli occasionali improperi riservati, non riesco davvero a voler male, figura formativa troppo importante questo ‘metallaro latino credibile’, è stato davvero un modello virile a cui aspirare insieme ai vari Hetfield, Araya e Phil Anselmo. Nonostante Soulfly si sarebbe presto rivelato essere una mezza cacata, il personaggio in questione godeva presso la mia persona di una tale stima che avrei insistito fino a Soulfly IV prima di arrendermi all’evidenza.
Detto questo, il difetto principale di questo esordio non è solo che mancano i pezzi: il problema vero è che si tratta di un disco realmente antipatico, che poteva essere semplicemente scrauso ma riesce ad essere insopportabile: un album livoroso inciso da un rosicone che non fa nulla per nasconderlo. Che poi di motivi per avercela a morte con gli altri il buon Max ne aveva abbastanza, e anche di validi: era pur sempre il frontman e compositore principale di una delle band più fiche della storia, quindi che fosse bello amareggiato dall’essere stato cacciato dal suo stesso gruppo ci sta eccome. Qui però si esagera, perché il nostro eroe per provare le sue ragioni si appella a tutta una serie di entità superiori che vanno dal karma ai dieci comandamenti fino al Codice di Hammurabi. Un’autoglorificazione continua che passa per l’indottrinamento forzato degli ascoltatori sulle gesta di tal Zumbì (una sorta di Masaniello carioca) di cui Max aspira ad essere riconosciuto come versione moderna e molto metal. Capisco la delusione, però esiste anche la dignità. (Leggi tutto)