Pesca con le reti a strascico: HELLRIPPER, WASTED MILITIA, DEATHBLOW

Dischi come questi sono il genere di cose che individui facendo la consueta razzolata su BandCamp, YouTube o dovunque tu abbia voglia di farla. Alcune volte va decisamente bene, in fin dei conti i miei cari Hazzerd li ho conosciuti esattamente così. Altre volte va all’opposto, o al massimo ti godi un disco che dimenticherai subito dopo. Anche stavolta ne menzionerò tre, e, numero perfetto o no, è un po’ il minimo sindacale quando si passano un paio d’ore a rastrellare il fondo del barattolo alla ricerca delle note più violente e malsane.
Partiamo con gli HELLRIPPER, che vi riassumerò così: one man band scozzese alle prese con un thrash metal tiratissimo. Sembra una descrizione partorita da un generatore casuale, una di quelle cose tipo terzino fluidificante di spinta per la realizzazione di gas solidi alimentati da fibra ottica. Eppure è vero e c’è anche un album con l’imbarazzante titolo di The Affair of the Poisons. Lui è James McBain, di Aberdeen, e qua sopra suona tutto quanto. La risultante è una via di mezzo fra i Kreator e lo speed metal più caciarone, per intenderci, quello che da noi corrisponde ai Fingernails e che all’estero mi fa ripensare a quegli anni Ottanta filtrati dai Motorhead attraverso i Venom di Skool Daze e altre chicche del genere. La goliardia è la medesima di Dekapitator e Nocturnal Breed, i toni, le ambientazioni, i lugubri misfatti narrati hanno invece luogo in un contesto solo un pelino più orrorifico e serioso. Spectres of the Blood Moon Sabbath la canzone che su tutte mi fomenta, mi fa scapocciare, m’impedisce di stare un attimo fermo. Il resto soffre di un minimo di piattume già percepito con nomi più celebrati come potrei citarne a secchi, su tutti i Toxic Holocaust. Complimenti, comunque, e il consiglio è di recuperare il precedente Coagulating Darkness del 2017: batteria un filino più pulita, curata e in primo piano, e il solito appeal a cavallo fra classico ed estremo.
Anche i WASTED MILITIA giocano su un contrasto del genere. Da un lato regna sovrano lo speed’n’thrash anni Ottanta, quello più oscuro e aggressivo che all’epoca rappresentò lo step successivo di Show no Mercy e affini. Dall’altro c’è qualche piacevole puntatina nell’hardcore thrash senza che l’agglomerato finale finisca col rivelarsi la solita paccottiglia attuale che si maschera da retrograda: questa roba sembra realmente uscire da allora, e lo fa con un atteggiamento, un piglio, una facciata più da demotape matura piuttosto che da disco di debutto vero e proprio. Neppure di quello si tratta, poiché i Wasted Militia già se n’erano usciti tre anni fa con un EP di quattro brani che parzialmente ritroviamo, rivisitati, nel presente The Frontier Awaits. Cosa c’è che non va? La voce. Sono un detrattore del cantato estremo nel thrash metal, o quantomeno gli preferisco quello più tradizionale. Inoltre il growl di Ian Fernandez Mellado proprio non mi convince, e non è questione di lingua spagnola. Sono proprio la resa, l’efficacia, che a mio parere latitano. Un gruppo da rivedere e di cui dobbiamo ora valutare dov’è che andranno a parare in futuro: per il momento benino così, ma con parecchi asterischi.
Concludo col piatto forte di oggi, i DEATHBLOW. Americani, per la precisione dallo Utah, mi ricordano vagamente i Power Trip e cioè un thrash metal corposo, elegante, curato, ma che ingloba elementi contrastanti come accenni all’hardcore thrash e una voce particolarmente sporca. Come nel caso dei Power Trip, in Insect Politics funziona praticamente tutto: giocano anche loro d’azzardo ma il mestiere è tanto e la preparazione riscontrata sicuramente non si rispecchia nel decennio scarso d’attività del quartetto. Uscito il 23 dicembre scorso, è certamente uno degli album thrash metal più interessanti che ho avuto modo d’ascoltare nel 2020, e pertanto vi suggerisco di tuffarvi a capofitto anche nel materiale precedente e in particolare nel mini Demolition Deployment. L’album, oltre a far perno sulla storica formula delle otto tracce e guai a inserirne mezza in più, vanta una curiosa parte centrale a tutto gas su cui segnalo le ottime Insect Politics e Convert or Die!, quest’ultima, probabilmente, il miglior pezzo del lotto. Se non avete un cazzo da fare, e se questi tre nomi v’incuriosiscono, partite proprio da loro e semmai mettetegli in fila il tizio scozzese. Difficilmente vi deluderanno. (Marco Belardi)
È la prima volta che sento parlare di una one man band che fa thrash, mi scuso per l’ignoranza.
Ma cazzo quanto spacca quel pezzo. Ora me li recupero.
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