STRESS ANGEL – Bursting Church

Per poter centrare l’essenza di gruppi come gli Stress Angel, che, ci tengo a precisarlo, generalmente non interessano a un ampio numero di persone, non occorre elencarne le migliori canzoni o le band alle quali si riferiscono, ma intavolare un ragionamento di tipo diverso. Nel farlo, inevitabilmente tirerò in ballo i Possessed, e non perché gli assomiglino in proporzioni eclatanti.
Gli Stress Angel, duo da New York, mi ricordano certo thrash/death anni Ottanta come se quest’ultimo si fosse evoluto libero dalle imperanti logiche di mercato di quei tempi. Immaginate la scena estrema statunitense, primi Death e Autopsy, ma anche Possessed, mentre abbraccia certi cliché norvegesi del decennio a seguire: impossibile sulla carta, tant’é che già in Beyond the Gates i Possessed ebbero ripulito il suono e mirato a un thrash metal più generico, rinnegando i loro aspetti oggi più rappresentativi. Se ogni secondo album dell’epoca si presentò più raffinato e rivolto a un pubblico potenzialmente vasto, un’assenza di commerciabilità avrebbe permesso alle band d’allora di esplorare territori assai più estremi. E di creare, con tutta probabilità, alcune realtà di cui si sarebbe goduto in Europa, piuttosto che Oltreoceano.
Ecco perché i Possessed di Seven Churches restarono i più rappresentativi per i posteri: perché, incidente a parte, non ebbero alcuna chance di evolversi altrimenti, come accaduto agli embrionali Death di Scream Bloody Gore da cui immediatamente germinò un’altra band. Terreni che neppure a Sud si esplorarono necessariamente a lungo, con i Sarcofago che, almeno per un paio di uscite, si adagiarono temporaneamente all’ombra di certi Sepultura accettando l’invito in studio da parte del celebre Headbangers Ball. Se spostiamo l’attenzione sui tempi odierni la faccenda gioca solamente a favore dell’appassionato di musica estrema. Una questione del genere non è dunque di natura geografica, basti pensare all’Inghilterra dei Venom all’atto di registrare Calm Before the Storm oppure ai Celtic Frost di Cold Lake ed a tante, troppe realtà che avrebbero potuto imboccare un diverso percorso senza tutti quei soldi che ballavano davanti ai loro occhi.
Quel che intendo dire è che i gruppi odierni fanno ciò che vogliono perché nessun album esce sugli scaffali (digitali?) manipolato da simili preconcetti deviati dal business d’allora. Anziché portare il metal estremo un gradino più in alto, mutandolo e straziandolo, lo si lascia sguazzare nell’incantevole putrescenza della sua effettiva natura, senza dover relegare a margine eventuali discorsi di natura evolutiva. Si prendono i Possessed, o gli Autopsy, e si lanciano dalle parti della Norvegia. Emblematico, in tal senso, è l’assolo al termine della title track, tant’è che ascoltandolo ve ne accorgerete all’istante. Così come a metà di The Human, il pezzo conclusivo dell’album, o nella coda di Mohel’s Kiss, il black metal si riprende la scena per sé, con un mestiere e un approccio tutt’altro che da debuttanti. E c’è un altro ingrediente secondario ad amalgamarsi al black metal qua dentro, anzi ce ne sono un paio. Tutto ciò sarebbe stato forse attuabile nel 1988, con le major e l’informazione a fungere da separatori?
La risposta allo sfacelo d’allora in formato anni Venti sono gli Stress Angel, anzi: la risposta risiede in buona parte nella scena odierna, se così possiamo definirla, fatta d’innumerevoli formazioni che ottengono risultati brillanti con la medesima visibilità del 1984, col tape trading e gli scantinati lerci in cui provare e sperimentare sulle basi del poco che potevano ascoltare i pionieri del tempo. La differenza sostanziale risiedeva proprio in quella visibilità, che allora nutriva più che una semplice chance d’incrementare a dismisura, mentre oggi puntiamo a mantenere uno status cucito a misura d’idoli come gli ultimi Darkthrone. Che omaggiano, citano e probabilmente scopiazzano, ma di certo mai e poi mai troveranno opposizione da parte del discografico di turno. Il finale di Godless Shrill è più Darkthrone di una qualunque cosa che riassuma – al meglio – gli ultimi vent’anni di Darkthrone; Life Alert un ulteriore e netto omaggio alla Norvegia che fu, girando intorno al black metal e mai cascandoci dentro con entrambe le gambe.
Ridurrei, al contrario e per entrare una sola volta nell’ambito dei dettagli tecnici, l’utilizzo dei blast beat. Essenziali, alla Sarcofago delle prime annate pre-drum machine, ma in qualche caso un po’ invasivi e non del tutto necessari. Per il resto un album godibilissimo, giocato sui due summenzionati elementi ed arricchito da uno spirito death and roll e da frequenti escursioni nel doom metal che, anche se a fatica, si celano dietro a un retaggio thrash vecchia scuola senza però sottometterlo nelle gerarchie. Bel debutto e avanti così, e, se siete pazzi per i Darkthrone dall’abbandono del black metal in poi e ignorate realtà come la seguente, allora dovreste iniziare a guardarvi intorno, perché, per ogni trionfante Old Star, in quindici anni di storia ci saranno decine di chicche che – molto probabilmente e anche fisiologicamente – vi sarete persi per strada. (Marco Belardi)
Certo che si ! Sti due ci sanno fare, direi che la cosa migliore è proprio la produzione da vinile. Il metal ancora tira fuori qualcosa di notevole, avanti così.
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Bel Consiglio! Grazie!
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Bellissimo disco, questo filone del vecchio metal estremo stile anni 80, prima che si differenziasse nei sottogeneri moderni, è una delle cose veramente significative degli ultimi mesi. C’era ancora tantissimo da esplorare e scoprire, li stiamo facendo adesso. Scoperto insieme a Forked Tongues, Vampire, Bewitcher e altri. Ascoltate!
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