Nonno Pietro vi racconta il black metal ai tempi dei SARCOFAGO
Dai Darkthrone ai Deathspell Omega, siete finiti col black metal fatto perfino in Francia. Ma lasciate che nonno Pietro da Mercatale vi racconti com’era quando c’erano solo i Sarcofago.
Un bel giorno, la brasiliana Cogumelo records di Belo Horizonte prima fece debuttare i Sepultura, dopodiché – cari nipotini – riempì il panorama circostante con le più cacofoniche formazioni che gli anni ottanta si potessero lontanamente immaginare, come i Sextrash e gli Holocausto. Quando fate riferimento al black metal più grezzo e ci infilate nomi come i Judas Iscariot – non quelli di To Embrace The Corpses Bleeding, lì erano anche troppo evoluti – dovete sapere che a’mì tempi era tutto diverso. Il punto di riferimento per ciò che suonava marcio e iconoclasta negli ottanta poteva essere Hell Awaits, dato che gli Slayer non erano più un distillato dei primi Venom con la gradazione al rialzo, ma una vera e propria incarnazione del male in musica. Nacquero parecchi bambini, come gli Infernal Majesty di None Shall Defy di pochissimi anni dopo, quando ancora il thrash tecnico non era neanche un concetto: ma è in Brasile che si deviò totalmente dalla materia prima, per realizzare qualcosa che effettivamente non era mai esistito.
Primo cantante dei Sepultura, Wagner Lamounier mandò molto presto tutto all’aria osservando il suo ex gruppo evolversi, dal primordiale e feroce Morbid Visions (o meglio Bestial Devastation) fino al definitivo Arise, e presto alcuni tratti dei suoi Sarcofago ne avrebbero assunto in minor parte le sembianze. Molti lo tacciarono d’essere invidioso come fu fatto al Lotti e al Vanni nei mì riguardi, ma ci fu un breve periodo in cui il suo gruppo stava inavvertitamente creando un genere musicale da tutt’altra parte, rispetto a dove esso si sarebbe consolidato e consacrato. Era il Brasile delle favelas, luoghi non meno inquietanti dei paesini toscani ch’erano assai oscuri quando voi eravate ancora piccini, ma comunque ben descritti dal meraviglioso Tropa De Elite di una decina di anni fa il cui protagonista, Wagner Moura, condivide col frontman carioca non solo il nome ma anche l’espressione facciale da eterni arresti domiciliari. In realtà Lamounier dopo lo scioglimento dei Sarcofago ha smesso di fare il giocherellone, sostituendo le sue provocazioni sul rasarsi la testa per dar fastidio al grunge con qualche accenno di reunion, sporadiche apparizioni sul palco e un lavoro come professore di economia all’università. Immaginatevi quanto ci bestemmiano in aula.
Insomma bambini, Lamounier prima di farsi contagiare dal thrash metal ebbe il tempo di registrare coi Sarcofago un disco chiamato I.N.R.I., un nome di cui spero abbiate sentito parlare in circostanze non solo cruciformi. I.N.R.I. è considerabile per il sottoscritto – che è cresciuto a vangate in terra e pane e mortadella – il punto d’inizio fisico del black metal prima ancora che materialmente si svegliassero i suoi primi attori. Gli stessi Darkthrone inizieranno a sperimentare col death metal nello stesso anno, ma arriveranno al primo LP quattro anni dopo, ed a mescolare Celtic Frost e sonorità inedite solamente nel 1992. In quell’anno, i Sarcofago stavano attraversando la loro più celebre tournèe, in supporto all’acclamato The Laws Of Scourge. I.N.R.I. – che vanta le immortali Satanic Lust e Nightmare – era come se mescolasse al thrash metal la furia del crust punk più corrosivo portando tutto all’estremo, dai suoni fino ai concetti. Non c’è niente di paragonabile ad esso in giro, a partire dalle capigliature punk degli esecutori, blindati come per andare in guerra dagli stessi oggetti di scena che ritroveremo in Norvegia poco dopo come cartucciere, bracciali borchiati o vistosi spunzoni di metallo. Wagner aveva mandato in culo i Sepultura in fretta e furia, e, prima che diventassero una delle più celebri band al mondo, ebbe il tempo stretto per dimostrare ai fratelli Cavalera che, in campo estremo, sapeva fare meglio del loro Morbid Visions.
Il resto non sarà esattamente storia: un sequel già canonico come Rotting in cui i Sarcofago tentarono di ereditare la furia dal thrash senza compromessi di Pleasure To Kill e dello stesso Schizophrenia (che sancì il sorpasso dei Sepultura grazie all’innesto di Andreas Kisser), senza rinunciare a sfornare classici come Alcoholic Coma o la titletrack, nella quale si vedeva ancora trionfare l’oscurità assoluta del precedente (capo)lavoro. Poi The Laws Of Scourge, sempre più pulito e tecnico – dopo che i cugini avevano fatto il botto con l’ottimamente scritto Beneath The Remains – e col singolo Crush, Kill, Destroy ed il primo videoclip estratto in carriera (Screeches From The Silence, con tanto di plagio nel finale da Welcome Home – Sanitarium) ad anticipare le oramai scontate apparizioni su Headbangers Ball. I Sarcofago erano di fatto una realtà affermata, ma mai quanto i suoi fratelli più fortunati, rimanendo ancorati a un’etichetta considerata di culto – il che sarà una scelta in linea di massima condivisa da molti dei capostipite scandinavi. Così – tagliati i capelli e lanciato l’ennesimo inno attitudinale, da cui il futuro titolo Shave Your Head – i brasiliani tornarono a picchiare come fabbri realizzando Hate. Quest’ultimo, ragazzi, è l’ultimo loro album che io consideri realmente degno di nota: ancora sotto Cogumelo, ma con l’ausilio di drum machine programmata davvero alla cazzo di cane e in odor di critiche torrenziali. Nessun presupposto aiutò l’album, che comunque era di un buonissimo livello e ci consegnava la rapida Satanic Terrorism, Pact Of Cum e The God’s Faeces.
Poi il declino, così come io e i compagni di merende un ci si faceva più già a metà ottanta, anche Wagner perse vistosamente colpi esattamente un decennio dopo: The Worst era davvero il peggio che potesse capitargli di pubblicare anche se God Bless The Whores era davvero goduriosa – e la riedizione di Satanic Lust con la batteria a mille, in un album infarcito di mid-tempo, non si giustificava proprio. E il successivo Crust ci anticipava, ci incuriosiva, ci richiamava l’attenzione a riguardo di un album che mai vedrà la luce a causa del loro prematuro scioglimento. Breve storia quella dei Sarcofago, ma da tramandare a tutti i nipotini alla fine d’una partita a briscola! (Marco Belardi)
a me i sarcofago mi ricordano clamorose sbronze a base di aglianico (crust vino delle mie parti) in stanzoni vuoti di case in rifacimento dopo il terremoto dell’80 con stereo mono che non si capiva un cazzo e musicasette registrate con i piedi,tutto molto bello.
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comunque il personaggio nonno pietro va portato avanti a tutti i costi,sono gia’ pazzo di lui.
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In teoria ne ho già in mente un altro, parla di thrash metal però ancora è in alto mare… in questi giorni non sto scrivendo niente perchè non mi riesce di togliere i mercyful fate dallo stereo
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Si, confermo tutto e grazie per averli ricordati. In effetti nella seconda metà degli 80, a parte i maestri tipo Bathory, Tormentor, Sodom ed altri, ad un certo punto arrivarono i brasiliani, fra i quali i Sepultura erano i più noti, ma c’erano anche altri, fra cui i Sarcofago e i Vulcano. Sia come musica che come immagine erano molto estremi e fecero subito scuola, tant’è vero che venivano chiamati “brasiliani” praticamente tutti i nuovi gruppi fra il thrash e il grind che spuntavano dagli scaffali e di cui non si conoscesse bene la provenienza.
I Sarcofago sono anche uno dei gruppi che secondo la teorizzazione di Euronymus erano da tenere in considerazione come esempio per la nuova ondata di Black Metal, e così fu.
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