NIFELHEIM/ VIOLENTOR/ REVERBER @Traffic, Roma, 11.01.2018

Arrivo troppo tardi per i Reverber. Vado al banchetto del merch e scopro che la maglia col caprone del Winter Tour dei Nifelheim (tre date in Italia e una a Goteborg, necrokvltissimo) è stata prodotta solo nelle taglie xl e xxl. È giusto così. Il physique du rôle del fan dei Nifelheim deve essere quello del true panzone birraiolo con il giubbotto jeans con le toppe. Io non ne ho mai avuto uno ma ora dovrò iniziare: i Violentor vendono una toppa con Pietro Pacciani che fa le corna in bianco e nero e la scritta “Firenze” in caratteri gotici sotto. Come si fa a non prenderla. I tre non sono però fiorentini bensì lucchesi e, come altri gruppi il cui moniker finisce in “tor” (Vindicator, Asphaltator, etc) suonano un thrash nostalgico ma non passatista, con una violenza e dei suoni ai limiti del death metal. Il pubblico apprezza e mi diverto anch’io ma non posso fare a meno di domandarmi se, proprio per la forte carica di violenza (tengono decisamente fede al nome), i pezzi non spaccherebbero ancora di più con il growl, dato che si punta più all’attacco frontale che ai ritornelli.

I Nifelheim li avevo scoperto quando erano usciti, con l’album omonimo del ’95 (‘azz, mi sa che per Avere vent’anni ci era sfuggito), che già dai titoli dei brani e dalla copertina, con il caprone muscoloso che con una mano fa le corna e con l’altra tiene un gigantesco crocefisso rovesciato preso a un mercatino balneare, prometteva truculenza insensata. In quel momento non ero ancora del tutto uscito dal periodo nel quale prendevo il black metal del tutto sul serio (chi c’era sa cosa intendo) e roba come i Nifelheim mi stava facendo rimettere un po’ le cose in prospettiva. Nel black metal non c’era solo la spiritualità, c’erano anche i caproni, le imprecazioni gratuite e l’alcolismo, come insegnavano del resto i Venom. Li avevo invece lasciati con Envoy of Lucifer, ormai vecchio di oltre dieci anni, e me li ero quasi dimenticati. Poi li ho ribeccati al Netherlands Deathfest dove, a sorpresa, fecero uno dei migliori show del secondo giorno. Io pensavo si fossero sciolti. Tornato a casa scoprii che nel 2014 erano tornati con un ep di tre pezzi intitolato Satanatas. Quanto sono fantastici i titoli dei Nifelheim. Da generatore automatico alla Manowar però a base di satanismo ubriacone.

Sono rimasti solo i gemelli Gustavsson, al secolo Hellbutcher e Tyrant. Un sacco di ferraglia addosso, face painting, pacco borchiato e – entrambi – capelli lunghi dietro la nuca che sfidano una calvizie ormai allo stadio finale. Massimo rispetto; c’è gentaglia, come me, che se li è tagliati perché “si rovinavano” e “ci mettevi un’ora ad asciugarli”. Hanno preso tre ragazzi nuovi alle chitarre e alla batteria e Satanatas ha quindi un’impronta leggermente più moderna e ragionata. Anche le nuove From Hell’s Vast Plains e Bestial Rites si integrano, però, alla perfezione nel marasma di ignoranza e degenero che alzano i Nifelheim dal vivo. Hellbutcher più che un frontman è un mattatore, Tyrant l’uomo immagine definitivo. Su Storm of the Reaper mi si svita la cervicale.  Mi pare non abbiano fatto niente da Devil’s Force, forse il mio preferito e forse quello più classicamente blackthrash. Però dal debutto cacciano Sodomizer, la hit da stadio infernale Storm of Satan’s Fire e la raffinatissima Witchfuck, che affermano di aver suonato solo cinque volte in precedenza e dopo la quale ci lasciano con una cover, improvvisata sul momento, di Overkill come tributo a Fast Eddie Clark, scomparso proprio quel giorno. L’anno inizia nel migliore dei modi. (Ciccio Russo)

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