Nessuno profani il cadavere degli Dei: ENFORCED – Kill Grid

Dopo lo scioglimento degli Slayer, ipotizzai subito che se ne sarebbero tutti usciti strisciando dai cespugli, pronti a razziarne il cadavere fino al più insignificante lembo di cartilagine. E invece il retro-thrash europeo ha imboccato la strada dell’heavy but melodic, mentre l’alternativa americana è quel thrash metal un po’ Testament un po’ Exodus, nonché sfacciatamente hardcore, a cui si rivolgono le nuove generazioni in jeans strappati e maglietta. Di conseguenza, ciò che temevo si è rapidamente trasformato in quel che ardentemente spero. Cloni degli Slayer, ma quanto ci state mettendo? Forse riprodurre anche parzialmente gli Slayer è un qualcosa che genererebbe confronti, e il confronto con gli Slayer, lo sappiamo, più prima che poi finirà per schiacciarti. Si arriva così alla selezione naturale. A confrontarsi con gli Slayer potranno essere in pochi eletti che, se intelligenti, lo faranno citandoli e non ripercorrendone ossessivamente le orme. Arriviamo così agli Enforced, i quali mi portano a far evaporare l’acquasantiera dalle esclamazioni, perché tutte le volte che scrivo il loro nome finisco per scrivere quello degli svedesi Enforcer. Originari della Virginia, sono al secondo album dopo At the Walls del 2019, di cui onestamente m’accorgo solo oggi e al quale preferisco comunque questo nuovo Kill Grid.

Kill Grid non è Slayer in percentuali altissime ma li tira in ballo nella stessa misura dei Sepultura evoluti, in particolar modo quelli di Arise. E ci stanno dentro altri sentori particolarmente piacevoli: i Nailbomb, ad esempio, e, se vogliamo tirare in ballo qualcosa di più moderno, i Power Trip. I suoni sono attuali ma, allo stesso tempo, una gradevole voce fuori dal coro. Si sente che dietro alle manopole non c’è uno Scott Burns o un fuoriclasse di chissà quale rango. Si sente, però, anche che i nostri hanno avuto buon gusto nei limiti del budget a disposizione e delle loro possibilità. Si riesce a suonare più che benino pur essendo decisamente fuori tempo massimo per le produzioni a regola d’arte, insomma.

L’album non richiede particolari descrizioni: parte e arriva fino in fondo senza che ve ne accorgiate, e personalmente lo sto ascoltando senza troppe soste da oltre una settimana. La chiosa di Trespasser, ossessiva alla maniera dell’indimenticabile finale di Desperate Cry, è semplicemente da brividi se si pensa che a rendere funzionale un album non sono soltanto le sue canzoni, i suoi ritornelli, ma quei precisi momenti che ti fanno saltare sulla sedia come il break con la cassa spezzata di Primal Concrete Sledge e mille altri ancora. Senza momenti del genere un album è niente, vuol dire che l’hai composto tanto per comporlo, senza la giusta ispirazione. Kill Grid ha inoltre la subdola capacità di citare il death metal – specie negli arrangiamenti di chitarra – senza addentrarvisi mai in modo diretto. Non c’è niente di death metal qua dentro, non è il thrash metal dentro al death di The Ten Commandments rigirato al contrario. Eppure lo si percepisce in continuazione, a partire dall’attitudine guerresca delle prime due tracce, che anticipano la mia preferita, Beneath Me.

Non solo bravi, ma anche coraggiosi. Coraggiosi nel loro atteggiamento controcorrente rispetto all’atteggiamento delle etichette europee, che per anni hanno imposto la musica più calcolata e appetibile potessero, leggasi Violent Revolution e tutto quel che ne è derivato. Coraggiosi nell’essere una voce fuori dal coro in una scena retro-thrash che esiste ma vive di uno ieri piuttosto che interpretare quel domani che la farebbe diventare concreta e longeva. Coraggiosissimi nel presentarsi al cospetto degli Slayer riprendendone il minimo sindacale dei lineamenti, equivalente, tuttavia, a una fialetta di nitroglicerina pronta a esplodere. (Marco Belardi)

7 commenti

  • Mettiamoci il cuore in pace: siamo diventati un genere come gli altri. Non è detto che sia un male. Secondo me, se si accetta questa premessa, si può fare a meno di parlare di revival o cose del genere, semplicemente ci sono dei gruppi nati in questo contesto di “normalizzazione” che portano avanti dei canoni che altri hanno inventato senza sentire il bisogno di far evolvere il genere come invece accadeva fra gli Ottanta e i Novanta. L’evoluzione non si è arrestata, è solo diventata più lenta. Come negli altri generi. E, questi qui (non li conoscevo, grazie della dritta) pescano a mani basse da tutta la roba che mi garba di più.

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  • Molto bello, domani me lo accatto.

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  • Belardi, i tuoi ultimi suggerimenti in materia di thrash sono ottimi. Mi scappello in segno di rispetto.

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  • Lincoln F. Sternn

    Era da tempo che un album thrash non mi fomentava più così. Bomba. Grazie Belardi.

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  • Stefano Mazza

    Bello, coerente, calato dentro al genere come pochi altri. Quello che dice Luc è vero, aggiungo che viviamo in tempi in cui c’è bisogno di certezze, era vero anche prima del covid, per cui stanno forse aumentando quelli che fanno metal, il loro metal, senza aggiungere né togliere altro. Gli Enforced(r) sono certamente fra questi e propongono un bellissimo thrash che, fra quella voce alla Max Cavalera e qualche riff luciferino alla Slayer, sembra arrivare dall’epoca dell’oro, ma in realtà è modernissimo. Nel 2021 il mondo fa ancora schifo, ma il metal procede bene.

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  • Si muovono sempre in un sugoso contesto retro-thrash più di stampo nordico che non americano, ma segnatevi il secondo dei Reaper- the atonality of flesh che esce a giorni per Iron Bonehead. Se vi è piaciuto questo disco c’è una buona probabilità che vi piacciano molto anche questi macellai

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  • Molto interessante, bravo Belardi.

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