SLEIGHER: i vostri figli sono in pericolo

Se il vero marketing risiede nel mantenere piene le aree concerti di domani, dal locale allo stadio – a dirla adesso nient’altro pare che una barzelletta, ma così è – allora bisogna innanzitutto stabilire come. Non tanto per motivi pandemici ma perché stiamo invecchiando, tutti, dal primo all’ultimo, direi che gli addetti ai lavori stiano applicando un vecchio concetto, appunto, di marketing, alla musica che amiamo: spremere noi vecchi con vinili da 500 euro cadauno, il walkman Sony identico a quello di trent’anni fa e altri aggeggi bellissimi ma idealisticamente fuori mercato, e, intanto, distratti come siamo al cospetto di codeste aste al rialzo, adescare i diretti discendenti (alias figli) e farne i voracissimi consumatori del futuro. Di concerti, non di reliquie. Quelle ce le infileranno a forza nella bara coloro che non sapranno assolutamente cosa farsene.
Non è un caso che la sciatteria in vendita in ogni merchandising che si rispetti ad altro non corrisponda che all’oggettistica più spinta e colorata (pantofole, pigiama, accappatoio, maglione natalizio, tovaglietta all’americana, tazza e tazzina, set di piatti dei Carcass con posate) che andremo mettendo in mostra nell’ambito familiare, giorno dopo giorno, per la gioia incontenibile delle nostre furiose mogli. Oppure per la dirompente curiosità dei più piccoli.
Si inizia così, e il buon giorno non si vede mai dal mattino.
Non casualmente, il mese scorso, mi è capitato sott’occhio l’ultimo e forse il più lampante fra certi episodi, i quali, ormai, hanno una cadenza settimanale se non giornaliera: la cover di Seasons in the Abyss, videoclip annesso, firmata da gente famosa assemblata a casaccio.
Uscita il 21 dicembre scorso, Seasons Greetings in the Abyss (…) è stata presentata dagli Sleigher (una sorta di insulto padano con storpiatura a tema festivo del logo originale: non più spade e un diavolo nel mezzo bensì ombrellini variopinti e ghirlande), ossia, da membri cardine prelevati col ricatto dalle seguenti band: Haken, i migliori amici di Charles, Inhuman Condition, che ho inserito a petto in fuori nella scorsa playlist salvo ora pentirmene in lacrime amare, Cradle of Filth, Protest the Hero più Jordan Rudess. Cristo di un dio, Jordan Rudess, dei Dream Theater, a rifare gli Slayer d’un classico del 1990.
Nei 6:14 minuti di abisso che mi hanno letteralmente inghiottito in corso di visione spiccano il vestiario dei summenzionati, il fatto che il batterista non sia mai inquadrato bensì sostituito da una versione animata (il che significa che è certamente programmata, come la maggioranza delle batterie di merda che sentiamo oggi), e il letterale salto della rullata più bella di tutto il pezzo, avida di dinamiche che il Pentium 133 del nostro non poteva certo offrirle e irrispettosamente rimpiazzata da gag di vario tipo. Apro parentesi: Seasons in the Abyss la coverizzavo col Righini una vita fa, e, per quanto non possedessi lo zero virgola un per cento dell’abilità del Dave che compose quelle parti, mai, in sala prove, ho saltato quella rullata. Di certo non l’ho mai rifatta uguale, ma neanche ne sono fuggito a gambe levate, anzi!, non vedevo l’ora di sbagliarla di nuovo. Questo è un concentrato di codardia.
Ora, però, vendete un fucile d’assalto per poter buttare giù quelli che la indossano.
Dopodiché arriva il peggio. Pupazzetti di E.T., scatole del Lego. Piccoli ma significativi dettagli del genere cominciano a comparire nelle “camerette” in cui Charlie Griffiths e colleghi suonano, e avevo ragione io: ve li vogliono inculare. Cioè, non nel senso pedofilesco del termine, ma è ormai scritto che, se un giorno deciderete di tenere alla larga il piccolo Robertino dalla non-scena che verrà, magari, mediante un parental control del tipo “puoi aprire BandCamp ma non puoi aprire tutto il resto, altrimenti sarai accalappiato dalla robaccia della Napalm”, non potrete. Robertino è già cosa loro. È già un consumatore nato, e l’esca catturante, in casa, l’avete portata nient’altro che voi vecchiacci alle prese con la boccettina di pino mugo degli Immortal per respirare meglio. È tutta colpa vostra.
Poi subentra Rody Walker dei Protest the Hero e deve cantare le linee di Araya. Fortuna che non l’ho sentita mentre digerivo la roba del 24, del 25 e del 26 perché sarebbero stati problemi grossi col ripulire tutto intorno. Non bastasse, il testo è naturalmente mutato e lo tengono lì, gigantesco, in sovraimpressione. Le porcherie che sono venute in mente a questo Rody Walker per ottenere la versione giocherellona natalizia di Seasons in the Abyss non le scriverò qui.
Non solo, Rody Walker fa facce buffe in continuazione e ho cercato di comprenderne la natura: è così di suo o è così per l’occasione? Tranquilli, è così di suo e ho risolto l’arcano con una rapida carrellata di sue immagini su Google, nelle quali, in due casi su tre, sfoggia quell’espressione bambocciona che l’occhiale da vista non riesce a celare. E’ un cantante slapstick.
Siano maledetti i Protest the Hero, che nel frattempo ho rimesso anche su.
A quel punto sorge un punto di domanda: se il batterista non c’è ma ne vediamo mani e guanti, si fa per dire, “manovrarne” la controparte grafica, dove cazzo sta Rudess? Perché non si è ripreso come hanno fatto tutti gli altri?
Eccolo lì. A quasi quattro minuti di scorrimento Jordan Rudess compare, ripreso lateralmente sulla sua tastiera in maglietta elasticizzata blu chiaro Intimissimi con in testa un cilindro dei Dream Theater: è subito assolo.
È la parte migliore fra tutte, seguita a ruota dallo spezzone riservato a Charlie Griffiths, che, oltre ad essere invecchiato malissimo, continua a dovere l’opera inaugurata dal barbuto musicista newyorchese. Mi rassicurano due cose: che manca poco e che non ho prole da tenere a debita distanza da tutto questo. Compare nuovamente uno degli Haken, stavolta è Ray Hearne in pigiama e suona un ingombrante basso tuba, che, effettivamente, non poteva mancare: ci rifletto, questa gente ha debuttato nel 2010 e sembrano tutti più vecchi dei Metallica. Qualcosa non mi torna. Che cazzo mangiano? Quale ritmo di vita stressante affrontano?
Ma soprattutto perché Daniel Firth si ostina a fare il serio come se stesse davvero coverizzando Seasons in the Abyss? Ho una risposta anche per questo: non ritenendo di poterlo realmente convincere, gli hanno detto che avrebbe coverizzato davvero Seasons in the Abyss. E questo lui ha fatto, inviando la propria parte registrata in elegante camicia blu Ralph Lauren. Dopodiché ci hanno incollato in computer grafica lo sfondo natalizio, le lucine, i pupazzi, e lo sgambetto era fatto. Credo che un giorno un amico di Daniel Firth, magari il cugino di quattordicesimo grado Colin, lo avvertirà che è finito in rete in un video nel quale lo pigliano letteralmente per il culo.
Tornando al tale dei Protest the Hero, verso la fine, mentre si sistema gli occhiali, non posso fare a meno di notare una certa somiglianza col tipo grassoccio di Jurassic Park (quello che muore sputato negli occhi, per intenderci). E non posso che sperare in un parallelismo.
Il video si conclude coi tre colpi secchi di Raining Blood, un omaggio dopo sei minuti e quattordici di sputi sulla tomba degli Slayer nonché i più lunghi della mia vita. Tenete i vostri figlioli lontanissimi da tutto questo e dategli qualcosa dei Phlebotomized da mettere sotto ai denti. Se educarli al mondo di merda che avranno davanti sarà una vera e propria sfida, è un vostro inderogabile dovere insegnar loro che l’heavy metal non è neanche di striscio questa porcheria, questo monte di sudicio, questo Circo Togni che ci spiattellano in viso da anni. Dedicato al pischello del piano di sopra che ci dà dentro con la chitarra elettrica a ogni orario del giorno, rifacendo ossessivamente Wasted Years, One e Fade to Black: lui, e soprattutto il babbo, hanno ben compreso che la musica non è un gingillo su cui menarsi l’uccello in segno di baldoria. (Marco Belardi)
Onestamente me l’ero perso, quindi ti ringrazio per avermi aperto gli occhi, visto che anche io ho da educare dei piccoli.
Dopo aver visto il video, sinceramente non ho parole, mi suona come una trollata, ma mi sa che non è così purtroppo.
Certo che la stirpe metallica sta facendo una brutta fine, si è passati dal “non prendersi troppo sul serio” al “perculiamoci da soli”.
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Chissà, magari qualche ragazzino si chiederà “cos’è sto pezzo” e si andrà a pescare l’originale degli Slayer.
Almeno spero
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