Il rincitrullimento dei SABATON è una pessima notizia per tutti
Che l’allontanamento di quattro membri su sei della formazione che aveva inciso Carolus Rex, apice creativo e commerciale della carriera dei Sabaton, potesse aver dato una pesante mazzata alla band svedese s’era già paventato con il successivo Heroes, gradevolissimo ma non proprio ai livelli dei predecessori. L’addio dei due chitarristi originali Oskar Montelius e Niklas Sundén (che hanno nel frattempo fondato i discreti Civil War insieme agli altri due ex, il batterista Daniel Mullback e il tastierista Daniel Mÿrh) ha infatti lasciato campo libero all’istrionico frontman Joakim Brodén e alla sua passione per le melodie da cartone animato. Melodie che erano parte integrante del fascino naif che ha reso i Sabaton un guilty pleasure irresistibile anche per gente, come me e Charles, che aveva smesso di seguire il power metal da due lustri e passa ma che, non più controbilanciate dalle chitarre e da un afflato epico genuino, hanno reso i Sabaton la parodia di loro stessi.
The Last Stand è un lavoro noioso e stucchevole dove le poche buone intuizioni annegano in suoni ulteriormente plastificati (per la cronaca, dietro la consolle è rimasto Peter Tägtgren) e in un tripudio di tronfie tastierone zumpappà che dominano su tutto. Ok, non che prima le chitarre non fossero sacrificate dal mixaggio ma qua sono talmente in secondo piano che in certi frangenti paiono il basso di …And Justice For All. Ci sono pezzi come Shiroyama che hanno quasi un’impostazione dance. Ciò non sarebbe necessariamente un difetto; anche Nemesis degli Stratovarius aveva canzoni degne di essere suonate al Cocoricò ma quantomeno era divertente. Qua l’unico divertimento è giocare a riconoscere le autocitazioni e le scopiazzature dai classici. Si salvano solo l’opener Sparta e Hill 3234 che, come molte delle migliori canzoni dei Sabaton, ricorda una sorta di versione fighetta e iperprodotta – ma altrettanto cafona – dei Grave Digger. A tale proposito, c’è pure un pezzo ispirato alla battaglia di Bannockburn con tanto di cornamuse ma non è ovviamente il caso di fare confronti.
All’ottavo disco uno scivolone ci sta, soprattutto se il gruppo nel frattempo è diventato definitivamente il progetto solista del cantante. Nondimeno, se il passo falso di The Last Stand non si rivelasse momentaneo, sarebbe una pessima notizia per la scena tutta, tale da dover preoccupare anche chi preferirebbe spararsi in un piede piuttosto che ascoltare un album dei Sabaton. Come ho già scritto a proposito dei Ghost, il problema più grave del panorama metal attuale è la mancanza pressoché totale di “gruppi di entrata”, ovvero band relativamente giovani e commerciali che attraggano nuove leve, come erano stati i Pantera e i Sepultura per la mia generazione e gli Slipknot per quella successiva. In Usa hanno i Five Finger Death Punch che vendono milioni di copie ma si tratta di un fenomeno pressoché limitato a un’America dove, in generale, l’istituzionalizzazione del rap sta costringendo il rock a una crescente marginalità. Insieme agli Amon Amarth (anch’essi non esattamente fanciulli di primo pelo, peraltro), i Sabaton sono probabilmente l’unico gruppo heavy metal ascrivibile ai generi tradizionali ad aver ottenuto, negli ultimi dieci anni, un successo commerciale vero, tanto da dare addirittura vita un festival dedicato. Sono roba per ragazzini, diranno i criticoni. Ma ben vengano i ragazzini, rispondo io, ormai abituato a concerti dove l’età media del pubblico è pari a quarant’anni. La domanda che fa sudare freddo anche i più ottimisti è sempre la stessa: chi sarà headliner dei festival quando Metallica e Slayer saranno andati in pensione? Anche se non vi piacciono, ammetterete che i Sabaton, come risposta, erano pur sempre meglio del Nulla da Storia Infinita che incombe. (Ciccio Russo)
Tutto vero. Noioso e stucchevole.
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Un giorno o l’altro bisognerà esplorare l’intima e per i più inconfessabile connessione che corre tra il power e la dance anni Novanta. Le tastiere sono identiche, i ritmi poco meno, le melodie simili, e anche i testi a volte…
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ma anche
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quando slayer e metallica andranno in pensione(che sarebbe anche ora, e ve lo dice uno che ha gli slayer nel cuore), noi continueremo a frequentare i concerti delle piccole-medio band che nel sottobosco riescono a creare ancora musica sincera,e appassionata , e questi concerti li vedremo nei piccoli-medi locali. con tutto l’amore che ho per il metal, ma per sta roba non ci spenderei neanche 2 euro.
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Più che la dance a me un certo tipo di power ricorda seriamente una versione migliore delle sigle dei cartoni animati.
Comunque delle canzoni carine ci sono anche sull’album, ma alcune di queste hanno dei plagi evidenti (Winged Hussars = Art of War, Shiroyama ha lo stacco prima del ritornello IDENTICO a quello di Ghost Division), e i testi poi parlano di avvenimenti interessanti con una piattezza allucinante. La title track è l’unico pezzo per me molto bello.
Carolus Rex era davvero un altro pianeta, ma il loro successo aumenta sempre più a quanto pare…
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Concordo con la recensione, lo sto ascoltando da due giorni ma non mi prende proprio. Di fatto è un continuo deja-vu. Sembra incredibile come a solo 4 anni da Carolus Rex siano caduti così in basso…Bocciati.
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