L’aperitivo epico: tre uscite brevi per prepararsi alla calata dei barbari

Anno cominciato piuttosto bene, per il metallo epico, con prove solide quali quelle di Gatekeeper, Magaton Sword e Triumpher. E siamo pure in attesa del ritorno degli Smoulder. Nel frattempo sto stalkerando Eternal Champion e Visigoth on line, si sa mai che rilascino qualcosa così, de botto, senza preavviso. Che il 2023 pare anno fecondo per noialtri barbari. Sembra si stiano risvegliando quei venti di guerra che spiravano prima della Pestilenza. Rimettiamoci in allenamento ed affiliamo le lame, ordunque. Ma oltre ai “grossi” nomi (sempre di underground parliamo), guardate che qua spuntano come funghi singoli ed EP di band esordienti o quasi che sarebbe un peccato perdersi. Pronti quindi per un pezzo formato tapas per farvi mantenere l’appetito, sperando che i mesi futuri ci riservino un banchetto ancor più ricco.

Partiamo dalle Lusitania con un minuscolo esordio che fa un gran bene al cuore di noialtri barbari. I DOLMEN GATE irrompono con un brevissimo EP (intro più due pezzi) a nome Finis Imperii. Concept quindi sulla fine dell’Impero di Roma ed epic cadenzato e solido, mid tempo. Il genere nato coi Manowar negli ’80, nella forma sviluppata poi dai Solstice nei ’90. Siccome noialtri siamo barbari, sì, ma pure inguaribili romantici, ci piace credere di aver percepito nelle linee vocali della cantante Ana l’influsso del fado, come ci pareva di sentire nel doom sinfonico degli Ava Inferi. Ancora un gruppo acerbo, ma già molto lucido. Se crescono, su queste premesse, le frontiere occidentali saranno ben difese.

Sul lato opposto dell’Europa, in Finlandia, son tornati a farsi vivi nel frattempo gli CHEVALIER, che avevo perso per una manciata di minuti quando sono calati su Roma. Ancient Metal Attack è un antipasto dell’album che stanno registrando, il secondo. Le due canzoni autografe sono piuttosto complesse nella struttura e grezze nel suono. La voce di Emma è drammatica, enfatica, sopra le righe. Conduce alla pugna la truppa nell’antro del drago (Into the Dragon’s Lair) ed emerge nella convulsa mischia di Last One Standing. Certe sue urla, in questo brano, suonano quasi familiari. Poi scopri che ai cori c’è nientemeno che Gianni Nepi dei Dark Quarterer e tutto torna. Altri ospiti: Annick Giroux dei Cauchemar al synth e Robert Garben dei Cirith Ungol, che provvede al fondamentale rintocco di un gong. Se siete ingolositi, vi potete procurare il formato fisico, unica chance di ascoltare anche una cover degli Hell (dai meandri della NWOBHM). Se lo siete ancora di più, dovrete pazientare poco. Dal loro almanacco pubblico apprendiamo che stanno registrando proprio a Piombino, alla corte del grande Nepi, le tracce vocali del nuovo album.

Ma spostiamoci infine nella culla della più antica civiltà epic metal del mondo conosciuto: gli Stati Uniti d’America. Perché l’asso vero lo calano i SAVAGE OATH, freschi freschi dell’uscita del loro primo Ep omonimo di due canzoni. Ma non sono del tutto dei carneadi (a parte il batterista Ryan Mower, che per Metal Archives è un esordiente anche se a sentirlo non lo direste). Al basso c’è Phil Ross, che è giusto additare come l’ultimissimo bassista dei Manilla Road. Le chitarre se le spartiscono Leeland Campana dei Visigoth e Carlos Llanas, già negli Eternal Champion. Alla voce infine Brendan Radigan, che ha preso parte all’ultima incarnazione dei Pagan Altar (quella senza Terry Jones, ovviamente), ma che soprattutto avevamo già trovato dietro al microfono nei Sumerlands. Autori di un disco che forse meritava maggiore spazio ed attenzione, ma mi perdonerete, a dicembre avevo una marea di arretrati ed in quei casi non riesci sempre a dare a Vercingetorige quel che è di Vercingetorige. Formazione ghiotta, e pensate pure che masterizza Dan Swanö. Se questi tirano fuori davvero altri otto pezzi come i due che sono qui inclusi, ci toccherà rimetterci in forma, radunarci tutti, valicare le Alpi e porre fine ai giorni dell’Impero. Oppure arruolarci tra le sue legioni. Warlock’s Trance parte subito con basso e batteria che fanno un macello che metà avanza. Resteranno costantemente a dare mazzate, ma quando poi arrivano le asce e le urla di guerra la violenza diventa parossismo. Questa è una canzone letteralmente perfetta, con una produzione assolutamente perfetta (niente plastica, niente ovatta, solo lame affilate e mazze). Radigan dimostra molta più bravura di quanto fosse lecito aspettarsi dai pur ottimi Sumerlands. E poi c’è On we March, che rilancia a velocità pure maggiore. E più innodica ancora. Con picchi in blast beat, assoli di chitarre gemellate, brevi tregue solenni e poi ancora alla pugna, più cattivi di prima. Io ve lo dico, se questo è l’antipasto, quando serviranno il menù intero, dolce compreso, ci sarà di che saziare un’orda. (Lorenzo Centini)

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