Il metallo, quello vero: PAGAN ALTAR – The Room of Shadows
Quella dei Pagan Altar non è una storia di successi e riconoscimenti, ma è comunque una di quelle tante storie cariche di significato e di amore per la musica, iniziata verso la fine degli anni ’70 dello scorso secolo. Ribadisco lo scorso secolo perché quella degli inglesi è una vicenda un po’ paradigmatica di come andavano le cose a quei tempi (e anche di come vanno oggi): tempi che molti di noi non hanno vissuto, perché troppo giovani o non ancora nati, anche se comunque siamo in grado di comprenderli, in quanto siamo fondamentalmente rimasti legati al secolo passato per molti aspetti. Aspetti che coprono un ampio spettro, che va dal modo di comunicare a quello di gestire le relazioni, di coltivare le passioni, di intendere la vita quotidiana non come il bancone di una tavola self-service da cui attingere finché si è sazi, stufi e annoiati, ma come un dare/avere che riconosce il senso dell’equilibrio delle cose. La vita è una bilancia, e come tale pende da una parte e dall’altra; l’unico modo per non sfracellarsi al suolo è restare in equilibrio, l’equilibrio tra ciò che prendi e ciò che dai, tra ciò che gli altri fanno per te e ciò che fai per loro. Il senso del sacrificio e del merito in tutti i suoi più seri o faceti aspetti, ambiti, eventualità, situazioni.
Un giovane trentatreenne, Terry (il padre), ed un giovanissimo sedicenne, Alan (il figlio), nel 1978 mettono su una band di NWOBHM, che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi semplicemente Pagan, scrivono i primi pezzi e tengono i primi live nel dintorni dei sobborghi proletari a sud-est di Londra. Testi e musiche saranno sempre e comunque scritte da padre e figlio anche in futuro, fino a 1986, anno in cui di fatto Terry, stanco dei pochi successi raccolti fino a quel momento, complice lo scarso appeal riconosciuto alla New Wave inglese in quel periodo, e, chissà, forse gravato da problemi economici, mette da parte il progetto artistico e si trova un lavoro.
La storia, fatta più di bassi che di alti, continua ma, a nostro uso e consumo, facciamo un lunghissimo salto temporale e finiamo dritto negli anni ’00 quando, grazie ad internet e alle facilità del XXI secolo (per una volta utili), il nome della band comincia a circolare con più insistenza, diventa di culto, e dà a padre e figlio la giusta spinta motivazionale a pubblicare nuovi stupendi album. Di fatto i primi quattro dischi, usciti tra il ’98 e il 2006 (Volume 1, Lords of Hypocrisy, Judgement of the Dead e Mythical & Magical) altro non sono che raccolte ragionate di brani ideati e composti in quel breve lasso di tempo che va dalla fine dei ’70 alla prima metà degli ’80 e che erano rimasti chiusi nel polveroso ma preziosissimo cassetto della famiglia Jones. Diventano subito dei moderni classici. Poi un altro lungo periodo di silenzio rotto solamente dalla notizia della morte di Terry per cancro, poco più di due anni fa. Ancora una volta, seguendo questo strano scorrere del tempo che per i Pagan Altar va a una velocità completamente diversa rispetto al resto del mondo, viene pubblicato un nuovo album: The Room of Shadows. Esce oggi (precisamente il 24 agosto 2017, la data di nascita di Terry 72 anni prima) ma i suoi brani sono stati scritti e registrati più di una decina di anni fa, che Terry era ancora vivo e che padre e figlio suonavano ancora insieme in giro. Vennero pure a Roma per la prima e probabilmente ultima volta.
The Room of Shadows ha, dunque, un alto valore celebrativo: di un musicista che non c’è piu, di un padre che ha saputo trasmettere l’amore per la musica a suo figlio, di un genere che era defunto e con loro brevemente risorto fuori dal tempo e dalle mode, di una band che è stata ignorata per anni e che ha avuto il suo riscatto. The Room of Shadows è la celebrazione dell’heavy metal, di ciò che dovrebbe significare per tutti, di ciò che realmente significa ancora per qualcuno. Lo stile è lo stesso di sempre, fortemente influenzato dai primissimi Iron Maiden e seguaci di corrente, ma reso particolare da una vena doom crepuscolare ed epica: il metal nella sua più alta accezione. Questo sarà, con ogni evidenza, l’ultimo album dei grandissimi Pagan Altar da Brockley, Londra. (Charles)
sempre grandissimi
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Presente a Roma in prima fila. Ho conosciuto anche la moglie di Terry che mi ha spiegato che 2 dei 3 musicisti presenti sul palco, oltre al figlio-chitarrista, erano comunque figliastri suoi. Gran concerto, grande atmosfera. un uomo che sapeva avere classe anche con uno svolazzo della mano, per tirare il fazzoletto fuori dalla tasca e soffiarsi il naso.
E questo disco è ovviamente fantastico, ma il livello delle loro uscite è sempre stato talmente elvato che non avevo alcun dubbio in proposito.
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Bello è bello, però non lo trovo all’altezza di un capolavoro come Mythical and Magical.
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Come al solito recensite delle bombe.
E gran bell’articolo.
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Il concerto di roma fu il terzo in italia.
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