IRON MAIDEN – The Soundhouse Tapes

Every so often, one special band emerges from the mass of untried and unknown hopefuls which fill the streets of the Rock World. Iron Maiden is JUST one such band, bringing with their emergence, a style of Rock Music, so hard, gritty and honest in its delivery that only success can justify their hard toil!

The tracks on this E.P. were the first ever recorded by the band and are the authentic unremixed cuts taken from the demo tape recorded at Spaceward studios in Cambridge on December 30th 1978, and, subsequently presented to me in The Soundhouse a week later.

After one hearing it was obvious that Iron Maiden would become one of the leaders of present day heavy metal, combining the sort of talent and hard drive that the music world must not ever ignore. (Neal Kay)

Anno 1979, North West London, Kingsbury, tra Imperial Drive e North Harrow. Tutto iniziò da qui, nel retrobottega del pub Prince of Wales. Il London’s Heavy Metal Soundhouse, soprannominato più amichevolmente Bandwagon Soundhouse (o più semplicemente ancora The Wagon), si vantava di essere il luogo in cui nacque e si sviluppò la NWOBHM. Doveva assomigliare ad una specie di saloon con un dancefloor per giovani metalheads, pieno zeppo di dischi provenienti dalla collezione privata di un certo Neal Kay, il DJ che rese quel posto un luogo storico e anche colui che ebbe la prima -potremmo dire fortunata- intuizione: passare la musica degli Iron Maiden nel giradischi. Non solo discoteca rock ma anche palco di importanti -storicamente parlando e non- live performance. Sul “carro del vincitore” di Kay infatti, dal ‘75 in poi, salirono gruppi a noi ben noti: Samson (in cui già suonava un certo Clive Burr e poi canterà un tale Bruce Bruce), Angel Witch, Praying Mantis, ma soprattutto i Maiden.

Pochi giorni dopo le registrazioni delle prime quattro tracce presso gli Spaceward Studios di Cambridge, durante le 24 ore a cavallo del capodanno del dicembre ’78 (l’affitto della sala in quei giorni costava meno), Steve Harris e soci presentarono una anonima cassettina a Neal Kay, il quale fu rapito dall’immediatezza e genialità di quei pochi brani, sempre però dopo aver risposto loro con sufficienza di mettersi in coda che c’erano cinque milioni di gruppi da ascoltare prima del loro. Fu così che Harris, che all’epoca bazzicava nel East End (prima ancora con i Gypsys’s Kiss sempre in zona), poté cominciare a tempestare un nuovo sobborgo di Londra con le note del suo catchy British HM. I brani giravano, dunque, e il nome della Vergine di Ferro si faceva sempre più noto. Cominciò la scalata nelle charts di Sounds, il settimanale di musica rock, Oi! e NWOBHM, dalla cui costola nascerà poi Kerrang!, basate proprio sulle richieste dei frequentatori delle serate del Wagon e la track che svettava su tutte le altre era ovviamente Prowler. Il fenomeno crebbe così repentinamente da rendere i fan rabbiosi ma anche increduli del fatto che non fosse stato ancora pubblicato nulla che si potesse acquistare. 

E così, nel novembre del 1979, presi ormai i contatti con Rod Smallwood, futuro manager dei Maiden nelle cui mani era ormai arrivata la demo, e in attesa di stipulare il contratto con la EMI, si arrivò alla decisione di rendere finalmente fruibile a tutti ciò che la mente di Steve e soci aveva fino a quel momento partorito. Fu un regalo, un souvenir, per coloro che frequentavano assiduamente il Wagon. Infatti non vennero pubblicate che pochissime copie -pare 5.000- che andarono, manco a dirlo, a ruba perlopiù vendute durante i concerti o tramite mailorder o anche regalate. Dalla penna di Neal Kay la breve ma intensa bio, con cui ho ritenuto doveroso aprire, scritta di suo pugno nella back cover del 45 giri che inevitabilmente prese il titolo dal locale: The Soundhouse Tapes. Il vinile risulta pubblicato dalla Rock Hard Records Ltd ma essa non è altro che una label fittizia, essendo una autoproduzione. “If it ain’t Rock Hard, it ain’t worth a fuck” sosteneva Smallwood. Oggi il sette pollici è una rarità non solo per il valore storico intrinseco ma anche a causa del fatto che i Maiden volutamente, a seguito di richieste da parte di varie etichette, rifiutarono di pubblicare ulteriori ventimila copie. Nel 2002 quando la band decise di ristampare la discografia intera anche i Tapes vennero ripubblicati, in cd, e ancora una volta in pochissime copie. Inoltre complicate erano le modalità per accaparrarsi una copia: le ferree regole del gioco prevedevano che i fan collezionassero prove d’acquisto dei singoli album per poi inviarle via posta e sperare nel miracolo. Una vera cattiveria, non c’è che dire.

Quattro tracce si diceva. Non è un refuso, infatti inizialmente i brani in questione erano Iron Maiden, Invasion, Prowler e Strange World. Ma il vinile rimase orfano di quest’ultimo, perché la qualità della registrazione non fu ritenuta all’altezza dalla band, presentando Iron Maiden sul lato A e le due rimanenti, Invasion e Prowler, sul B. Del resto non avrebbero potuto nemmeno remixare il brano perché il master originale era andato perduto o meglio alla Spaceward avevano combinato un casino. Cosa accadde è ben chiarito dalle parole di Murray: “Per avere il master tape ci chiedevano 50 sterline e noi non avevamo al momento quel denaro così che quando tornammo due settimane dopo l’avevano già cancellato e ci avevano messo sopra qualcos’altro!”. È a causa di questa serie di eventi e circostanze che noi poveri mortali riusciremo ad ascoltare la versione originale di Strange World, quella della prima registrazione, soltanto molti anni dopo allorquando, nel 1996, sarà inserita nelle edizioni limitate di Best of The Beast. Invasion invece è una prima bozza concettuale -nel tema dell’invasione vichinga dunque- di quella chicca bella e finita che sarà Invaders in The Number of The Beast.

Trovare la giusta line-up agli inizi fu per Harris prova lunga e ardua. Paul Di’Anno, presentato alla band dal batterista dell’epoca Doug Sampson, sostituì alla voce Dennis Wilcock (il quale aveva iniziato la carriera con Paul Samson prima che questo fondasse gli omonimi) e vi rimase fino all’insorgere dei noti problemi con la legge nonché con la gestione dell’ansia, della coca, dell’alcol e di chi sa cos’altro ancora. Oggi Paul ha annunciato di aver lasciato definitivamente le scene. Tale decisione, purtroppo per lui, non solleva interesse più di tanto. La sua stella ha bruciato troppo in fretta, come si suol dire. Sad but true. Un alone di mistero circonda invece il comparto chitarre. Dave Murray già deteneva saldamente la sua posizione nella band ed oggi sappiamo che è l’unico appartenente alla formazione vincente dell’epoca che resiste ancora, oltre Harris ovviamente. Pare però che Dave non fosse l’unico chitarrista dei Tapes. Uno strano messaggio lasciato sul sito commemorativo degli Studios dal presunto fratello del misterioso “quinto elemento” ha dato inizio alle ricerche. La persona in questione dovrebbe essere Paul Cairns che ha effettivamente militato nella band nel ’79. In seguito, nel libro Steve Harris: The Clairvoyant, Cairns ha confermato di essere stato presente e di aver fattivamente collaborato alle registrazioni dei Soundhouse, cosa che fa scopa con l’affermazione di Mike Kemp, il sound engineer degli studi Spaceward, il quale, sempre nello stesso libro, ricorda di aver visto un secondo chitarrista presente alle registrazioni in quei giorni di dicembre.

Il suo nome però non è stato mai inserito nei credits dei Tapes anche perché il fatto contrasta non poco con la storia che ci è stata raccontata dai Maiden. Comunque, a prescindere dalla veridicità delle sue affermazioni, questo Cairns doveva essere un bel soggetto. Harris lo ricorda così: “Uno scozzese simpatico e fuori di testa. Era un grande musicista. Abbiamo pensato: ‘Splendido! È quello che vogliamo! Un po’ di grinta’. Saltava da tutte le parti. Ci chiedevamo: ‘Diavolo! Ma di cosa si è fatto?’. Dopo un paio di concerti si è bloccato completamente sul palco. Pensavamo che fosse depresso, non sapevamo cos’altro pensare. Lo abbiamo tenuto per alcuni concerti perché ci piaceva e speravamo che si sbloccasse, ma non è mai successo e la faccenda è persino peggiorata. Una cosa molto strana. Così è stata la sua fine come chitarrista della band. Che peccato, un grande spreco!”. Si capisce adesso il perché del soprannome Mad Mac che gli fu affibbiato. Certo lui sostiene di aver suonato l’intro di Prowler e il secondo assolo di Strange World -effettivamente molto diverso dal primo nello stile rispetto al primo- e queste sono affermazioni con le quali prima o poi dovranno fare i conti.

Sulla cover anteriore del 45 giri si vede una foto scattata durante una di quelle famose gigs dal vivo presso il Bandwagon a cui ognuno di noi avrebbe voluto assistere, con Paul che solleva in aria il pugno di fronte ad un pubblico comprensibilmente in visibilio, su uno sfondo uniforme arancione scuro. Eddie The Head è ancora nella mente di Derek Riggs e i mezzi, si è ormai capito, al momento sono quelli che sono. Ma ciò che conta non è la qualità del suono o la forza captiva delle immagini, quella verrà dopo, ma la sostanza e il potenziale, che è enorme. Come mettere in dubbio, riprendendo le lungimiranti parole di Kay, che gli Iron Maiden sarebbero diventati i leaders indiscussi del heavy metal?

Si è iniziato con Kay ed è giusto terminare sempre con lui. Il Wagon fu chiuso nel periodo 1980/81 allorquando Malcom Tate, gestore del Prince of Wales pub (“because they would blow the damn roof off”), in linea con la contraddittoria tensione innovativa e tradizionalista tutta peculiare degli inglesi, cacciò Neal Kay provocando il grande disappunto degli Iron Maiden stessi (“we were very pissed off to hear that Neal Kay has been kicked out of the Bandwagon by the management there”) oltre che manifestazioni di solidarietà di molte persone nei confronti di Kay e di protesta contro la folle idea iniziale di trasformare il Wagon in un banale ristorante o quella successiva di fondare un nuovo locale, il Powerhouse Disco, che avrebbe portato gente un po’ più tranquilla e alla mano rispetto ai soliti metallari sfasciati. Ma Kay prima di dover mollare e trasferirsi in altri locali della città ebbe il tempo di vedersi i Maiden nel suo locale a presentare dal vivo -una delle primissime volte in assoluto- il loro omonimo long play. Come si dice sempre in questi casi, il resto è storia. (Charles)

 


Per chi fosse interessato alle fonti:

Foto, notizie, ritagli di giornali sul Bandwagon e dintorni da www.hmsoundhouse.com/

Date del Iron Maiden Tour da www.ironmaidencommentary.com

Wall, M. (2004) Iron Maiden: Run to the Hills, the Authorised Biography, Sanctuary Publishing

Wall, M. (2010) Iron Maiden: Le origini del mito, Edizioni BD

Canali, C. & Gamba, M. (2012) Iron Maiden dalla A alla Z, Tsunami Edizioni

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