From Western Shores, i GATEKEEPER come Jean-Claude Van Damme

Il periodo tra il 2016 ed il 2020 è stato una bella stagione per l’epic metal. Non tantissimi dischi, ma di valore: Eternal Champion, Visigoth, Smoulder e Gatekeeper. Poi tutte queste band sono rimaste un po’ al palo, forse impossibilitate a fare della musica la propria priorità e riuscire a pubblicare con continuità ogni paio di anni. Di quel gruppo di band, comunque, i canadesi Gatekeeper si erano distinti con East of Sun grazie a una bella scrittura fresca, pezzi potenti, grezzi e trascinanti, ma anche grazie al carisma di un cantante, Jean-Pierre Abboud, sempre su toni striduli e rochi, da tradizione epic atlantica, senza mai scadere nel gallinaceo. Anzi, linee vocali che erano tutto dramma ed esaltazione. La sua dipartita non deve essere stata un colpo facilissimo da assorbire. Ora però che è uscito From Western Shores (per Cruz Del Sur, e per chi altri, sennò) possiamo pure fare le pulci a questo Tyler Anderson che ne ha ereditato il microfono. E ora voi mi chiederete: ce la fa a non far rimpiangere il francofono Abboud? Bella domanda, ma la risposta non è semplice.

Il timbro di Anderson è talmente diverso da quello del predecessore che a un primo impatto paiono proprio due band diverse. Non necessariamente una migliore e l’altra peggiore. Semplicemente diverse. Forse è anche in parte per le composizioni, su cui mi riservo di tornare dopo. Anderson è un altro ottimo cantante, voce pulita, piena e potente, quasi mai in falsetto, non un filo di raucedine. Non deve aver manco mai fumato una sigaretta. Curioso provenga da una piccola compagine NWOTHM, gli Odinfist, piuttosto grezza, in cui anche lui suona grezzo. In From Western Shores magari è anche la pulizia della produzione che cancella qualsiasi asperità. Rimane un tono parecchio power, anche se maschio. Da eroe senza macchia né paura. Di quelli limpidi, puliti nello spirito e immacolati nell’aspetto. Di quelli ben rasati. Fosse un eroe del cinema d’azione sarebbe Jean Claude Van Damme, più che Bruce Willis.

Io avevo un compagno, alle elementari, napoletano, figlio di un militare dell’aeronautica. Occhi color ghiaccio, un ciuffo moro che faceva innamorare le compagnette. Già perfettamente asciutto ed atletico a 8-10 anni. Quando la mattina a scuola ci radunavamo per commentare i film trasmessi su Italia Uno la sera prima, lui si esaltava soprattutto per quelli di Jean Claude Van Damme. Perché gli somigliava e voleva somigliargli ancora di più. Era vivace, ma non un teppista come altri compagni. Mai torto un capello a nessuno di noi. Certo, una volta disse che voleva prendere lezioni di kung fu perché così “ci menava a tutti“, ma invece non ci fece mai del male. Perché la sua Morale la stava ancora calibrando, ma già si avviava ad essere quella di un Eroe vero. Come quelli che, anche se hanno il naso gonfio ed il labbro spaccato, glielo leggi negli occhi che non hanno pensato MAI, nemmeno per un secondo, di arrendersi dinanzi al Male. Come Jean Claude Van Damme. Bene, scusate la digressione, mi sono perso. Ero partito col voler dire che se i Gatekeeper con Abboud erano anche parecchio barbarici e rozzi, questi nuovi hanno indossato nuovi paramenti. Più puliti. Che ci piacciono ancora, eh. Only slightly less than we used to.

Sarebbe un po’ da rompicoglioni (sì, dai, un po’ lo siamo) fare i difficili con un disco come From Western Shores. Anche perché dovreste gasarvi assai già con l’omonima in apertura, se avete sangue nelle vene. Melodica, potente, innodica. Pure le parti soliste per chitarra sono gagliarde, lussureggianti. Un brano epic esemplare che non fa rimpiangere nulla di East of Eden, poco altro da aggiungere. Il nuovo album offre poi anche altri brani solidi, quali Exiled King, Nomads e Twisted Towers. Dai titoli, la semantica adottata dai canadesi dovrebbe esservi chiara. La musica è coerente, con l’epic power ad alternarsi a momenti più riflessivi e dal sentore arcano. Anche se, ad essere onesto, le vette del brano di apertura non si raggiungono e, anzi, pur coi minuti e gli ascolti, il resto del disco finisce per rivelarsi un buon (a tratti, perché no, ottimo) disco di una band media, nello stile. Ovvero non distinguereste i Gatekeeper da altre band analoghe e ben prodotte. Venendo a mancare quel carattere drammatico che portava il cantato di Abboud (e forse esagerando un po’ con la pulizia di quello di Anderson), il secondo album dei Gatekeeper segna sicuramente un passo in avanti in termini di maturità ed ambizione, ma anche un passo indietro in termini di personalità. Quanto ci abbiano effettivamente guadagnato lo capiremo da quanto girerà questo disco qui. Intanto per noi può anche andare più che bene così. (Lorenzo Centini)

P.S.: Vi starete chiedendo: “E quel compagno di scuola?”. Non so molto. So che nel frattempo si è arruolato anche lui, come il padre, e ci difende armato di qualche fucile mitragliatore a bordo di un aereo militare. So che ha sposato una mia amica di adolescenza che pure non vedo da almeno venti anni. Sicuro avranno prodotto della prole, perché guai a far mancare paladini sugli spalti dei bastioni che separano il Bene dal Male. Lui però non l’ho più visto credo dall’ultimo giorno di quinta elementare. Quel giorno, un maledetto lestofante della sezione avversaria aveva schiacciato le dita del mio compagno sulla porta di ingresso della scuola. Ma un Eroe non si tira indietro di fronte alla Chiamata. Egli inseguì il traditore. Lo raggiunse davanti alla palestra, lo prese per i capelli e gli grattugiò la faccia sulla superficie bocciardata del muro esterno. Quel giorno il Bene è stato ristabilito. L’Onore riscattato. Le Tenebre non hanno prevalso ed al Valhalla hanno riservato un posto per un Eroe.

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