FIRENZE METAL @Viper Theatre – 27.04.2024

Firenze in questi giorni è un tumulto di immagini, concetti e colori che tingono il capoluogo dalle piazze ai trafficatissimi viali di circonvallazione. Si va dai manifesti elettorali per le amministrative di giugno, con Eike Schmidt che sfida il centrosinistra, all’Excelsior, rinomato locale della periferica San Donnino, reo di aver ospitato l’attrice comica Valentina Nappi, coprotagonista della commedia italiana Pensati Sexy.

Il susseguirsi di queste immagini mi ha accompagnato a pochi chilometri dall’Excelsior, in via Pistoiese, per la seconda edizione 2024 del Firenze Metal.

Abituato a un locale infarcito di persone di varia età e estrazione sociale, grazie anche alla forza motrice di influencer e fenomeni culturali acquisiti come Slug Gore e Fulci, lo scenario western che mi si è parato davanti all’imboccatura del desolato tunnel mi ha assai stranito. Probabilmente il ponte del venticinque aprile ha influito in tal senso, e il resto dell’affluenza mancante deve aver pensato prima all’ottima Nappi e solo poi a un bill di tutto rispetto.

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Lasciata alle spalle l’edizione death metal con Cripple Bastards, Hour of Penance e Gory Blister, il Firenze Metal è tornato ad essere quel calderone in cui trovi tutto, incluso quel che fa per te. Il thrash metal è stato stavolta rappresentato in salsa fortemente novantiana grazie ai locali Runover, che vedevo credo per la quinta o sesta volta, e ai rinnovati Extrema di Tommy Massara e Tiziano Spigno, dei quali non scrivevo dai tempi di Headbanging Forever. Per quel che riguarda il resto della scaletta ero certamente curioso di rivedere i Diesanera, dopo il loro contest vincente alla periferia di Firenze con tanto di biglietto strappato per il Wacken Open Air, e i Novembre. La band di Carmelo Orlando non la vedevo dal vivo da decenni.

Avvertito il cantante dei Runover che Valentina Nappi si era presa la loro audience col suo carico di recitazione e ironia, mi sono diretto in postazione e ho atteso l’inizio delle danze. I FALL AS LEAP sono stati il classico gruppo del Firenze Metal su cui non punto un centesimo e che alla fine mi sorprendono, ce ne è sempre almeno uno. Suonano sostanzialmente nu metal, hanno un Dj e i riferimenti ai Linkin Park non si fermano qui. Esperienza all’incirca decennale, la riversano tutta sul palco e inscenano un buonissimo spettacolo. Si percepisce poco o niente di quella voglia di strafare che hanno i gruppi meno blasonati una volta saliti sul palco del Viper: continue gag, energia a cannonate, scarso dosaggio delle forze. Certe volte ho la sensazione che gli apripista del Firenze Metal sentano la responsabilità di dover dimostrare qualcosa. Essere all’altezza dei nomi che seguiranno, per esempio. I Fall as Leap in tal senso non sono caduti nel tranello.

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Ph: Marco Belardi

Avevo la certezza che nel tranello sarebbero caduti i livornesi DIESANERA, gruppo scuolabus dell’edizione corrente. Lasciate che vi rinfreschi la memoria: nel recente passato gli Speed Kills avevano riempito il Viper Theatre di parenti e amici per poi dedicarmi sui social un meraviglioso meme che citava Speed con Keanu Reeves e la Bullock. In questo caso è toccato ai Diesanera, che hanno spostato mezza costa tirrenica in loco, tant’è che, in sostituzione delle magliette, al merchandising alcuni si erano messi a vendere dentici e mormore. Il pubblico è andato in delirio precisamente come quella volta che lo scuolabus era entrato in azione allo Stony Pub: il loro concerto è d’incredibile effetto e la cosa che maggiormente mi sorprende dei Diesanera è che hanno i pezzi. Vantano una scaletta che non annoia mai, i ritornelli li impari sul momento e li canticchieresti sotto la doccia, e il loro metallo, fra Paradise Lost, Deathless Legacy, HIM, controcanti alla Alice in Chains e arroganza alla Rammstein, è sempre il bentornato.

I RUNOVER hanno superato lo shock della notizia datagli in principio di serata con un thrash metal energico e pezzi di sicura riuscita come The Wall e God Said. Entrambi sono estratti dal loro ultimo EP uscito in marzo, un evento, se si considera che discograficamente parlando latitavano da oltre un decennio. Marco Biagioli è un animale da palco incredibile e prima dribbla, poi restituisce a racchettate i sonori bestemmioni che il veemente pubblico fiorentino gli lancia. La musica è perfettamente in sintonia con quella degli Extrema, epoca The Positive Pressure in particolar modo, con un tocco di Pantera in ulteriore aggiunta, ed è coerente con quel thrash metal italiano in voga tra gli adoratori di In.si.dia e affini. È pesante senza essere necessariamente veloce, da manuale della prima metà degli anni Novanta. Probabilmente il miglior concerto di tutta la serata, e con certezza la miglior risposta da parte del pubblico assieme a quella per Diesanera e Despite Exile.

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Ph: Marco Belardi

Jei Doublerice, originario di Udine, sale sul palco e inizia a fare come gli animali irrequieti che camminano avanti e indietro in una gabbia fissando un bersaglio. Indossa una camicia a quadri che puzza di Seattle e il suo gruppo, i DESPITE EXILE, comincia a fare un casino della madonna. Hanno il batterista più tecnico e veloce di tutta quanta la serata, Simone Cestari. Non perdono una nota e nemmeno un grammo dell’energia ostentata a inizio concerto, e, se devo trovare il pelo nell’uovo fregandomene della loro coerenza verso il genere affrontato – il metalcore più estremo – il mixaggio è un’ode alla loudness war e pertanto non si capisce niente. Il bassista è sicuramente capace, ma sono io che me l’immagino mentre lo guardo suonare, perché non lo sento. Le chitarre friggono che neanche il black metal e Doublerice li sovrasta con uno scream e un growl semplicemente perfetti. Ho sviluppato una teoria su gruppi come questo: su disco mi spaccano le palle, ma dal vivo sono impeccabili e la loro musica è come se riprendesse vita. Pertanto, che codesta loudness war sia una peculiarità o un martirio per i quarantenni come il sottoscritto, cresciuti a pane e Morrisound Studios, è un enigma che non risolverò certo oggi.

Il locale comincia a riempirsi e ci saranno in totale quattrocento persone, molte meno delle sei-settecento delle precedenti edizioni, il che è tuttavia un risultato apprezzabile se si considera che tutti i segaioli di Firenze stanno scalando le pareti dell’Excelsior sold-out come se dovessero prendersi la Bastiglia. Nel frattempo, nel Viper Theatre si aggira un tale che assomiglia a Lemmy Kilmister ma parla pisano.

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Ph: Marco Belardi

I NOVEMBRE attaccano a suonare. Carmelo Orlando manda avanti la baracca senza il fratello e produttore Giuseppe, è così ormai da anni. I primi dieci minuti del loro concerto sono caratterizzati dal mio sconforto nel notare un’energia e un tono decisamente minori. Inizio a pensare che non c’incastrino niente con questo Firenze Metal e che l’omogeneità dell’edizione dei Cripple Bastards necessiterebbe una migliore ricorrenza. Non è così: i Novembre partono col diesel, non propongono il miglior concerto della serata ma la loro musica è quella che mi godo di più. I classiconi li piazzano tutti nel mezzo, My Starving Bambina da Classica e subito dopo Nostalgiaplatz. È il loro disco che preferisco, seguito da Arte Novecento. A volte inverto l’ordine dei due titoli per tanto che li apprezzo. Mi riportano dritti a quell’epoca in cui andavano fortissimo gli Opeth, da cui però differiscono notevolmente. Ci sento piuttosto i Katatonia della prima virata progressive, e, riascoltati a posteriori, ci si sentono le atmosfere sognanti degli Alcest. Soltanto che, all’epoca della composizione di quei pezzi che ho menzionato, Neige era ancora minorenne, e sarebbe finito all’ospedale nel breve volgere di una serata se solo avesse scoperto Valentina Nappi, talentuosa attrice comica italiana. Vedere Carmelo senza Giuseppe è come vedere Tommy senza Gianluca, e ora ci arrivo.

Il concerto che chiude l’edizione ultima del Firenze Metal, prima, sia chiaro, che qualcosa venga annunciato per il prossimo ottobre o giù di lì, è un buon concerto. Dimostra la sostanziale differenza fra l’esperienza e il mestiere totale di coloro che crebbero fra gli Ottanta e i Novanta e l’energia totale delle band che stazionano a metà del bill. Non che gli EXTREMA siano stanchi, tutt’altro: Tommy Massara sul palco non sta fermo un secondo, tanto che sono costretto ad abbassare i tempi di scatto della fotocamera, come accaduto coi Runover. Lo show incentra parte della scaletta sul classico Tension at the Seams del 1993, il primo. Oppure il secondo, se si conta quel fantastico EP uscito sul finire degli Ottanta.

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Ph: Marco Belardi

In scaletta c’è il meglio che lo compone: Join Hands, Child o’Boogaow, Displaced, Modern Times, Life. C’è Money Talks, c’è The Call dal passato meno remoto, così Tiziano Spigno può interpretare qualcosa che già lo rappresentasse su disco. Spigno è un bravo cantante, giacché ha insegnato canto e tiene benissimo il palco. Ma non è un cantante thrash metal in senso stretto. È uno di quei cantanti poliedrici, puliti e potenti che metteresti dappertutto, dal powerprog più energico all’hard rock. Un po’ come Russell Allen. Ciò non sostituisce debitamente colui che è stato sostituito, sia chiaro. Per tanto che le due parti abbiano intrapreso due direzioni, i Mortado e questa, entrambe le vie ricondurranno agli Extrema di Tommy Massara e Gianluca Perotti. Con lui li ho visti la prima volta, nel tour di Better Mad Than Dead e con lui li ho bestemmiati all’epoca del videoclip con gli Articolo 31, o adulati all’epoca dei frequenti passaggi di Money Talks in televisione. Non che gli attuali Extrema siano un surrogato, anzi. Ma quella sensazione non riesco a respingerla. (Marco Belardi)

4 commenti

  • La foto che ritrae Carmelo è impietosa. Lui sembra a un passo dalla mimesi col Pinguino di Danny DeVito. Quando scrivo impietosa, tuttavia, non faccio riferimento alla mano di Marco. Al contrario. È solo che la dura realtà del tempo che passa è implacabile con i lineamenti di chiunque. Soprattutto dopo una vita di eccessi. Non c’è inquadratura che tenga.
    Sfigurarci. Già. Ci riguarda o ci riguarderà, prima o poi. Nessuno escluso. Bella merda.
    Ho smesso pure di fumare settimana scorsa. Baratto due rughe in meno sotto agli occhi per una decina di chilogrammi in più tra un paio d’anni. E intanto sono incazzato nero. Nero. Non mi si può stare vicino. Cazzo.

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    • ma “la vita di eccessi” è riferita a Carmelo Orlando? Io non seguo le storie personali dei musicisti ma non me lo vedo a fare il festaiolo alla Turbonegro. Spero che si tiri un po’ su comunque, perchè non sembra molto in salute. Comunque i Novembre sono e saranno sempre una figata pazzesca, decenni di carriera senza nemmeno un disco brutto o banale.

      Della Nappi invece, oltre chiaramente ai suoi (secondo me soporiferi) video “professionali”, ho visto da poco pure un paio di interviste su youtube: stranamente dalla faccia dei giornalisti non traspariva l’imbarazzo nel dialogare con una ragazzina poco istruita ma con un ego così spropositato da farla sembrare una persona che ha rifatto la prima media 3 volte ma che cerca di atteggiarsi a nuovo Sigmund Freud.

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      • Diciamo che mi riferivo più a me stesso, alludendo agli eccessi. Ad oggi mi ha parzialmente salvato il fatto che ho sempre praticato dello sport.
        Ora, non voglio fare le pulci a nessuno. Ma non è un mistero che Carmelo abbia spesso esagerato con l’alcol, in passato. E a giudicare dalla gobba in aumento, non credo sia uno che si diletti con l’attività fisica.
        Sui Novembre sono d’accordo con te. Ma personalmente trovo l’assenza di Giuseppe una menomazione intollerabile.

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  • L’alcol è una gran brutta bestia, mi spiace che proprio una persona cosi colta ed intelligente ne sia rimasto invischiato in passato. Penso che i tour, i club ecc abbiano un ruolo pesante in questo.

    Nella mia compagnia ricordo che ci ubriacavamo spesso (e male) ai concerti fino a 24-25 anni, poi la cosa mi ha talmente stufato (come tutte le cose che diventano semplice abitudine) che il distacco da grappa, vodka, rum, birra, vino ecc è stato naturale e veloce. Non ho mai capito il senso di vivere a 40 anni la vita che si viveva a 20… Molti miei amici invece vivono ancora così, 20 anni dopo. Solo che loro oggi fanno una rampa di scale e hanno il fiatone, mentre io posso farmi tranquillo cinque ore di camminata in montagna senza respirare il merdoso smog di Milano.

    La morale per me è questa: se sei Slash o Phil Anselmo vivi pure la tua vita da rockstar, se ti piace. Per gli altri comuni mortali: fatevi furbi, non buttate la vita con certe cezzate che tanto nessuno vi obbliga ad avere l’immagine da belli e dannati di ‘sta ceppa.

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