Avere vent’anni: WITCHCRAFT- st

Witchcraft finisce sugli scaffali dei negozi del 2004 in base a qualche astruso buco temporale. Questa almeno è la versione più accreditata dei fatti. Un’altra possibilità è che fosse un demo inciso nel ’72 poi casualmente ritrovato da Lee Dorrian in qualche scatolone abbandonato e da lì il resto. Una cosa è certa: non è un prodotto del suo tempo. E cercare di trovargli una collocazione in un continuum temporale inteso in maniera lineare è roba per un potenziale film di Christopher Nolan. È un disco talmente antico che ascoltarlo con la consapevolezza che sia inciso da un gruppo nuovo lo fa risultare falso (perché che un qualcosa di contemporaneo suoni in questa maniera semplicemente non ha senso). È questo l’unico pensiero razionale possibile se si rifiuta il fatto che ci si stia rapportando con qualcosa che in realtà è perfettamente originale.

Il suono: potete leggere ovunque che è stato registrato con non so che tipo di strumentazione vintage, il punto però non è quello. Il suono qui è solo un involucro, al limite una porta di ingresso. Perché per rovesciare le leggi della fisica non basta un ampli gracchiante o registrare le voci con una pentola in testa. Per far girare l’orologio al contrario serve penetrare nell’essenza delle cose, ed è proprio quello che fanno questi (allora) ventenni svedesi. Ad essere classiche (diciamo anche vecchie) sono le melodie, le imperfezioni e la forma stessa di composizioni che non concedono nulla agli estremismi che anche un filone retrogrado come può essere il doom ha per forza di cose adottato nel corso del tempo.

“Witchcraft, take one” – un ciak e si parte: fin dal primo istante si punta direttamente al cuore, giocando consapevolmente con quei riferimenti culturali condivisi che rendono il metallo una cultura per molti versi ben più ampia della musica che vi si trova al centro. La band va a pescare nell’imprinting metallaro: il bosco, la notte, magia e superstizioni, leggende di cose che non si vedono e racconti di cose che non si spiegano. Effetti speciali analogici come in un vecchio film in cui il trucco c’è e si vede. I Witchcraft cercano la fascinazione in un’oscurità campestre, in quelle storie paurose che volevamo ascoltare da piccoli e che oggi amiamo raccontare ai nostri bambini prima di andare a letto. Quelle stesse che in varie età della nostra vita ci hanno fatto andare a recuperare The Wicker Man o i vecchi film “di genere” a firma Pupi Avati.

Dal punto di vista musicale i vari punti di riferimento sono ovvi, eppure non è così semplice fare accostamenti, questo perché i Witchcraft non copiano, i Witchcraft sono. Per dire, gli Orchid copiano (e lo fanno benissimo sia chiaro), i Witchcraft è come se il suono oscuro dei ’70 se lo fossero inventato. Una collezione di brani classici di quello che era un suono ancora in via di definizione, in cui gli elementi folk sono ancora abbondanti, con brani costruiti alla vecchia maniera con break che presenti in quasi ogni singolo pezzo, ne rallentano costantemente il ritmo e ne costituiscono quasi sempre il picco atmosferico. Una progressione costante che lega i brani in un discorso continuo e va toccare lo zenit nell’ultimo brano. Her Sister They Were Weak cala tutti gli assi in rapida sequenza: un incipit che sa di medievale (che poi chissà come era davvero la musica medievale), tre sorelle e una maledizione, si prosegue col flauto, con le vocals indemoniate che girano al contrario, la chiusura col carillon pauroso che va via via sfumando…
Per le valutazioni spicce direi che è tra le cinque migliori uscite della Rise Above di sempre e va tranquillo tra i dieci album del decennio di appartenenza. Probabilmente l’apice o quasi di tutto di tutto il retro-hard-proto-metal chissàccosa di cui ci saremmo cibati avidamente per anni. Semplicemente imprescindibile.

5 commenti

  • disco della Madonna!anche il secondo Firewood eccezionale,li vidi dal vivo a Milano al cox ex concetto nel 2007,ho anche un dvd amatoriale di quel concerto in cui ci vediamo benissimo sotto al palco …bellissima serata

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    • firewood discone, forse meno ‘magico’ ma quello con alcuni dei migliori pezzi in assoluto.

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    • Anch’io ero presente a quel concerto dei Witchcraft, credo fosse in Gennaio e come supporto c’erano gli El Thule. Mi ricordo che alcuni, credo del locale, stavano filmando il concerto. In rete del suddetto concerto non si trova nulla.

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  • Acquistato pochi giorni dopo l’uscita, era il periodo del revival hard rock e oscurità varie degli anni 70. Una miriade di band si fecero avanti in quel periodo, soprattutto provenienti dalla Scandinavia. Ricordo anche i Black Bonzo, un bellissimo periodo, con questo esordio dei Whitchcraft tra le uscite meglio prodotte.

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  • esatto,il concerto lo filmarono proprio gli el thule e poi ce lo girarono loro

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