Avere vent’anni: SECRETS OF THE MOON – Carved in Stigmata Wound

Adesso, a bocce ferme, ora che la musica è finita, gli amici se ne sono andati ed è inutile restare, reputo interessante scrivere qualche considerazione sui Secrets of the Moon, band tedesca che ha cessato di esistere mi sembra nei primi mesi del 2021, dopo una carriera non meno che trentennale costellata di episodi discografici fuori dal tempo, andando oltre la semplice celebrazione del ventennale del loro secondo album Carved in Stigmata Wound.

Perché ho scritto “fuori dal tempo”? Perché a mio parere la loro musica non è mai stata effettivamente capita né quando uscì né in tempi successivi, e forse non lo sarà ancora per svariati anni. Era un gruppo veramente avanti, proiettato in un suo mondo nel quale il black è solo un punto di partenza e non il fine ultimo di ogni composizione, un tramite da utilizzare anche per comporre canzoni varie ed elaborate senza per forza dover sottomettere queste ultime ai rigidi dettami che il sottogenere impone. Del resto, che il black metal puro e semplice stesse loro stretto lo si era già capito dai tempi del debutto Stronghold of the Inviolables, che è a tutti gli effetti un album di symphonic black, sebbene già interpretato secondo stilemi personali che ne fanno tutto sommato un episodio unico all’interno del panorama black metal tutto. L’aura di culto di cui gode quel disco però sfortunatamente deriva – più che per la musica in esso contenuta – dall’esser stato pubblicato in prima istanza solo in vinile limitato a 100 copie da Sombre records, diventando Sacro Graal da collezione ancora prima di essere stampato. Quando uscì era il 2001, ma era già stato scritto da un pezzo, e nel frattempo i tedeschi stavano già progredendo verso livelli artistici e creativi che esulavano dal contesto prettamente black metal, che era ormai solo una componente del suono del gruppo quando finalmente, ad aprile del 2004, uscì Carved in Stigmata Wound.

Di sicuro il loro principale intento era quello di scrivere un’opera di progressive metal estremo, qualcosa di molto all’avanguardia che probabilmente ha avuto come unici altri interpreti i Nocte Obducta e nessun altro. Non a questi livelli di oscurità, perché Carved in Stigmata Wound è un album complesso, difficile, intricato all’interno del quale brilla pochissima luce. Il primo brano è uno strumentale da circa tre minuti che si apre con una nenia rituale mugolata da qualche oscuro sacerdote dell’occulto prima di scomporsi in tormentati intrecci di chitarra che fungono da introduzione al primo pezzo propriamente detto, Cosmogenesis. Da qui in avanti, e tolta la sola outro anch’essa strumentale che conclude il disco, nessun brano scende al di sotto dei 7 minuti raggiungendo l’apice nei 12 minuti e mezzo della title-track posta a fine disco. Ed è un continuo intersecarsi di riff che rallentano, si spezzano, si fermano, ripartono esplodendo in blast, si tramutano in delicati interludi di chitarra non  distorta (uno per tutti Evolution Valour Admission, un brano davvero notevole anche estrapolato dal lavoro), a tratti si semplificano ma è solo per breve tempo perché le composizioni, le strutture dei pezzi, le trame ritmiche sono complicate e contorte come progressive rock insegna.

L’atmosfera, come già detto, è cupa, plumbea, soffocante e per ottenerla i Secrets of the Moon hanno divagato ovunque, includendo molto death metal nelle partiture, molto occult rock/metal, massicce dosi di religious black, anche accenni thrash metal o stacchi rock fusion senza che nessuno di questi elementi prevalga sugli altri in modo significativo. Un amalgama bilanciatissimo concepito secondo schematiche peculiari del modo progressive di intendere la musica. Ecco perché Carved in Stigmata Wound è un album che ha avuto forti difficoltà ad essere compreso ed apprezzato come merita, più che per la sua non indifferente durata di 72 minuti sicuramente per la sua complessità che rende tutti i brani poco digeribili ad un ascolto disattento. Sono tutti pezzi molto tesi e senza alcun dubbio molto violenti perché le alte velocità e l’aggressività non corrispondono a un’immediatezza di assimilazione e bisogna ascoltare il disco davvero tante volte per comprenderne appieno l’essenza e le potenzialità.

Se così stavano le cose vent’anni fa, quando il mondo stava cominciando ad andare a rotta di collo verso-il-domani-verso-il-non-si-sa immaginate al giorno d’oggi che se un brano non attira l’attenzione nei primi 15 secondi viene skippato senza possibilità di successivo recupero, figurarsi poi ascoltarsi due volte di fila un brano non lineare da oltre sette minuti. I Secrets of the Moon erano avanti non solo di vent’anni, e non credo ne basteranno altrettanti perché il mondo cambi di nuovo e che all’overdose di musica usa-e-getta di questi tempi sfortunati succeda un riflusso. Tutto si ripete, la storia è ciclica. Il passato torna sempre a fare la voce grossa, la Storia ce lo insegna. Solo che facciamo moooolta fatica ad impararlo.

Dovrebbe essere inutile precisare che preparazione tecnica dei componenti del gruppo, abilità compositiva e negli arrangiamenti, registrazione e produzione sono ai massimi livelli possibili. Il disco uscì per Lupus Lounge, etichetta che si sarebbe fatta notare ancora grazie a produzioni spettacolari di Negura Bunget, A Forest of Stars, Austere e gente di questo calibro, ed è una stretta parente di Prophecy productions. Se quello che esce non è perfetto la collaborazione termina lì.

Nel corso della loro lunga carriera i Secrets of the Moon hanno sempre evoluto il loro stile musicale fino a renderlo pressoché unico ed inconfondibile, grazie ad album sempre più complessi dei quali si parlerà a tempo debito. Intanto è necessario rivalutare la loro arte in toto a cominciare da Carved in Stigmata Wound, specie se apprezzate un metal estremo che si discosti categoricamente dal banale e dallo scontato. (Griffar)

 

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