Avere vent’anni: IOMMI – st

Generalmente per quanto riguarda le origini di un genere musicale le teorie tendono a sovrapporsi, e difficilmente se ne riesce a trovare una versione univoca. La questione invece non si pone (o quasi) per quanto riguarda la nascita del metallo pesante: la musica più nobile di ogni altra ha in tutto e per tutto origine nei riff di Tony Iommi. Il suo primo album solista (sì in realtà Seventh Star… quanto siete bravi) può essere visto come un certificato di paternità sulla musica pesante e come l’ulteriore conferma dell’impronta che il baffone mancino ha lasciato in qualsiasi sfumatura di quello che è un certo modo di intendere il r’n’r.
Ideato come sforzo collaborativo, il disco vede partecipare esponenti di vari decenni (alcuni già visti nei due volumi N.I.B) e, se da una parte inevitabilmente suona come una sorta di variegato tributo ai Black Sabbath, dall’altra riesce a mettere insieme gente proveniente da generi diversi che vanno dal metallo più o meno moderno (Anselmo, Tankian) all’hardcore (Rollins) fino all’indie rock (Corgan, Grohl). La leggenda vuole che pure Eminem chiese di partecipare ma Iommi non avendo minimamente idea di chi fosse declinò l’offerta. L’abilità di potere e sapere scrivere un pezzo con Peter Steele come con Skin(!) suonando esattamente come se stesso e al contempo adattandosi alle circostanze può stupire solo l’ascoltatore meno avvezzo. La capacità di Iommi di spaziare su registri differenti è presente fin da sempre, pensate al semplice passaggio Embryo / Children Of The Grave ma anche alla sequenza Orchid / Lord Of This World / Solitude (per rimanere sul solo Master Of Reality). O la maniera in cui riuscì con naturalezza a mutare il proprio sound a cavallo degli anni ‘80 avvicinandolo a una dimensione più vicina alla NWOBHM.

Insomma, ennesimo discone da parte del tizio che in vita sua non hai mai sbagliato un riff e (se ce ne fosse ancora bisogno) ulteriore conferma del dogma dell’infallibilità iommiana. Sarà scontato dirlo, ma uno così non nascerà mai più. (Stefano Greco)
Disco imperdibile.
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Cosi’ si vince facile, questo pezzo piacerebbe pure a chi soffre di amusia ( per esempio mia sorella che non metabolizza nemmeno ” happy birthday to you”, non scherzo ! ).
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Bella quella con Anselmo, ritornello clamoroso! Per il resto un buon album che ascolto raramente ma intero
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Time is Mine fa parte della mia colonna sonora della vita. Fa piacere sapere di non essere l’unico ad apprezzarla (eufemismo)
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Non condivido l’entusiasmo, una delle cose peggiori fatte da iommi, i pezzi sono una vera lagna ed hanno tutti una struttura simile fra loro, con i soliti riff alla iommi già sentiti sui dischi dei sabbath, si fa veramente fatica ad arrivare alla fine, inoltre trovo alcune voci come skin, corgan e steele veramente insopportabili, ovviamente iommi rimane un grande.
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Iommi può fare quello che vuole. In questo caso sembra un po’ troppo un disco-compilation (tipo Probot, per dire) ma rimane un bellissimo disco, niente da dire.
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