Gruppi con un grande futuro alle spalle: SUICIDAL ANGELS – Years Of Aggression
“Un giorno la Grecia costruì un potente computer in grado di elaborare e dare alla luce il thrash metal: l’investimento iniziale non ne avrebbe richiesti altri aggiuntivi, quelli che, nel caso di band in carne ed ossa, si attribuirebbero a costi di produzione e mantenimento. Grazie ai ricavi di questa possente musica robotica il paese avrebbe potuto sopperire alle gravi difficoltà economiche, o almeno, fu così che si pensò di ottenere qualcosa dai Suicidal Angels.”
In che cosa consiste la longevità di un album? In niente meno che nella possibilità di riascoltarlo ancora, una volta terminata l’esperienza. Credo che in un anno intero non escano più di quindici o venti titoli realmente longevi, e mi sto riferendo alle migliori annate di questo nuovo secolo. Il resto è fuffa, roba che lì per lì ti potrà anche piacere ma poi scomparirà inevitabilmente nel nulla: un dischetto che affermerai di avere ascoltato e del quale generalmente ricorderai ben pochi dettagli. A comporre e rafforzare questa cosa chiamata longevità contribuiscono un sacco di fattori, di cui innanzitutto vi rammenterò gli arrangiamenti. Questi ultimi stabiliscono la differenza tra un disco sentito e amato dai propri creatori, e un qualcosa di buttato lì tanto per buttar lì un qualcosa che doveva vedere la luce per cause di forza maggiore. Sono quei piccoli guizzi di inventiva che hanno ad esempio fatto le fortune dell’epopea del techno-thrash: …and Justice For All ne faceva un vero punto di forza, e lì dentro, proprio grazie ad essi si poteva ascoltare con piacere perfino l’operato di tale Lars Ulrich. Poi c’è la personalità, quella che fece di Sean Killian un cantante memorabile, sebbene il suddetto cantasse letteralmente di merda. E via discorrendo, produzione, sintesi e collocazione dei pezzi in scaletta, il puntare su di un livellamento generale piuttosto che giocarsi il tutto per tutto su un paio di brani di punta. Unite questi fattori ed altri a vostro piacimento e capirete se un album sarà longevo oppure no.
I Suicidal Angels non hanno mai avuto la fortuna di produrre album longevi. Bollati da oltre un decennio come una delle next big thing del panorama thrash metal, effettivamente hanno ogni carta in regola per affermarsi come tali. Ma non lo fanno, perché, a dispetto di un’ottima capacità esecutiva e di ottimi arrangiamenti, i greci continuano a battere la testa sulle medesime problematiche. Innanzitutto un cantante incapace di lasciare il segno: è il leader del gruppo e dunque dovremmo accettare le cose come stanno, mentre gli Xentrix hanno tutto il tempo che vogliono per buttar fuori un Jay Walsh a caso. E poi ci sono brani che non decollano mai, il nuovo Years Of Aggression ha queste linee melodiche prese pari pari da Violent Revolution dei Kreator e ci punta tantissimo. Lo fa in Born Of Hate che probabilmente è il pezzo più orientato al singolo di tutto quanto il lotto, ma resterà una canzonetta sulla scia dei Kreator meno memorabili di sempre: gli ultimi. Lo fa pure in D.I.V.A., così come in From All The One dove troviamo il peggior ritornello mai scritto e interpretato da Nick Melissourgos.
I Suicidal Angels suonano come una grossissima lezione di stile: hanno capito che le chitarre nel thrash metal devono essere asciutte e non una merda pompata come gli ultimi Death Angel – i quali gli mangiano comunque in testa fino all’ultimo respiro – e mettono ogni volta in scena un lavoro chitarristico di enorme caratura. Ma non funzionano lo stesso, e questo mi dispiace. Mi dispiace perché avrebbero un potenziale gigantesco che non sfruttano perché a loro basta suonare thrash metal, non gli interessa differenziare un album da un altro come qualunque gruppo metal attivo da più di un lustro farebbe: il capitolo più veloce, quello più “progressivo” o magari il più oscuro. Nei Suicidal Angels non accade niente di tutto questo: tirano fuori nuovo materiale che non si discosterà da quanto fatto in passato, e che al limite potrà aver perso un poco dell’assalto frontale dei tempi di Dead Again, niente di più. Come punto di riferimento troviamo sempre gli Exodus per la struttura dei riff e gli Slayer, qua decisamente “omaggiati” dalla buonissima Order Of Death in direzione di un classico minore come Read Between The Lies, e da The Roof Of Rats che mette apertamente le mani sulla più recente World Painted Blood. Io vi vorrei anche bene, ma iniziate a farmi un po’ girare il cazzo perché se un gruppo ultra-derivativo come i Power Trip è riuscito a prendermi da matti, a quest’ora avreste dovuto fare centro da un pezzo. (Marco Belardi)
Hai davvero ragione.
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va bene cosi ! io cerco questo riff e scapocciate ! come quando vado alla trattoria “da Tonino”,so che mi aspetta un rosso della casa a buon mercato e maccheroni con polpette parecchio unte ma cazzo mi spazzolo tutto come se non ci fosse un domani !
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