DARK TRANQUILLITY – Construct (Century Media)

dark tranquillity constructDi questi tempi recensire un cd due mesi dopo la pubblicazione, quando tutti gli interessati l’hanno ascoltato un mese prima dell’uscita, può essere considerato inutile. Forse lo è. Ma voglio parlare di Construct perché non merita di passare inosservato o peggio maltrattato con motivazioni che contestualizzate fanno ridere, di quelle che  girano ultimamente. Che so, sentire che i loro album sono ripetitivi detto da chi esalta Cannibal Corpse e Slayer o che si sarebbero dovuti sciogliere 10 anni fa da un fan dei DarkThrone. Inoltre, è una eccellente occasione per dire due parole sulla critica attuale. Partiamo dal lontano 1997: a quei tempi fui persino deluso da The Mind’s I (dico, The Mind’s I) perché segnava una svolta diretta che, nonostante alcuni pezzi clamorosi (per me Insanity’s Crescendo è, con Lethe, il loro apice), non aveva quel qualcosa in più di The Gallery. Ora, va senza dire che ogni pezzo dei DT post-Damage Done non ne vale uno da quel lavoro. Ma non siamo più nel 1997 e, se i miei calcoli sono esatti, non lo siamo da più di tre lustri. La band da allora ha forgiato un sound che negli ultimi 10 anni è rimasto pressoché invariato, ma in Construct ci sono piccole novità. Si prova per la prima volta la via dell’atmosfera (più dark), più cantato pulito e meno il consueto muro di chitarre, si usano molto i tempi medi e di rado l’acceleratore (e quando accade i risultati non sono esaltanti). Le canzoni sono in genere buone, se vogliamo è anche più continuo degli ultimi dischi, si ascolta dall’inizio alla fine, pure se i pezzi migliori non sono memorabili come, che so, Lost to Apathy o Final Resistance. Il risultato è discreto e onesto: già sai cosa attenderti e se può interessarti o meno prima ancora di vedere la copertina,  si vive anche senza, ma si ascolta. Il nocciolo di tutto il discorso quindi è questo: ognuno può avere le proprie fisse e le proprie opinioni, ma la critica ha il dovere di stabilire cosa è lecito attendersi nel 2013. Fossimo nel ’97, quando ci si poteva permettere anche di storcere la bocca per The Mind’s I, con un lavoro di valore analogo  a questo avremmo parlato senza mezzi termini di passo falso. Nel 2005 (l’anno di Character, per me il punto più basso della loro discografia nonostante qualche pezzo notevole), forse avremmo dovuto dire quello che pochi critici illuminati dell’epoca scrissero (tra i quali mi preme citare Michele Romani che lo bollò con 5 e venne insultato dai soliti metallari web in costante ritardo di 7 anni sulla tabella di marcia), ovvero che i DT erano finiti in un vicolo cieco a causa di immobilità stilistica. Ma nel 2013 la realtà è talmente amara che forse vale la pena arrendersi e dare il giusto valore a dischi come Construct.  Se per fare una figura discreta non bastano più innegabile professionalità, aver forgiato un sound  proprio, saper scrivere buone canzoni e, come qui, anche provare qualche novità, ok, allora si  prenda il coraggio a quattro mani e si chiuda (sia dal punto di vista della critica che dell’ascolto) con il metal, perché questo potrà forse regalarci qualche singolo exploit (tra l’altro sempre più raro) ma come genere non può offrire di più. (Fabrizio “Doom” Socci)

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