La mensa di Odino #22

Come sempre accade, ai primi dell’anno ci ritroviamo a recuperare dischi dell’anno precedente che ci erano più o meno colpevolmente sfuggiti. I primi di cui sentiamo la necessità di parlare sono gli EMISSARY, peculiare terzetto finlandese al debutto con il lavoro omonimo autoprodotto di cui si parla ora e che vede al suo interno gente che è passata a vario titolo in gruppi analoghi come Chevalier, Ranger e Smoulder. Emissary è composto da cinque tracce più intro e dura 29 minuti: viene segnato come EP, ma dato che dura più di Reign in Blood noi facciamo finta che sia un full. Si tratta di metallo epico, bello denso, con una certa varietà di fondo e sempre con le radici ben piantate negli anni Ottanta. Il riferimento che mi è saltato più spesso all’orecchio sono i Manilla Road, ma lo spettro di influenze (dall’heavy classico allo speed metal) è tale che ci si può divertire a cercare di individuarle tutte. Ottimo debutto, speriamo di poter sentire presto un seguito.
Vi piacciono i vecchi Iron Maiden? Immagino di sì, altrimenti non so che cosa ci stiate a fare qua sopra. Ecco, se anche voi non ne potete più di arpeggini, tastierine e ritornelli ripetuti all’infinito potete buttarvi con gioia sugli STRAY GODS, che nel loro debutto Storm the Walls si impegnano con pertinacia filologica a riprodurre i Maiden degli anni d’oro. Prendete la cosa in senso estremamente letterale: ogni nota, ogni passaggio, ogni idea contenuta nell’album è stata concepita e riprodotta allo scopo di suonare il più simile possibile a quegli Iron Maiden. Dato che sono ormai quasi vent’anni che siamo costretti a subire i nuovi Maiden, quello degli Stray Gods si potrebbe anche definire un servizio di pubblica utilità. Il risultato è comunque molto gradevole e tutto è ben confezionato, merito anche degli scafatissimi musicisti coinvolti nel progetto: il chitarrista Bob Katsionis (già in una caterva di gruppi tra cui Nightfall, Warrior Path, Serious Black e Revolution Renaissance), il bassista Gus Macricostas (Biff Byford e Battleroar, tra gli altri) e il batterista Thanos Pappas (Outloud, Scar of the Sun). Completa il quadretto il cantante Artur Almeida, unico portoghese in una band di greci, che è il più grande imitatore di Bruce Dickinson mai esistito. Considerato tutto quanto detto, è impossibile che Storm the Walls possa non piacere a qualcuno; certo, l’operazione è abbastanza strana, ma loro si divertono e non vedo perché non possiamo divertirci anche noi.
E infine i VALIDOR, progetto solista del polistrumentista greco Odi Thunderer, che con Full Triumphed giungono al quinto disco in undici anni. Tempo di far passare la intro e Son of Fire parte con un piuttosto scoperto omaggio a March for Revenge dei Manowar, giusto per metterci subito a nostro agio. Il pezzo poi prosegue in tutt’altro modo, però un attacco del genere andava menzionato. In realtà più che di heavy classico vero e proprio qui ci troviamo di fronte un pastiche di generi il più ottantiani e polverosi possibile, in un’opera di omaggio appassionato che nei momenti più speed mi ha addirittura ricordato i mitologici Metalucifer. Full Triumphed soffre qui e lì di una certa confusione di fondo, ma di sicuro ha i suoi momenti, sia quando gioca sui contrasti, come in Silverhawks, sia quando ricerca il pezzo anthemico da buttare giù i muri a testate, come nella cazzutissima The Ten Thousand, che parla di Alessandro Magno e ha esattamente tutto ciò che dovrebbe avere un pezzo del genere. Tempi generalmente veloci, riff che si succedono senza soluzione di continuità, gamma di influenze piuttosto vasta e un’adorabile senso di amatorialità che aggiunge fascino al tutto: Full Triumphed non sarà un capolavoro, ma sicuramente farà breccia in più di un cuore d’acciaio. Ora alziamo tutti quanti il volume al massimo e andiamo a rompere il culo ai persiani con The Ten Thousand che pompa nelle casse, nelle orecchie e nei ventricoli. (barg)
ok, gli Stray Gods sono tanta roba. Da recuperare subito
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Anche le tribute band si divertono, ma non vengono prese in considerazione.
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Stray Gods mi sono molto piaciuti, grazie per le altre segnalazioni.
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Bello tutto. Ma il realtà scrivo questo commento per invitare i redattori di questo sito a dedicare qualche riga agli Ulthar, mostruoso terzetto black/death di Portland che al netto di due prove molto convincenti (Cosmovore e Providente rispettivamente del 2018 e 2020), domani rilasciano un doppio album mastodontico Anthronomicon/Helionomicon che secondo me spaccherà di brutto.
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