Avere vent’anni: MARTYR – Warp Zone
Di quegli anni ricordo benissimo la questione del Canada e del death metal tecnico. Non era una scena particolarmente compatta, anzi più o meno ognuno tendeva ad andare per i cazzi propri, ed è esattamente quello che fecero i Martyr di Daniel Mongrain.
Fra gli altri nomi “minori”, i Quo Vadis applicarono voce e melodie dei Carcass a una struttura più accomunabile al death metal tecnico. Altri nominerebbero i Neuraxis, ed io, a dire il vero, ripenserei piuttosto a quant’era bravo il loro batterista Alexandre Erian (successivamente aggregato ai Despised Icon). I Martyr si presentavano come il gruppo più stravagante dei tre, nonostante tutti ricercassero una propria personalità per non esser bollati come successori, o peggio ancora come cloni dei più celebrati colleghi americani, e dunque, di Atheist, Cynic e Death. Andò male lo stesso: quando avevo diciotto anni un tale mi consigliò i Martyr sulla scia del motto “se ti piacciono i Death prova con i Martyr, hanno un che“. Ok, pur sempre di death metal si trattava, ma allora mi sfuggì un dettaglio che oggi è fin troppo facile da comprendere.
Daniel Mongrain era già allora drogato di Voivod: sentitevi Carpe Diem e ditemi se non si poteva arrivare a una conclusione del genere. Lo capivi da come faceva suonare le chitarre e dagli arrangiamenti: via le frequenze basse dei Morrisound Studios per ripartire, in un certo senso, da zero. I Voivod furono una delle influenze principali per Daniel Mongrain, il predestinato che un giorno avrebbe sostituito Denis D’Amour pur passando per numerose collaborazioni intermedie, come quella con i Gorguts di From Wisdom to Hate. Quello che teneva alla larga i Martyr sia dai Voivod sia dal death metal americano era un’attitudine volta al rifuggire dalla forma canzone attraverso ritmiche cervellotiche, e, aggiungo, non esattamente accessibili da tutti. Eri finito sotto con Chaosphere? Questo era il death metal che, senza alcun dubbio, poteva fare per te. Per il resto in Canada titoli come Obscura e Whisper Supremacy del 1998 ci avrebbero offerto le portate più deliziose di un movimento un po’ confusionario, ma altrettanto prolifico e fin troppo poco celebrato. (Marco Belardi)
Grazie, ottima segnalazione che non conoscevo.
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A me “Hopeless Hopes” sembrava abbastanza influenzato dai Death. Certo poi le cose sono andate diversamente per Mongrain, ma il paragone col gruppo di Chuck in versione fino-a-Human ci stava tutto per il disco prima.
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