Destroyer 666 // Bodyfarm // Helleruin @Traffic, Roma 10.03.2023

Mi sveglio alle cinque per andare a Firenze. Devo andare per lavoro a Campi Bisenzio. A poche decine di chilometri il Belardi, insieme al tastierista dei Domine, costituisce la giuria del concorso per le band candidate a esibirsi al Viper di Prato nella prossima stagione. Sono tentato. Sarebbe un’esperienza toscana paragonabile solo a quella volta che vidi uno spettacolo di Ceccherini, Paci e Monni a una festa di paese a Cortona e finì con un lungo, bellissimo monologo di Monni perché Ceccherini, ubriaco fradicio, aveva spaccato una mano a Paci ed entrambi erano stati portati via da un’ambulanza. Però sono mesi che i miei figli portano due nuovi agenti patogeni a settimana e se li becca tutti mia moglie, quindi non riesco mai a vedere un concerto a Roma. Ormai sono quasi un paramedico.

bodyfarm

Per non fare sempre il solito stronzo di Metal Skunk che arriva in ritardo e si perde il primo gruppo, prendo un treno che avrebbe dovuto riportarmi a Termini alle 20:00. Arrivo dopo le 21, ancora incravattato. Degli HELLERUIN ascolto quindi solo l’ultimo pezzo. Traversa mi assicura che hanno spaccato. Sui BODYFARM, anch’essi olandesi, nutrivo discrete aspettative. Sono uno dei gruppi più interessanti usciti negli ultimi anni dai Paesi Bassi, terra che in campo death metal ha sempre avuto parecchio da dire. Nel 2019 è passato a miglior vita il frontman Thomas Wouters e due anni dopo è uscito l’altro cofondatore, il batterista Quint Meerbeek. L’ultimo album Ultimate Abomination mi è piaciuto parecchio, anche se non so quanto ancora si possano spingere verso una formula più tecnica e ricercata. Dal vivo sono rudi e dritti al punto, tupa tupa e pedalare, e va benissimo così. Io ci trovo il groove dei Jungle Rot con molta meno vena thrash. Traversa dice che gli ricordano i Carcass, per certe melodie chitarristiche. Tola mi scrive che li ha graditi e gli hanno ricordato i vecchi Unleashed. È un po’ come la storia dei ciechi e dell’elefante ma forse ci ha preso di più lui. La formazione è molto rimescolata, quindi c’è qualcosa che manca in termini di amalgama rispetto al potenziale dei pezzi in studio. Però divertono, e quando staccano un paio di altre canzoni le avresti sentite.

destroyer666

I DESTROYER 666 non si possono non amare a prescindere. KK Warslut, proveniente dai kultissimi Bestial Warlust, che Metal Archives dà per riformati come trio (nell’orrendo poster di Grind Zone che avevo attaccato in camera a 15 anni mi pare fossero in cinque), è uno dei massimi rappresentanti dell’approccio australiano all’heavy metal, che fa venire in mente tutti quegli animali pericolosissimi di cui pullula quell’affascinante continente. Come Rok dei Sadistik Exekution, altro grande maestro di vita d’Oceania. Enrico, giunto nel frattempo insieme a Max Greco, dice che sono un gol a porta vuota. Perché è impossibile non scapocciare e sentirsi felicissimi con questo black/thrash motorheadiano che ogni tanto si permette qualche soluzione un pelo più raffinata per spezzare il ritmo. Come Pitch Black Night, dal nuovo disco di cui vi ha parlato stamane Belardi. Ignoranza e padronanza, è la sintesi di Traversa. La doppietta iniziale Never Surrender/ Wildfire è sufficiente a stendere. Lone Wolf Winter è un altro momento altissimo. Satanic Speed Metal ci manda a casa con un sorriso scemo. Nel frattempo non ho ancora mangiato nulla e alle due del mattino, di fronte allo sguardo disgustato di Traversa, mangio un maleodorante pezzo di pizza broccoli e salsiccia che il sordido kebabbaro di Vitinia stava per buttare nella spazzatura. Il giorno dopo però non mi succede niente. I Destroyer 666 rafforzano il sistema immunitario. (Ciccio Russo)

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