Sguazzare nel marciume sudamericano coi CONDENADOS – El Camino de la Serpiente

Torniamo a buttare un orecchio sulla scena doom sudamericana, ma stavolta ci spostiamo in Cile. Paese che sull’argomento sa il fatto suo, con band come i Procession e i Capilla Ardiente di Felipe Plaza. Oggi ci occupiamo dei Condenados, che sono in giro da un bel po’ e che forse non hanno ancora dimostrato i numeri per farsi notare Oltreoceano. Però a proposito di questo El Camino de la Serpiente non c’è nulla di cui lamentarsi. Primo disco interamente in lingua spagnuola, formazione basica a tre: basso, chitarra e batteria. In foto, per lo meno, perché poi Metal Archives menziona a questo turno solo due musicisti, Fernando Vidal alle sei corde (più quelle vocali) e Matías Hernandez ad occuparsi della sezione ritmica in toto. Quest’ultimo pare abbia abbia fatto parte, dal vivo, dei canadesi Cauchemar, che conosciamo bene. Curioso pensare che la scena doom underground possa essere incestuosa anche tra band distanti migliaia di chilometri. Ma torniamo al disco, però. Spero vi piaccia quell’aria ispanica, nella musica del Capro. Perché di questo stiamo parlando.
Il riferimento principale, a occhio e croce (rovesciata) è la triade del doom statunitense (volete i nomi?). In particolare gli Obsessed. Specie per quelle derive quasi punk/hardcore, come in El Carro y la Torre. Assoli pochi, in verità. Il suono spiazza, perché è rozzo, a bassa fedeltà, poco fuzzoso. In Mi Maldición mi fa venire in mente quello di Wretch, ovvero dei Kyuss prima di Chris Goss. Non è il primo disco che andrei a prendere se mi chiedessero come dovrebbe suonare un disco doom. Però funziona. Perché, ripeto, i Condenados sono sporchi, impolverati e suonano molto DYI, con in più, appunto, quell’indolenza maschia dello stoner sudamericano. Non sarà un disco da antologia, però gira per bene. I numeri li ha. Tipo in El Diablo, bel riff e ritornello concitati e mefistofelici, in Humo Negro (molto Natas), nell’ultima Lucifer. Ora, non so se davvero chiunque se lo possa godere appieno. Serve quel minimo di predisposizione per quel suono, approccio, cantato. Io però in roba così ci sguazzo. (Lorenzo Centini)