Epicus Doomicus Hispanicus: il debutto degli HELEH promette benissimo

Un doom metal epico, gotico, latino (o per meglio dire ispanico). Praticamente un concentrato di parafilie musicali da fare spavento già sulla carta. Proviene dalla lontana Argentina questo piccolo esordio gigantesco degli HelèH. Della band si sa nulla o quasi. Neanche Metal Archives riporta foto dei membri. Per dire, ho provato a cercare “Gonzalo Civita singer” su Google e la prima cosa che ha trovato è stato J-Ax. Non so se avete presente quanto cinico e bastardo possa essere internet, altro che. Gonzalo Civita, dicevo, il cantante, quello che ci mette la hispanidad perché canta nell’idioma di Martin Fierro, Héctor Oesterheld e Carlos Tevez. E perché lo fa in quel modo, il modo di cantare magniloquente del rock argentino, non so se avete presente. Fluido, barocco, sopra le righe. Perlomeno quando va sul pulito, quindi a parte qualche momento growl. Growl, già, perché sotto la musica è pesantissima, lentissima, nerissima, spesso a poco così dalla drone music, ma senza mai perdere in realtà il battito cardiaco. Ed il pulsare infatti non si interrompe mai. Quando poi si esce dalle paludi più marce e profonde, l’intensità epica di certi crescendo spezza quasi il fiato.

È un disco breve, questo, compatto. Cinque brani in trentotto minuti. Per qualcuno quasi un EP e di certo non paragonabile a certe prove di resistenza funebri. Saggio, meglio lasciare sete con qualche minuto in meno, secondo me. E di sete, in un deserto così arido, gli HelèH ne fanno venire. Prendete la migliore del lotto, Armar, pensate al tempo che si prende per costruire lentamente un crescendo emotivo impressionante. La melodia finale di chitarra poi può forse farvi tornare in mente le atmosfere di quella triade inglese che abbiamo omaggiato proprio di recente. Suggestioni in realtà già dichiarate nell’incipit del disco, con un altro brano eccellente dall’eloquente titolo Réquiem, ma poi come dicevamo mitigate dall’interpretazione sofferta, sì, ma calda, di Gonzalo Civita. Che in realtà guida tutta la prima parte del disco, tracciando una narrazione che poi, nei capitoli finali, si fa meno intelligibile. Chiaro che poi ci sia quello straniamento esotico per i meno abituati al cantato in lingua spagnuola, l’effetto Heroes del Silencio, non so se mi spiego. Gran gruppo, gli HdS. Beh, comunque, se lo spagnuolo non fa per voi non datevi per vinti. Per ora un esordio gigante, nel suo piccolo. Chissà che da qui non parta la storia di una band che seguiremo con molta attenzione. (Lorenzo Centini)

One comment

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...