Piuttosto che niente, meglio piuttosto: brevi pillole su alcune nuove uscite

ABSTRACT VOID – Wishdream
Abstract Void, ovvero quando lo scienziato pazzo, nella sua cantina, tra alambicchi e strani macchinari, decide di mettere insieme gli elementi della synthwave e quelli del black metal atmosferico e, invece di saltare in aria in una nuvola di fumo blu, sintetizza un disco assurdo e coraggioso. Una volta compresone l’ardimento, riuscirete difficilmente a togliervelo dalla testa.
ARJEN ANTHONY LUCASSEN’S STAR ONE – Revel in Time
Più che in una pillola bisognerebbe parlarne in un libro dedicato. Come al solito Lucassen tira fuori un disco lunghissimo (questa volta di più perché parliamo di un doppio da un’ora l’uno), prodotto in modo superbo (questa volta anche meglio), con la solita sfilza di invitati famosi (questa volta il doppio del solito) che ne rende impossibile la menzione, oltre agli aficionados Dan Swanö, Russell Allen e Floor Jansen. Vi ho sentito dentro tantissimo dei primi Symphony X, Rising Force e Alcatrazz. Ci siamo capiti, no?
I AM THE NIGHT – While the Gods are Sleeping
Primo full per questi quattro finlandesi non propriamente alle prime armi: Janne Markkanen era il bassista storico degli Omnium Gatherum, Waltteri Väyrynen è in giro da parecchio ed è l’attuale batterista dei Paradise Lost, Markus Vanhala l’anima dei succitati Omnium Gatherum e da molti anni chitarra degli Insomnium, Okko Solanterä quello apparentemente con meno esperienze nel CV ma cantante con i fiocchi. Citazioni, citazioni e ancora citazioni. E allora? Ascolto a dir poco gustoso.
KVAEN – The Great Below
Non li ho nominati sopra perché da qui in avanti mi toccherà farlo più e più volte. Ebbene sì, ancora Dissection, ancora citazioni, ancora dischi che aprono i culi in due perfette sezioni. Secondo album per la creatura di mr. Jakob Björnfot, più tosto e cazzimmoso dell’esordio. Meglio o peggio non saprei dire: spaccava quello, spacca questo. Sulphur Fire è pezzo dell’anno. Dove c’è Dissection c’è casa.
MARRASMIELI – Martaiden Mailta
Ancora Finlandia, ancora buona musica. La natura e il paganesimo ne sono costante ispirazione. Due anime per i Marrasmieli: una black-folk, con la quale si dimostrano ottimi seguaci di una più che matura corrente musicale; una viking, grazie alla quale si dimostrano ancora più efficaci. È proprio quando poggiano i loro piedi sulle orme di Falkenbach che scatta la vera magia: The Oaks of England e Far in the Frozen North, i due brani finali che da soli valgono tutto il viaggio.
NITE – Voices of the Kronian Moon
Prendete degli LP a caso di Blue Öyster Cult, roba NWOBHM e Manilla Road e metteteli nel forno a 180° per 4 ore. Fatto? Prendete l’impasto e facendo attenzione ad ustionarvi per benino stendete il composto, dandogli a sua volta forma di disco e lasciate essiccare per 75 anni. Fatto? Ingaggiate un cantante al quale per 5 lustri avete fatto bere solo acido muriatico, più altri tizi di San Francisco e andate presso lo studio di registrazione più vicino a voi. Fatto? Dopodiché prendete della colla vinilica e applicate sopra al prodotto finale con tutta la forza che avete delle immagini care ai concetti di occultismo e science fiction. Fatto? Basta cazzate: al momento Voices of the Kronian Moon è disco dell’anno.
SLAEGT – Goddess
Scoperti con l’EP Beautiful and Damned, recensito pure qui da qualche parte, ho continuato a seguirne le gesta con interesse fino ad oggi in cui li vedo molto più vicini ai Tribulation che ai Dissection. Ciò mi lascia un po’ basito. Supererò la cosa in qualche modo, state pur tranquilli.
THE SPIRIT – Of Clarity and Galactic Structures
La guerra dei cloni vedrà un solo vincitore sulla scena e alla fine la probabilità che sarà proprio un disco dei The Spirit a prevalere è altissima. Che poi escono pure tutti insieme: chissà se lo fanno apposta per mettersi i bastoni tra le ruote. Se qualcuno qui sopra vuole fare a gara di dissectioness coi The Spirit sappia che uscirne con i denti a posto è difficilissimo. Per me vincono loro a mani basse, anche perché dopo un Cosmic Terror, che fu tra i migliori dischi del 2020 per i tizi di Metal Skunk, tenere alto lo standard è impresa non da tutti. Dissection vuol dire fiducia.
SYLVAINE – Nova
Polistrumentista norvegese che fa blackgaze. Ha una bella voce, le atmosfere sono stupende, il disco suona vero e sentito, non c’è nulla di forzato e nessuna apparente emulazione di questo e quello, anche se non citare gli Alcest sarebbe impossibile. Magia, misticismo, spiritualità, insomma i concetti classici del genere. Se vi va di prendervi una pausa dal mondo e riflettere su cose più alte questo è il disco giusto.
VIOLENTOR – Manifesto di Odio
Se invece volete calarvi nella brutalità e nello squallore che ci circonda questo è il disco giusto. Quando Alessio ci anticipò che il nuovo disco sarebbe stato cantato tutto in italiano, considerato il periodo storico e il contesto che lo aveva motivato a vomitare fuori tutto, beh la curiosità divenne forte. “Devo solo dire delle cose prima di svegliarmi in un posto più buio del buco del culo”, questa la motivazione. La nausea nei confronti della propaganda e delle “dottrine dell’ipocrisia”, questo il contesto. Di fronte a dischi di questo tipo la cosiddetta critica musicale non deve perdersi in chiacchiere: se ‘sta roba vi piace, alzate il volume fino a spaccare le casse e poi andate affanculo. Se ‘sta roba non vi piace, andate affanculo e basta. (Charles)
Devo ancora sentire alcune delle segnalazioni che non conosco.
Pongo però una domanda esiziale : bello il pezzo I Am The Night, ma che senso ha?
Il pezzo è al limite del plagio e, per quanto mi piaccia sentire echi dei Dissection e apprezzi che abbia lasciato una “legacy” molto forte nel mondo musicale metallico, ascolto la canzone e non riesco proprio ad esaltarmi.
Perché alla fine mi viene da rimettere su Somberlain o Storm of the Light’s Bane. Perché vincono a mani basse comunque su ogni pezzo degli I Am The Night o dei Thulcandra (altro clone).
Mi rendo conto che poi ci siano i gusti e che alla fine se mi mettessi a contare i figli (legittimi o meno) dei Metallica stiamo qui mezza giornata con l’elenco, però non riesco proprio a capire che senso abbia.
Sento l’influenza di Jon, ma ho meno la sensazione di plagio nei The Spirit e ringrazio per la segnalazione.
Idem per gli Kvaen, che mi sembrano più ancorati a canoni propriamente black e meno Dissection.
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I Dissection sono stati uno dei gruppi più importanti della mia vita. Attualmente la questione è più o meno la stessa, trasversalmente. Prendere spunto aggiungendo del proprio. Qualcuno ci riesce, molti altri no.
Passo oltre, perché vorrei segnalare qualcosa di molto, molto bello. Qualcosa che viene dalla vecchia guardia. Immagino che molti di quelli che bazzicano questi lidi conoscano abbastanza bene i Necrophobic. C’è ancora gente che crede debbano molto ai Dissection, d’altro canto. No. Non è così. Ripercorrete la storia. Documentatevi. E soprattutto smettetela di mitizzare (solo) i morti. C’è un uomo vivo e vegeto che dal 1996, in sostituzione di David Parland, continua a scrivere pagine importanti, brillanti, splendide di metal estremo. Passione, scrittura, tecnica chitarristica sopra, molto sopra le righe. Sebastian Ramstedt è colui che ha scritto il 70, 80% del materiale della band da Darkside in poi. Sebastian Ramstedt è una persona schiva, un antidivo, un talento assoluto anche dal punto di vista intellettuale. In una vecchia intervista, defilandosi dal tentativo di rendersi protagonista, ricordava commosso l’importanza di David Parland per ciò che gli ha trasmesso con la sua eredità.
Sebastian RamsteDT è la metà o anche meno del mito di Jon NoDTveiDT. Perché è vivo, anzitutto. Lo sottolineo. E perché non è un divo. Lo ribadisco.
Sebastian Ramstedt ha scritto quasi per intero un disco straordinario quest’anno. Un disco che non porta il monicker Necrophobic.
Si è fatto accompagnare da un’altra ascia fidata (Joan Bargeback) e dal batterista dei Cryptosis. Perlopiù qui canta (molto bene) e suona il basso (ancora meglio).
In Aphelion – Moribund
Fatevi un favore. Compratelo.
Sebastian Ramstedt è un genio.
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Quoto un buon 90% di quanto scritto. Il rimanente 10 è il disco degli In Aphelion, che – nonostante abbia tentato più volte – non riesco ad apprezzare. Lo trovo forzato, ridondante, talvolta zuccherosamente melodico talvolta violento dove non sarebbe necessario. Ne hanno scritto/detto tutti mirabilie di questo disco. Quindi ovviamente l’ho comprato, senza neanche pensarci troppo. Mi permetto di consigliare agli interessati di ascoltarlo bene prima di scucire dei soldi per averne una copia.
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Belli questi In Aphelion, al pari degli altri cloni
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Hai ragione sul fatto che i The Spirit siano i migliori tra i gruppi che proponi. Ma io i Dissection non ce li sento più in questo loro terzo album. Ci sento altro di derivativo e al contempo un tentativo di virare su lidi maggiormente soggettivi. Non sono ancora pienamente a fuoco, però. Mi aspettavo uno scatto ulteriore e forse a questo punto è tardi (per essere veramente grandi, intendo).
Sugli In Aphelion: Ramstedt ha clonato se stesso allargando solo in po’ lo spettro delle influenze iniettabili nel disco. Principalmente per un motivo: quando compone per i Necrophobic, a proposito di spettri, parla con quello di David Parland. E se non approva lui, Sebastian si rimette nei binari.
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Abstract Void. Un progetto che sembra essere nato a tarda ora intorno al tavolo di una birreria: “scommettete che riesco a fondere il Black Metal con la synth wave?”. Purtroppo invece sarà nato su un forum per incel o su un qualche social media di cui ignoro l’esistenza. Napalm.
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