Dieci dischi per gli anni Dieci: Piero Tola

Fare una top ten del decennio appena conclusosi, come richiesto alla redazione dall’Obersturmführer Bargonen, è per ovvie ragioni assai meno complicato di una sanguinosa ragionata sugli anni Ottanta e Novanta, di cui ci siamo abbondantemente occupati con rubriche varie ed iniziative estemporanee su queste pagine. Le annate buone sono talmente rare in questo decennio che l’operazione è piuttosto immediata. La discriminante è semplice: si tratta di un disco che si ascolta ancora con piacere a distanza di anni? Se sì, bingo.

Noi uomini di Metal Skunk, che non dobbiamo chiedere mai, siamo poco avvezzi alle classifiche e i countdown, roba che lascerei più a Kerrang!, Vice, o altre testate per gente che usa termini come cringe o boomer. Però, se proprio devo rendere l’idea, ecco quale sarebbe il conto alla rovescia del sottoscritto:

10) JUDAS PRIEST – Firepower

Tanto erano deboli e assolutamente privi di fattori di interesse i precedenti dischi dagli anni Novanta in poi, tanto questo Firepower è potente e indelebile. Viene da chiedersi se sia a causa dell’innesto di gente “giovane” come Richie Faulkner (come fu per Scott Travis all’epoca di Painkiller) o del lavorare con uno cazzuto come Andy Sneap, che in tema di produzioni sa il fatto suo. Infatti il suono di Firepower è roboante e i pezzi spaccano, praticamente senza filler. La title track è una bomba. Le chitarre sono una bomba. Rob Halford è ancora una bomba. Che è una bomba l’abbiamo detto di sto disco? Da rimettere su periodicamente.

9) ENFORCER – Death by Fire

Death by Fire è la dimostrazione di forza grezza ed energia pura che solo un ventenne possiede. Pura reincarnazione dell’athletic rock di raveniana memoria e dell’elettricità dei primissimi Metallica, gli Enforcer qua fanno venire voglia non solo di scuotere i pugni chiusi al cielo, ma anche di saltare nel frattempo. Colonna sonora ideale delle sessioni di jogging più estreme o di attività fisiche pesanti in generale (ricordo un’uscita anni fa che doveva essere una semplice tapasciata di 7 km nel centro di Cracovia e che si è trasformata in una mezza maratona di 22 km scandita da Death by Fire a ripetizione), questo album può essere paragonato più o meno ad una palla di fuoco a 18000 gradi (cit.).

8) GOATSNAKE – Black Age Blues

Ditemi quali gruppi, tra quelli tornati in attività dopo un decennio o più di stop, sono riusciti a fare meglio di quanto fecero nella rispettiva epoca cosidetta “d’oro”. I Goatsnake ci sono riusciti alla grande. Il loro stile tipicamente ibrido tra il doom più lento e cupo e la tradizione americana del blues del Delta, il gospel ed altri generi tipicamente sudisti è una delle commistioni più originali sentite negli ultimi decenni, e Black Age Blues è semplicemente perfetto e curato in ogni minimo dettaglio. Un gioiello che a distanza di qualche anno è ancora sul piatto che gira ed emette pesanti onde sonore facendo vibrare il pavimento, se sentito come si deve a tutto volume.

7) JACK STARR’S BURNING STARR – Stand Your Ground

Il buon vecchio Jack Starr ci consegna un disco di granito e di puro heavy metal a tinte epiche, con una formazione d’acciaio che include quel macigno di Rhino (ex-Manowar) dietro alle pelli e il prodigioso Todd Michael Hall, ovvero uno dei cantanti più richiesti (e dotati) della scena intera. Il risultato non può che essere una manciata di pezzi indimenticabili, ballad comprese, e tanti riff e melodie ispirate, a complemento di inni guerreschi che non usciranno più dalla vostra testa, tanto è vero che a quattro anni di distanza dall’uscita ancora girano regolarmente sullo stereo. Impietoso il confronto se si paragona Jack Starr oggi con la sua storica nemesi, ovvero Dave DeFeis e i suoi attualmente imbarazzanti Virgin Steele.

6) SAINT VITUS – Lillie: F-65

Uno di quei gruppi che a distanza di anni sono tornati per spaccare culi sono sicuramente i Saint Vitus, la cui incarnazione precedente a questo gioiello di puro doom metal e disperazione fatta musica morì più o meno nel 1995, con un altro capolavoro assoluto, di cui già parlammo. Sembra quasi non sia passato un ventennio tra quel disco e Lillie: F-65, tale è l’importanza che ancora oggi rivestono i Saint Vitus, forse uno di quei due gruppi che dagli anni Ottanta hanno sempre qualcosa da dire a voce alta e che quando parlano tutti devono stare zitti e ascoltare. L’altro gruppo sarebbero i…

5) VOIVOD – The Wake

Come cazzo facciano ad essere ancora la forza trainante del metal veloce e progressivo al tempo stesso dopo tutti questi anni ancora me lo chiedo. Ma credo di aver trovato la risposta: un ambiente creativo ed un’intelligenza che non ha mai smesso di essere forse la più fertile in ambito metal tutto, consentendo a nuovi innesti nella formazione, come Daniel Mongrain (una boccata d’aria freschissima) di ambientarsi alla perfezione e di portare un contributo pesante nel trasmettere in musica le inquietanti visioni del cervellone del buon Away.

4) ATLANTEAN KODEX – The White Goddess

Sono stato indeciso fino all’ultimo se mettere due dischi degli Atlantean Kodex in questa lista, e forse The Course of Empire avrebbe meritato qualche posizione addietro. Tuttavia, gli Atlantean Kodex si piazzano comunque appena fuori dal podio con lo sbalorditivo The White Goddess, che è semplicemente l’opera più maestosa del decennio. Sol Invictus è probabilmente il pezzo più epico mai scritto dai tempi di Twilight of the Gods del buon Quorthon, che se fosse ancora vivo probabilmente li eleggerebbe a suo gruppo preferito. Semplicemente di un’altra epoca e di un altro lignaggio rispetto alla concorrenza attuale.

3) SLEAFORD MODS – Chubbed Up

Gli Sleaford Mods sono la colonna sonora della crisi economica più nera dal dopoguerra in poi. I menestrelli della rassegnazione di chi non riesce ad arrivare a fine mese vivendo coi sussidi, senza più speranza nel futuro, tra una latta di Strongbow calda e un pacchetto di Marlboro. Sono stato indeciso fino a poche ore fa se includere questo disco o Austerity Dogs nella lista, e alla fine ho optato per quella che è una raccolta di outtakes e 7″, che sono però dodici violentissimi cazzotti in faccia, nauseanti e devastanti come poca musica sentita negli ultimi venti-trenta anni, e che ben riassumono l’attitudine del duo di Nottingham. Ironia ferocissima e sempre pronti a fare a pezzi celebrità e politicanti populisti da quattro soldi, gli Sleaford Mods sono potenti e sul pezzo come poteva esserlo il miglior rapper newyorchese nel 1993 o i Sex Pistols nel 1977.

2) UNCLE ACID & THE DEADBEATS – The Night Creeper

La formula degli Uncle Acid è semplicemente una delle cose più geniali capitate alla scena rock e metal degli anni Dieci. Dopo cinque dischi continuano ad essere il fenomeno del momento, e dal vivo sono tranquillamente il gruppo migliore che ho visto tra quelli di più recente costituzione. È però The Night Creeper che secondo me svetta nella loro produzione. Lo zenit assoluto finora. Il loro suono tipicamente british affonda le radici nel beat e lo riporta nel ventunesimo secolo per mezzo di un doom acido e originalissimo, condito da un immaginario horror veramente stilosissimo.

1) TIMECOP 1983 – Night Drive

Il disco più emozionante del decennio è quindi di un produttore olandese, tale Jordy Leenaerts, che dopo tre album bellissimi riesce a trovare la quadra e dare luce alla raccolta di pezzi più struggente ed elettrizzante degli anni Dieci in ambito synthwave, genere diventato ormai popolarissimo. Night Drive fa letteralmente venire la pelle d’oca, e i suoni nitidi e perfetti degli undici pezzi che contiene il disco vi manderanno in trance. Assolutamente soprannaturale.

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