Avere vent’anni: FREEDOM CALL – Stairway to Fairyland
Non conobbi i Freedom Call al debutto bensì durante il tour del disco successivo, dopo un concerto fenomenale in cui suonarono di spalla a Virgin Steele ed Hammerfall. Ascoltarli dal vivo fu piuttosto scioccante, suppongo in senso positivo, ma fu quando mi misi ad ascoltare i primi due album che compresi di trovarmi di fronte a qualcosa che non avevo mai sentito prima. Nello specifico non c’era nulla in Stairway to Fairyland che rappresentasse una netta frattura con la tradizione helloweeniana, da un punto di vista stilistico: ciò che rendeva i Freedom Call un gruppo così particolare era l’assoluta mancanza di pudore. Fino a quel momento, l’attitudine irriverente e scanzonata del power metal tedesco si declinava nelle melodie spensierate dei due Keeper, nei cori da osteria da cantare con sorriso sulle labbra e birrone in mano, nei riff presi di peso dalle canzoncine bavaresi; ma era sempre presente, e rivendicata, l’identità metal che dagli Accept e dai Running Wild arrivava fino ai Judas Priest e, volendo, agli Iron Maiden. Insomma, seguaci e cloni di Kai Hansen ci tenevano ad essere considerati metallari, cercando di non perdere mai il filo con la tradizione classica del metal europeo: non importa quanto poi ci riuscissero, o quanto in certi casi risultassero poco credibili: intanto loro ci provavano, prendendo tendenzialmente molto sul serio la cosa.
Coi Freedom Call si arrivò all’inevitabile fase successiva. Inevitabile perché prima o poi qualcuno ci sarebbe arrivato, e in questo caso è una fortuna che a farlo sia stato un compositore talentuoso come Chris Bay. Nei Freedom Call la tradizione ottantiana non esiste più; o meglio: la tradizione a cui allacciarsi è rappresentata proprio dai Gamma Ray e dal power crucco novantiano, e tutto quello che c’era prima viene filtrato attraverso questo passaggio, senza un rapporto diretto con la fonte primaria. È la definizione stessa di nuova generazione.
Stairway to Fairyland è un titolo programmatico. Non c’è modo migliore di spiegare lo stato mentale che ti provoca il disco se non come un’immersione psichedelica nel mondo delle fate. Se per descrivere l’heavy metal si usa solitamente l’espressione metallo fuso, coi Freedom Call si può parlare di melassa gelatinosa, un informe blob zuccherosissimo e coloratissimo in cui galleggiare euforici. L’epicità, seppur onnipresente, non ha nulla di marziale o aggressivo, essendo affidata a linee melodiche degne di un cartone animato per bimbi in età prescolare e sostenuto dalle loro ormai famose trombette. Che poi anche gli altri gruppi power sembrava facessero sigle di cartoni animati, ma ci si riferiva a cartoni diversi, tipo non so, i Cavalieri dello Zodiaco e L’Uomo Tigre; qui siamo più dalle parti di Hello Spank, Gigi la Trottola o i Teletubbies. I Teletubbies, soprattutto: un mondo dai colori accesi e innaturali, in cui personaggi bidimensionali zompettano con lo zucchero filato in mano canticchiando melodie su arcobaleni, unicorni, spade magiche ed eserciti votati al bene che marciano una marcia gioiosa per sconfiggere le forze del Male con la forza abbagliante del proprio sorriso. Sono sollevato dal fatto che probabilmente voi che leggete già conoscete i Freedom Call, perché questo sarebbe uno dei casi in cui descrivere esattamente un album diventa impossibile.
Qui comunque ci sono alcuni dei migliori pezzi mai scritti dai Freedom Call, tra cui soprattutto l’inno We Are One, la struggente Hymn to the Brave, che è la classica canzone che ai concerti fanno durare il doppio per far cantare il pubblico, e poi ancora Fairyland, Shine On fino a Tears Falling, che ho avuto per due anni come suoneria del cellulare, giusto per mettere in chiaro le cose nei posti affollati. Stairway to Fairyland non è il miglior disco firmato da Chris Bay, anche a causa di una produzione fuori fuoco, ma rimane comunque una pietra miliare dal punto di vista concettuale, dopo il quale il genere di riferimento amplierà la propria definizione: una specie di Reign in Blood dell’oratorio, diciamo. (barg)
Ammetto che ascoltare we are one con l’animazione dei Teletubbies mi ha preso bene !
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Cazzo, dopo averti letto l’ho fatto anch’io ed effettivamente è stato un trip!
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Trainspotting a me dei Freedom Call fotte sega, ma per qualche mio problema mentale sento sempre un bisogno piuttosto forte di leggere qualsiasi tuo articolo al riguardo..
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