MONSTROSITY – The Passage Of Existence
Essere formalmente perfetto e allo stesso tempo bruttino non è cosa facile per un album. Il problema è principalmente il nome stampato in copertina. Millennium è stato senza dubbio uno dei più bei dischi death metal di sempre, e i Monstrosity furono trampolino di lancio per gente osannata piuttosto dalle parti di Cynic, Death o Cannibal Corpse. È impossibile parlare di questa band facendo paragoni concreti, perché il solo batterista e leader Lee Harrison è reduce del loro percorso attraverso gli anni Novanta. In poche parole, è come se la cover band dei Monstrosity, portata avanti in maniera ostinata da un solo membro, continuasse a scrivere musica attinente a distanza di oltre un ventennio dall’album più celebre, ma con interpreti completamente diversi. Eccetto, appunto, il suo batterista, la figura responsabile di aver tracciato più e più volte una linea, per ricominciare una storia che gli avrebbe causato non pochi problemi. Alla voce c’è uno con un cognome pazzesco e che mi ricorda vagamente i Suffocation, solo più spompato e di minore personalità. Altrimenti, tanto per cominciare, non mi avrebbe fatto pensare a Frank Mullen. Il resto della line-up si comporta benone (il chitarrista Mark English di recente ha pure sostituito Jack Owen nei Deicide. Però è una enorme cazzata, quella di dover confrontare The Passage Of Existence con tutto quanto il resto, esclusi semmai Rise To Power – che con esso condivideva perlomeno la sezione ritmica – e l’album precedente, che solo nei giorni scorsi mi sono accorto fosse uscito più di dieci anni fa. E lì mi si sono triplicati all’istante i capelli bianchi in testa.
Il nuovo Monstrosity ha la stessa identica line-up di Spiritual Apocalypse, è un filino meno cattivo e più ragionato di esso, e ci sono alcune cose – comunque poche – per cui glielo preferisco. Non la produzione, più ripulita e con una batteria che non mi piace per niente, ma la saggezza con cui i veterani americani hanno deciso ancora una volta di dosare perfettamente tecnica, velocità ed uso dei blast-beat. Lo shredding c’è ma non finisce mai per risultare stucchevole; The Passage Of Existence è un album sostanzialmente sparato che solo in sporadici capitoli come The Poselygeist punta tutto sulle mid-tempo.
Non si tratta neanche di uno di quei dischi death metal in cui la matematica prevede un break centrale rallentato e tutto quanto il resto settato a duecento all’ora. Non c’è una schematicità ripetitiva, motivo per cui continuerai con l’ascolto senza provare un particolare affanno. Inoltre i blast beat, ciò a cui le band death metal odierne non riescono proprio a rinunciare, stanno esattamente dove dovrebbero: non uno di troppo, quindi in sostanza non un disco con un carattere esibizionista. Un album che piuttosto profuma di metà anni Novanta, ahimè suoni a parte, per l’atteggiamento col quale è stato composto e per l’attitudine old-school di buona parte del riffing. Il problema è che, nonostante la presenza di alcuni pezzi davvero interessanti come Maelstrom o Radiated – il cui attacco feroce mi ha ricordato non so perché quello di Satanas dei Sarcofago – si giunge al termine con la sensazione di aver fruito di un prodotto appena sopra la media. Ma c’è scritto sopra Monstrosity, e questo implica standard che non sono più stati rispettati dai tempi del tanto osannato In Dark Purity, a mio avviso un semplice buon disco che già non reggeva il confronto coi due che lo precedevano. Forse gli preferisco Rise To Power, per la sua essenza cupa e il medesimo senso di continuità.
Nel caso di The Passage of Existence, i paragoni devono essere solo ed esclusivamente rivolti al lavoro del 2007, che è di un livello sicuramente simile e non mi accontentava a sua volta del tutto. I miglioramenti comunque ci sono e riguardano principalmente il dinamismo: adesso occorre tirare fuori pezzi meno freddi e maggiormente abili nel colpire alla prima occasione; e sono quelli, proprio quelli, ad essersi fermati ai primi due, massimo tre dischi della band. Ma per favore, non parlate di un brutto album: a quello ci hanno già pensato i Deicide.
Infatti non è brutto, magari lo era solo il primo brano pubblicato in anteprima. Tutti questi big (tra il 2017 e oggi: Monstrosity, Deicide, At The Gates, Morbid Angel, Suffocation) alle prese con nuovi dischi appena sopra la media (nel migliore dei casi) mi fa pensare che forse non sanno più come toccare il punto G del death metal ed è il caso di cercare altrove.
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bentornati ! a me continuano a piacermi.
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Concordo al 100%, tranne che con una cosa…come cazzo fate a dire che l’ultimo Deicide è brutto lo sapete solo voi…boh, de gustibus
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