Tre dischi per riprendersi dai bagordi: AEON, INCANTATION e DESTRUCTION
Ok, ragazzi, giù le maschere, smettiamo per un attimo i panni degli italiani stufi e rassegnati che annegano nel Fernet Branca (preferite il Montenegro?) i dispiaceri derivanti dalla vita in una nazione che è l’ombra di sé stessa da troppo tempo, piantiamola con questo pessimismo populista e dedichiamoci ad un’attività sana, costruttiva e produttiva… Fermi, rimettete la mano destra sul mouse, mi avete frainteso. Sto parlando dell’esterofilia. Sì, perché se qui nel Bel Paese le cose stanno assumendo di giorno in giorno il colorito delle feci, altrove c’è da star contenti. Guardate per esempio in Svezia. Questi, oltre a vantare una delle faune femminili migliori del globo terracqueo, c’hanno pure gli Aeon, che se ne sono appena usciti con un nuovo full bello bello zarro zarro a nome Aeons Black. La formula (chevvelodicoaffà) è sempre la stessa: death metal di matrice americana che ti pare di guidare un Hummer anche mentre sei al volante della Panda vecchia della zia, Deicide e Morbid Angel che fanno cucù qua e là a sbafo, Bafometti e cristiani appesi a testa in giù come se piovesse e la solita, salutare quantità di schiaffoni a man rovescia ai quali i Nostri ci hanno abituati da tempo. Per quanto mi riguarda la crescita dal precedente Path Of Fire è evidente, complici alcuni cambi di line-up che, se da un lato non hanno snaturato il suono della band, dall’altro hanno apportato nuova linfa a una vena compositiva che si stava preoccupantemente assopendo. Un gradito ritorno, quindi.
Ma non è ancora il momento di tornare a casuccia nostra. Spostiamoci di qualche migliaio di chilometri per arrivare in quel di Johnstown, Pennsylvania, che, oltre ad ospitare un delizioso quadro del melting pot tipico statunitense, esporta da più di un ventennio un prodotto tipico estremamente gradito a noi ragazzoni brutti, capelloni e amanti degli ovini cornuti: gli Incantation. Il combo a stelle e strisce torna prepotentemente sulle scene dopo sei anni di silenzio (che per il sottoscritto sono stati dolorosissimi) con un titolo che sa di revanche: Vanquish In Vengeance. C’è poco da fare, esimi caprettari, questi non sbagliano un colpo neanche a farlo apposta, uno compra un disco degli Incantation e sa già cosa si troverà ad ascoltare: death sulfureo, inesorabile come la necrosi dei tessuti, maleodorante allo stesso modo e pregno di quell’attitudine che solo chi ha vissuto il genere dagli esordi può comprendere. Quando c’è la classe, non c’è trigger che tenga.
Siete stanchi? Avrete tutto il tempo di guardare Domenica In quando sarete morti, ora urge spostarsi in terra teutonica per l’ultima tappa del nostro viaggio (d)istruttivo e toccare con mano l’ultimo parto di un’altra realtà che non le manda a dire: i Destruction. Spiritual Genocide è la neonata creatura in casa Schmier-Mike-Vaaver e suona maledettamente bene. Thrash inquadrato e ignorante, pieno di quei chorus che a me personalmente mandano in delirio d’onnipotenza, come quando la tipa con cui ci provi dalla terza superiore te la vuole dare ma poi finisce malissimo perché lei in realtà è confusa, però intanto te la dà lo stesso e a te va bene uguale e… Insomma, avete capito no? Spiritual Genocide arriva sparato direttamente dagli anni d’oro del thrash di una volta, quello genuino e sentito. Peccato solo per la produzione, troppo pulitina, rassettata e priva di sbavature: è thrash, siete i Destruction, suonate con delle tizie mezze nude che si sbracciano e avete le copertine con il sosia di Maurizio Costanzo senza baffi che va in giro con una motosega, chi volete prendere in giro? A parte questo, il disco suona comunque bene e in auto farà la sua porca figura. Sì, perché i dischi thrash suonano sempre meglio in auto, SEMPRE, e, non importa quanto possiate provarci, non riuscirete mai a convincermi del contrario.
Bene, il viaggio è finito, tornate alle vostre case a sorbirvi l’orso impagliato con la voce di Abatantuono che fa pattinaggio sul ghiaccio; la triste realtà quotidiana è tornata per prendervi a sberle. Se cercate una via di fuga, ve ne ho appena proposte tre. Alla prossima. (Luca Bonetta)
Bel pezzo. Se la tipa della terza superiore, a suo tempo, me l’avesse anche data, l’apprezzerei anche di più, ma la colpa alla fine è solo mia, quindi zitto e pippe.
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Sottoscrivo il teorema sui dischi thrash in macchina, difatti io andavo a prendere mio fratello a scuola con i Megadeth, attirandomi le occhiatacce dei tamarri del posto. Public Enemy NO.1
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