Che Dio la benedoca: RIOT V – Mean Streets

Non ho avuto molto tempo per scrivere ultimamente e, nel caso di questa nuova uscita dei Riot V, è stato un bene, perché ho potuto ascoltarla con più attenzione. Se ricordate ne avevamo anticipato qualcosa, e il singolo High Noon ci aveva piacevolmente colpito per il suo ritmo travolgente e il ritornello cantabilissimo. Ma l’idea che mi ero fatto è che sarebbe stato un disco facile e frivolo. Facile forse, ma frivolo un cazzo: Mean Streets è un album che ha molto più spessore di quanto non appaia immediatamente, una volta superato l’ostacolo che possono inizialmente rappresentare la voce a volte troppo melliflua di Todd Michael Hall e una produzione elasticizzata e impersonale. I Riot (Riot V dopo la morte del chitarrista e compositore principale Mark Reale) sono uno dei gruppi più longevi della storia del metal, oltre ad essere anche quelli che hanno visto più avvicendamenti di musicisti, tanto che da molti anni non c’è più nessuno dei componenti originari. In ogni caso, si tratta di un gruppo che funziona straordinariamente bene e che continua a impegnarsi a suonare un heavy classico, ma anche abbastanza variegato.

Ascoltando il disco si avverte l’evidente matrice metal americana, che si esprime in due direttrici differenti, sempre a cavallo fra un power metal dalle velocità medio-alte, e dalla moderata complessità, e un hard rock più gigioneggiante, ripetitivo e paraculo. Potremmo definire questo un “power AOR”, se volessimo divertirci con l’ultimo dei sottogeneri possibili, ma non so se renda bene l’idea di quello che si sente. Tutti questi interrogativi che sovvengono sono, per quanto mi riguarda, un segnale che comunque qualcosa funziona per davvero in Mean Streets, che è un album degno di essere ascoltato più di una volta. C’è qualche momento francamente mediocre, per esempio le scontate e prevedibili Feel the Fire e Before This Time, oppure il tipico rock da guzzo di Lean into it, che possono dare proprio quell’impressione di eccessiva leggerezza, ma ci sono anche degli ottimi brani. Come la sgargiante opener Hail to the Warriors, la già citata High Noon, la più introspettiva Love Beyond the Grave, la maideniana Lost Dreams e anche l’ultima No More, dal piglio quasi epico.

Scontate dunque alcune inevitabili lungaggini e liquidata la produzione che non valorizza i numerosi punti di forza di questo diciottesimo album dei Riot (V), non si può che apprezzare Mean Streets come un bel lavoro diretto, accattivante, ma anche interessante, oltre che da ascoltare ad alto volume. (Stefano Mazza)

10 commenti

  • Mi lascia perplesso che diate tutto questo spazio a sti gruppi mediocri ai vent’anni di disci trascurabili e nessuno si sia preso la briga di recensire una bomba assoluta come il disco degli High on fire… mah. Alcuni poi non si possono proprio sentire o sono dei palesi cloni fi altri… doppio mah.

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  • i Riot non sono mediocri proprio per nulla. Anzi hanno raccolto briciole rispetto a quanto dato. Se poi non garbano, entra nei de gustibus, ma definirli mediocri ce ne passa… metti su thundersteel o inishmore e ne riparliamo.

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    • Ovviamente non mi riferivo al passato del gruppo, tuttavia il presente… non mi sembra che brillli particolarmente, non stiamo parlado di gente che ha ancora le palle fumanti come gli Accept o gli Overkill. Mi sembra il classico disco di un gruppo non decaduto del tutto ma nemmeno brillante come un tempo. Galleggiano a centrocampo, secondo me sta uscendo di meglio e lasciamo perdere altri dischi recensiti che fanno pure di peggio.

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      • Sono anche gusti però, io trovo Unleash the Fire e Armor of Light molto superiori a tutto quello che hanno fatto gli Accept dopo Blind Rage e gli Overkill sono sempre in gran forma, per carità, ma non tutti gli ultimi dischi sono così memorabili. Sul palco peraltro fanno paura, Todd Michael Hall è uno dei migliori cantanti heavy metal che abbia visto dal vivo.

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      • Ok, no problem, magari non era l’esempio più calzante però dai i cloni dei mercyful fate? I nerd camionisti, i gruppi retrothrash che ormai sono talmente tanti che non li distingui… Ripeto secondo me esce di meglio. Comunque i gusti personali siano sempre sacri. Era solo uno spunto di riflessione, sia chiaro, vi seguo da millenni e trovo che siate tra i migliori, sempre.

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      • Questo è un discorso un po’ più complesso: la “linea” del sito è data dai gusti di chi scrive e i contenuti sono quindi legati anche al tempo a disposizione dei vari scribacchini. A me dispiace molto, per esempio, che questo sito non tratti più il death metal in maniera approfondita, come invece fa da tempo con altri generi ma se io in questo momento riesco ad ascoltare e scrivere pochissimo e non abbiamo ancora trovato una persona adatta a “sostituirmi” il settore resta scoperto e altri sembrano sovrarappresentati. Se qualcuno ritiene di essere la persona giusta si faccia avanti, a proposito.

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      • Il problema del tempo lo capisco benissimo, devo dire che, con gli anni, è una piaga comune. Capisco anche il discorso dei gusti degli scribacchini, ci mancherebbe. In effetti un po’ più di death metal ci starebbe…

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  • L’unica cosa incomprensibile dei Riot è sempre stata la mascotte simbolo ( cazzo è, una foca monaca?) e le copertine inguardabili. Cmq tutti a osannare i classici Thundersteel, Narita, Fire down under, ma per me il migliore rimane The provilege of power cazzo con uno Jarzombeck assurdo alla batteria e un Reale in stato di grazia. Splendido anche l’ultimo ( si per me è l’ultimo visto che è il canto del cigno di Reale ) Immortal Soul.

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    • Io amo molto i dischi di metà anni ’90, quando se li filavano ancora un minimo solo in Giappone e quantomeno si sentivano liberi. The Brethren of the Long House e Inishmore sono tesori nascosti. Comunque Johnny non si tocca, è bellissimo.

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  • L’ultimo degli Accept è una noia, e i due prima pure, altro che palle fumanti.

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