Meno male che non è uscito a nome Slayer: KERRY KING – From Hell I Rise

L’undici settembre del 2015 gli Slayer hanno pubblicato il loro ultimo disco in studio, Repentless. La scelta della data aveva un non so che di goliardico, al contrario della casualità che li portò ad annunciare God Hates us All in modo analogo sul finire dell’estate del 2001. Quattro anni più tardi la band californiana avrebbe completato il Farewell Tour, per essere precisi nella data del trenta novembre 2019. Gli Slayer si sono sciolti un attimo prima che cominciasse la pandemia, lo stop ai concerti e un’innumerevole serie di crisi a livello mondiale.

Al sottoscritto lo scioglimento degli Slayer non ha lasciato alcun vuoto interiore. È stata, semmai, una decisione presa con qualche anno di ritardo. World Painted Blood non era certo eclatante, ma ne ricordo con assoluto piacere alcune canzoni, su tutte l’elementare Psychopathy Red, e soprattutto c’era Jeff Hanneman. Sarebbe stato un modo signorile per concludere un discorso leggendario. Tuttavia, e lo dico con una punta di rammarico, non sono solo i fan ad essere pretenziosi. Kerry King in questi ultimi tempi trascorsi ha dimostrato una voglia di suonare a oltranza, oltre ad un attaccamento morboso alla maglia Slayer, tale da giungere sino a Repentless con il chitarrista degli Exodus al fianco. Non bastasse, in seguito al Farewell Tour ha continuato in tal senso. Ma di questo abbiamo già scritto a suo tempo.

Dovete pensare a una cosa: questa merda che ha pubblicato oggi Kerry King ha rischiato di essere il nuovo disco degli Slayer, a dieci anni scarsi di distanza da Repentless. Che l’ultimo compositore vivente degli Slayer in un decennio ha tirato fuori soltanto questo. Che Tom Araya, al netto di tutta la cocaina pippata negli anni Novanta, è sinora stato, e mi smentirà probabilmente domani, l’uomo più saggio della Terra, scegliendo di tenere chiuso un cassetto maleodorante di muffa. Non sono nessuno per giudicarvi, e se doveste trovare del buono fra i contenuti di From Hell I Rise, vi capirei, perché la fame è fame. Dopo una camminata di venti chilometri dalla Val Venegia a Baita Segantini, l’anno scorso, mi sono mangiato una fetta di torta di merda tutta sbatacchiata nello zaino, ed era la cosa più buona che potessi addentare in quel momento. Perché ero stremato. Tanti fra noi, in questo momento, sono stremati dall’assenza degli Slayer.

Con gli Slayer in attività, From Hell I Rise avrebbe avuto un approccio differente, eppure Mark Osegueda imposta la propria voce sulle linee di Tom Araya, Paul Bostaph è sempre Paul Bostaph e del basso non si hanno notizie dai tempi di Hell Awaits. All’epoca lo si sentiva, se ricordate. Le canzoni di From Hell I Rise sono grossomodo canzoni degli Slayer che cavalcano la loro accezione più moderna (Residue, la migliore di tutte, se così possiamo definirla) e quella più aggressiva (Crucifixation, Everything I Hate About You) passando per le solite mid-tempo oscure (Tension). Questo è a tutti gli effetti il disco degli Slayer che Kerry King avrebbe scritto in presenza di Tom Araya, una robetta di cui non mi resta in testa niente.

Che poi ci sia qualcosa di gradevole è chiaro. Toxic attacca con il riffone (poi però non decolla neanche per finta) e il singolo Idle Hands in mezzo ha un’armonizzazione che oserei definire carina, ma questa roba qua vale neanche metà World Painted Blood. Perché quindi tredici canzoni? Perché hai avuto nove anni a disposizione? Se fosse stato un riassunto di otto o nove pezzi di mezz’ora, sono spiacente, ma stavolta non avrebbe funzionato lo stesso. Ridurre il numero delle tracce non è la regola generale salvadischi, un po’ come il programmatore che ti dice di spegnere e riaccendere il computer. Funziona se quegli otto o nove pezzi ce li hai realmente, e qui siamo forse a uno. Confesso che non so nemmeno se lo riascolterò. Su Repentless ho messo una pietra tombale e la parte più razionale di me sta facendo finta che non sia mai esistita, quella porcheria firmata dal nome più ingombrante fra coloro che albergano nel mio cuore.

Considerato che l’atteggiamento punk di Two Fists è una fra le cose migliori presenti qua dentro, assieme alla modernissima Residue, mi vien da dire che Kerry King avrebbe potuto osare un qualcosa di totalmente separato dalla nave madre. Invece, il finale formato dal trittico Rage, Shrapnel, From Hell I Rise è quanto di più prevedibile potesse esserci propinato: il disco a conti fatti non ha una sola canzone di spicco, e la stessa Where I Reign posta in apertura è una cartuccia che potrebbero aver sparato senza la necessaria decisione i Destruction vent’anni fa. Se mi venite a raccontare che stravedete per questo album non comprerò mai un’automobile usata da voi. (Marco Belardi)

13 commenti

  • non era possibile aspettarsi davvero nulla da King, soprattutto dopo quella chiavica di repentless. Ed alla fine King il nulla lo ha prodotto davvero, con tutto il corollario per i boccaloni del metallo: copertina roboante, dichiarazioni altisonanti, tatuaggioni, faccia incazzosa e perfino un bel crocione rosso rovesciato in bella mostra per i meno dotati di intelletto e capacità di critica.

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    • Pensa che a me sono proprio questo fan-service dissimulato nel finto essere contro a tutto e a tutti e le dichiarazioni da bambino imbronciato a farmi scappare lontano da certa gente (vedi Metallica che vorrebbero fingere di essere ancora thrash e che sono una caricatura di sé stessi con un nome roboante e ingombrante che rispecchia poco la “nuova” band, parere personale).
      Ci sono band più fresche che meritano attenzione e altre band storiche che non hanno perso totalmente la bussola e che andrebbero supportate molto di più rispetto a questi principini imbronciati che se la menano pure

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  • Brutto e inutile.
    Si è aggiunto anche il “ridicolo” dopo la cancellazione delle date nei festival.

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  • Ho ascoltato un paio di pezzi , e mi era passata per la testa anche l’idea di comprarlo….poi riflettendo un attimo , mi sono detto , che l’ultimo disco degli Slayer che mi era piaciuto risale a quasi vent’anni fa ( Christ illusion) che World painted Blood , mi faceva cagare , e Repentless , se non me lo regalavano , col cazzo che lo compravo. Probabilmente sarà colpa mia , ormai di musica , metal e non , né ascolto poca , e mi viene duro col rock n roll ad alti ottani , di gente come i Loyal Cheaters . Per cui caro Kerry , mi terrò un ventone in tasca , e tu prova vendere la tua roba a gente che nel 2024 si fa ancora le.pippe con Satana , Sangue e SeiSeiSei.

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  • Totalmente d’accordo. Vuoto, sciatto, piatto.

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  • secondo la mia modesta opinione gli Slayer non hanno mai fatto un album davvero brutto (compreso repentless appena sufficente anche se minore), questo invece lo è

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  • Mi aspettavo questi commenti su questo disco,prima che potesse essere ascoltato.Quasi come se un musicista venisse marchiato e non si potesse perdonare neanche un suo lavoro discreto.Personalmente ho preferito spendere i soldi per un disco innovativo come quello dei Tzompantli.

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  • Ho amato gli Slayer con tutto me stesso. Li ho visti live almeno una dozzina di volte a partire dal 94. Un anno che, grosso modo, a mio modo di vedere è coinciso con la fine del loro periodo d’oro. Dopo, discograficamente parlando, c’è stato qualcosa di buono, ma nulla che reggesse il confronto col passato. Un discorso che vale più o meno per tante band con una storia così importante alle spalle. Almeno dal vivo però sono sempre stati grandiosi, inarrivabili per quasi chiunque altro. Questo disco segue la scia, è scialbo, piatto e davvero poco ispirato. Serberò il ricordo dei bei tempi

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  • ogni volta che leggo una recensione in cui ci si stracciano le vesti per un disco, nel 2024, mi viene da sorridere. Pubblicare dischi oggi non ha alcun valore nel senso letterale del termine soprattutto per le band con un nome, sia perché ormai costa poco farli, sia perché le band stesse investono al minimo energie e risorse creative. Non c’è quasi mai un discorso evolutivo o una progressione, che invece caratterizzavano le carriere nei decenni precedenti, anche a costo di prendersi qualche rischio e di sbagliare. Nel caso degli Slayer la cosa era evidente già da un po’, oltretutto a portare avanti il discorso é un personaggio grottesco come Kerry King, uno che sotto i tatuaggi e le cafonate niente, totalmente incapace di suonare, come ha detto qualcuno un personaggio che poteva andare bene giusto nell’86. Araya passa per quello integro ma alla fine ha decretato il passaggio a tribute band di se stessi, che dire, contenti loro, contenti voi, contenti tutti.

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  • bea Venegia e baita segantini. Mejo del disco de KK.

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  • Mi chiedo come possa piacere ancora una proposta stantia come questa.

    E come sia possibile che alcuni recensori lo abbiano valutato bene una ciofeca del genere.

    Ovviamente su Fb si sono scatenati i fans indignati con esempi di ritardo e disagio mentali degni del Cottolengo

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  • Oggi è uscito il nuovo Evildead, per dire (bello veramente, più del precedente per me). Perché cazzo infognarsi con sta roba, invece?

    Inoltre, disco molto molto interessante: Dissimulator – Lower from Resistance

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