Un treno in corsa verso il vostro cranio: ENFORCED – War Remains

Ero curioso di scoprire se i cinque membri effettivi su War Remains fossero gli stessi del precedente album degli Enforced, Kill Grid del 2021. Pertanto ho aperto Metal Archives e li ho cercati: e sono saltati fuori gli Enforced Nicotine Addiction, dal Brasile. Per un momento non mi è fregato più un cazzo di niente, dopodiché, me ne sono tornato mestamente ai compiti prestabiliti.
Gli Enforced sono una delle migliori realtà attuali. La recensione di questo War Remains potrebbe tranquillamente consistere in un copia e incolla della precedente: influenze Slayer, fortissime, poi i Sepultura di Arise e un’attitudine cronologicamente postuma, direi più alla Nailbomb che alla Chaos A.D., unita a un sentore death metal simile a quando seduto accanto a te hai un amico esperto di vino che sostiene che in quel calice sente i chiodi di garofano. Tu annuisci e gli dai retta, perché sulla carta ha esperienza e dunque ha ragione lui. Di death metal qui c’è pochissimo, tranne l’introduzione della title track palesemente in scia agli Obituary; ma è come se tutto l’album vivesse un po’ sotto la sua possente ombra. Come biasimarli? Non sarebbe perfetto il mondo se il death metal, alla stregua di un messaggio subliminale, fosse un po’ dappertutto? Tipo in quei giochini della Fisher Price in cui devi cambiare le pile piatte col cacciavite?
Il consiglio che posso darvi è di approcciare i brani senza farvi cogliere dalla tentazione di sentirne un minutino ciascuno per poi procedere con il seguente. Una specie di zapping perentorio per inquadrare il disco e capire se sia il caso d’ascoltarlo tutto: no. È sbagliato, sempre, lo è ancor più con gli Enforced. I quali non suonano certo techno-thrash – a dire il vero non lo suona quasi nessuno oggigiorno, quasi fosse la peste bubbonica in persona – ma stratificano le proprie composizioni in modo molto curato e personale. Pertanto una volta giunti in fondo a un pezzo, uno qualunque, avrete molto spesso il sorpresone, l’effetto Desperate Cry della situazione. Il momento che fa scapocciare più di ogni altro vissuto sinora, il riff della madonna e cose così. Non mollate con i pezzi degli Enforced e ne varrà certamente la pena. Le armonizzazioni Slayer in fondo a Hanged by my Hand vi porteranno dritti a un frontale con Hell Awaits, per dirne una. Sentore di deja vu? Forse. Anzi, certamente. In Avarice apprezzerete un assolo alla James Murphy periodo Obituary, se volete vi dico anche che il riferimento diretto è Body Bag. Altrove raccatterete un riff che pare emergere dalla prima parte di Jesus Saves, senza però che si rasenti mai il concetto di scippo o plagio. O tributo, detto alla buona.
L’unica canzone che prescinde da questa attitudine compositiva volta allo stratificare è appunto Avarice, soltanto caruccia a dire il vero, una bordata alla maniera di The New Priesthood dei Dark Angel. Il resto è un treno in corsa che trova nei suoi momenti più felici The Quickening, con chitarre taglienti che glorificano la scelta dell’onnipresente Arthur Rizk di non puntare troppo sul downtuning nelle chitarre ritmiche (una scelta che era legge negli anni Ottanta e che è stata sfortunatamente accantonata in favore del cosiddetto muro di bassi), seguita a ruota da Hanged by my Hand e dalla title track cara ai fratelli Tardy che ho menzionato poco sopra. Forse è percepibile un lieve calo di tensione nella seconda parte, che libera dalle retrovie qualche mid-tempo come Nation of Fear senza però sorprendere.
Sono gli Enforced, semmai, a non sorprendermi più e a fare centro a ogni uscita. Potessi riuscire a vederli anche dal vivo sarebbe una soddisfazione non da poco. Accadesse in una data assieme agli australiani Enforce e agli svedesi Enforcer in qualità di headliner, al contrario, causerebbe qualche grattacapo ai più: chi suona adesso? a che ora arrivo? chi mi sono perso? che devo fare di preciso al merchandising? Ora, però, un minimo di colore nelle copertine mettetecelo, o Griffar finirà per notarvi. (Marco Belardi)
Band veramente valida e ottima conferma.
Comprato a scatola chiusa, per una volta e mi è andata alla grande.
Altro disco thrash che sto apprezzando molto, seppure interpretato in modo diverso, è Trample the week, Devour the Dead dei canadesi Terrifier. E si sa, i canadesi spaccano.
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A chitarre i terrifier sono bellissimi, un rasoio. Il resto lo trovo un po’ troppo estremizzato, dalla batteria (blast, poi fisso a diritto come un martello) alla voce alla schmier.
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Lo so che non gradisci i blast beat nell’ambito in oggetto e in parte sono d’accordo. È colpa di Gene Hoglan sostanzialmente.
Hai ragione anche sulle chitarre che sono una goduria. Sul cantato che dire? Ormai è rarissimo trovare qualcuno che sappia interpretare come un Russ Anderson, un Osegueda o un Eric A.K. Tocca accontentarsi.
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In effetti amo gli Enforcer.
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Sul techno-thrash: chi lo suona più, se la media attentiva scavalca a fatica i due minuti e mezzo? I Testament o i Forbidden dei tempi d’oro (che non erano techno-thrash vero e proprio, diciamo così) in due minuti manco riuscivano a farlo partire, un brano…
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