E perché mai dovrei risentirmi Reign in Blood?

Ricordare i più minuziosi dettagli della prima volta che avete ascoltato un disco non è cosa banale. Con Reign in Blood ero a Scandicci, pieno fino al collo dei discorsi sulla politica che s’erano fatti durante una cena fra genitori, zii e nonni. Avevo questo oggettino in auto che m’attendeva, e ne avevo scrupolosamente studiato i dettagli prima ancora d’approcciarmi alle sue note: Rick Rubin, l’etichetta discografica e tutto quanto il resto, foto con le birre inclusa. Ne approfittai per scendere al parcheggio e un cretino in cerca di posto domandò a me, tredicenne o quattordicenne, se stessi uscendo. No, volevo solo dare una botta alla batteria della Fiat Punto, uno dei primissimi modelli in circolazione.

Chiamatela saturazione o come vi pare, ma c’è un particolare meccanismo che, dopo settimane e settimane di serie televisive e film appena usciti e soprattutto di album nuovi (anche se quel generale imitare il 1986 ci dice apertamente come stanno le cose oggigiorno), mi ha rimesso sulla corsia del “vecchio”; un po’ come mi accadde una quindicina d’anni fa, quando, in piena crisi da reflusso metallico, in cinque anni di buio (dal 2005 al 2009 circa) fu un miracolo essermi accorto dell’uscita di Christ IllusionDeath Magnetic.

In settimana mi sono ritrovato a riguardare Predator 2 e il primo Hellraiser (quest’ultimo a margine d’una discussione circa il riavvio del franchising su Hulu). Non solo: mi sono ritrovato a rifare il letto con Reign in Blood, sistemando con indicibile perizia lenzuola e trapunte in non più d’una quarantina di secondi. Quasi un militare che ha paura delle flessioni.

flessioni

Il concetto qual è? Che vorrei innanzitutto capire se capita anche a voi, da un giorno all’altro, di mollare tutto quel materiale inedito cui diamo puntualmente una chance e che solo una volta su cento fa breccia al punto da memorizzarlo e tornarci sopra di frequente. Lo dico senza problemi: penso di riascoltare un album nuovo su venti, se non trenta, dopo averne scritto la recensione. Gli altri li archivio, di alcuni addirittura mi dimentico.

Vorrei ora capire da che parte siete schierati. Appartenete a quel genere d’ascoltatore che ritiene inopportuno, se non addirittura una ingenerosa perdita di tempo, il riascoltare album già metabolizzati poiché vorreste eternamente dedicarvi a cose nuove, inedite, ancora per un po’ sconosciute, pur d’ampliare il vostro bagaglio di conoscenza? O ritenete che abbia senso solo scartare, ridurre all’essenziale e godere a vita di quei cento dischi, detti, per l’appunto, della vita, da voi personalmente e scrupolosamente selezionati ed eletti a tali? Sono due scuole di pensiero praticamente opposte. Si possono fare entrambe le cose come me, certo, ma se ne pagano le conseguenze.

Come già accennai all’epoca dell’articolo su Metal Archives, nel primo caso è necessario disporre di una memoria di ferro, altrimenti si finisce per far finta di conoscere quei dischi nuovi alla stregua di un Reign in Blood, quel genere di titolo che ci dà la spinta per rifare un letto in quaranta secondi, l’equivalente adulto dell’adolescente che, mosso dalle note di Postmortem, rischiava di distruggere la propria cameretta a calci e spallate. Nel secondo caso è facile parlare di nostalgia, sindrome del boomer e quant’altro. Solamente penso che le emozioni che scaturiscono al cinquantesimo o millesimo ascolto di un The Ten Commandments non saranno mai pareggiate dall’ascoltare, o dal paziente riascoltare, una musica che non solo non vi è entrata nel cuore ma che non lo farà mai.

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Mi riallaccio a quella volta che su Facebook un tale mi scrisse che non ha senso sentirsi i soliti dieci (o cento) dischi per tutta la vita. Mi verrebbe da domandargli, oggi, se sia davvero come sostiene lui, se abbia senso sentire per dovere di cronaca e poi accantonare ciò che è contorno, che è usa e getta, perché come esistono i memorabili è innegabile che in proporzione esisteranno più accantonabili. In fin dei conti è ciò che sto facendo con quel che passa per le mie orecchie oggigiorno. Per usare un termine caro ai radical chic più invasati sulla rete, se mi risento Reign in Blood a quarant’anni mentre rincalzo la flanella a voi cosa toglie? Detesto quella frase e i contesti in cui la tirano fuori, ma ci sta tutta.

Più che un articolo vorrei dunque aprire un dibattito fra voi lettori. Vi capita di risentire un Reign in Blood? Avete capito per quale motivo lo fate? O quel che è passato è giusto che sia passato e sentite quasi il dovere di dedicarvi ad altro? Personalmente dico che – trascorso un certo periodo ad ampliare le mie conoscenze, filmiche, musicali o letterarie che esse siano – sento la necessità fisiologica di staccare la spina da tutto e tornare da mamma e papà: La Cosa di John Carpenter e quelle pellicole di cui riesco ad anticipare i dialoghi prima che li pronuncino gli attori; Rust in Peace, Dirt, Legion, eccetera eccetera senza farvi la lista della spesa. Non funziona così con i libri, non so perché, ma generalmente un passaggio nella vita mi basta e m’avanza, e soprattutto, non rimuovo niente di quel che ho letto in modo appassionato. Ma Reign in Blood è come insulina per un corpo che deve in qualche maniera rinsavire, ciclicamente, finché può. (Marco Belardi)

19 commenti

  • Io torno spesso su alcuni album feticcio (“Draconian times” dei Paradise Lost per fare un esempio), ma allo stesso tempo, molto raramente, riesco anche a trovare delle nuove uscite che riascolto molto volentieri (l’esordio dei Kanonenfieber). Credo che alcuni dischi del passato, oltre ad essere qualitativamente superiori alla maggior parte delle uscite recenti, abbiano anche quel legame con ognuno di noi legato all’età, al contesto, alle prime sbronze o ai primi innamoramenti. Questo è il valore aggiunto che ci riporta su alcuni album.

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    • non avrei saputo esprimermi meglio. io se non mi innamoro musicalmente ogni tot sto male, ho bisogno di roba nuova, e mi appassiono abbastanza spesso (almeno tre volte all’anno, a 43 di età mi sembra che si possa usare questo avverbio) a qualche album o addirittura alla discografia di qualche band che non conoscevo. però certe emozioni legate all’età in cui si sono provate la prima volta sono il motivo principale per cui periodicamente si rimette su l’album “feticcio”

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  • Mah, a me viene da dire che va risentito perché mannaggiaallahsbudellato

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  • Personalmente la premessa che faccio è che avessi tempo farei entrambe le cose, classici e nuove uscite, mi ritengo un ascoltatore vorace frenato pesantemente dal logorio della vita moderna. Per me non sono due scuole di pensiero antitetiche: ci sta il disco nuovo, ma spesso anche quello vecchio. Dopo averli ascoltati a dovere io centellino gli ascolti dei dischi che ritengo cardine (chessò i primi sei dei dischi dei Sabbath, i primi due di Ozzy solista, i primi quatto dei Danzig, dei Celtic Frost, la discografia dei Kyuss, la Rollins Band, i Misfits, i Melvins etc…) per impedire che mi vengano a noia, però sono un bene rifugio: ascoltarli mi fa stare bene quando la vita mi piglia a calci, quindi non mi pongo troppe domande li ascolto e basta, ne ho bisogno. Ogni tanto però è anche bello scoprire qualcosa di nuovo, una ventata di aria fresca, quel misto di adrenalina e speranza che c’è ogni volta che ascolti un disco mai sentito prima.

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  • Mi è successo : ho avuto un periodo di espansione , complice anche emule , in cui cercavo band nuove , di cui avevo letto o sentito. Soprattutto nella mia fase “thrasher” perfetto. Va da sé , che poi molto materiale rimaneva nel hard disk…. purtroppo con l ‘andare del tempo , gli ascolti si sono diradati , la voglia di scoprire altro è scemata , e l’attenzione è stata catturata (in parte) da altri generi. Rimettere sul piatto i vari vecchi classici è ritornare al rivivere una parte parte della propria vita….non è più solo una questione di musica

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  • I commenti prima del mio già comprendono molto del punto di vista di noi “boomer”, quei dischi per noi sono legati ad una fase della nostra vita e per questo hanno un valore aggiunto. Inoltre con il tempo e gli impegni da 45enne difficilmente hai la possibilità di sederti con calma ed ascoltare un disco nuovo con vivo interesse dall’inizio alla fine specie in un era dove ormai la musica è ridotta allo streaming.

    A parte questo, negli anni, in tempi recenti ho provato con qualcosa di nuovo, ma poche, anzi pochissime volte mi sono rimaste nel cuore, anche e specialmente tra le proposte dei nostri beniamini (non solo gli Slayer). E anche se mi sono piaciuti raramente li riascolterei.
    E’ un po’ come una relazione, ci provi, ma se non funziona inutile forzare la mano, tornerai sempre del tuo vecchio amore se ne hai uno.

    La risposta è quindi si: ascolterei Reign in blood, ancora per tante volte e senza affatto sentirmi in colpa, mi darebbe emozioni, carica, energia ..semplicemente mi “farebbe sangue” e mi riporterebbe indietro nel tempo, cose che difficilmente posso trovare in qualche disco nuovo, fosse anche un disco nuovo degli Slayer.

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  • Mi allineo un po con il pensiero degli altri, nel mio caso il problema principale è che ormai ho tempo di sentire musica solo nel percorso casa lavoro e viceversa, o in palestra. Fino allo scorso marzo, più o meno cercavo di compensare cose nuove e robbe vecchie, poi ad un certo punto ho iniziato a mettere la prima cosa che mi veniva in mente, riascoltandomi anche robba che non sentivo da anni, ma raramente cose nuove. Forse sarà solo un periodo, ma cmq mi sembra che più vado avanti, meno tempo ho per sentire musica…

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  • Sicuramente, anche considerando la desolazione che è la scena metal attuale, è difficile che chi ha venti o trent’anni di metal sulle spalle possa continuare ad essere un onnivoro consumatore di album e band. Io non sono mai stato uno contento di limitarsi negli ascolti ad un ristretto numero di dischi o generi, però ci sono una serie di titoli che ascolto ciclicamente da decenni, i classici album da isola deserta, che non mi sono mai stancato di ascoltare e dei quali non mi stancherò mai. Morningrise e Still Life degli Opeth, Shades of God, Draconian Times, One Second e Host dei Paradise Lost, Sin/pecado dei Moonspell (per il quale ho da sempre una autentica ossessione) o Symbolic e The Sound of Perseverance ,Th X Factor dei Maiden, Nothing dei Meshuggah, i Voivod di Negatron e Phobos, Dusk and Her Embrace , o praticamente l’intero catalogo di Burzum ecc, ecc.. Perché alcuni titoli non mi stancano mai? perchè probabilmente riescono a toccare corde radicate nel profondo, ad essere la rappresentazione in musica di gusti innati. A titolo di esempio: ho sempre avuto uno spiccato gusto per il gotico, sono sempre stato affascinato dalle case disperse nella campagna, la nebbia, i boschi brumosi in autunno e sin da giovanissimo sono stato un vorace divoratore di letteratura gotica nelle edizione economiche della Newton Compton, sempre si lodata, con quelle pagine ingiallite che odoravano di cadavere e cimiteri. Ecco, Dusk and Her Embrace era l’esatta trasposizone in musica di quel mio fascino per il sublime, e non c’è nulla che mi rilassi di più che sprofondare in poltrona sulle note di heaven torn asunder o camminare in un bosco con hvis lyset tar oss nelle cuffie. Dani Filth può essere un nano pagliaccio, Vikernes un flippato egocentrico che fa i video su youtube o Ribeiro “il bel tenebroso della pasta e fagioli” come ha ben scritto qualcuno qui ma, per quel che mi riguarda gli dovrò sempre una serie infinita di grazie. Di contro esiste però il rovescio della medaglia: ovvero ci sono album o band che ho amato in gioventù, sui quali ho scapocciato per anni ma che davvero non riesco più ad ascoltare. Gli Slayer sicuramente, ma anche i Pantera, Sepultura o il black album, primo disco metal che abbia mai avuto tra le mani ma che se dovessi sentirlo ora mi provocherebbe un’orticaria probabilmente. E non perché ora come ora mi facciano schifo intendiamoci, ma non mi dicono più nulla, diventano un sottofondo. Approcciarsi alla roba nuova inevitabilmente è diverso. Un pò perchè quello che esce oggigiorno è molto standardizzato , spesso una mera copia di cose uscite in passato, magari anche di qualità ma in ogni caso copie. In più inevitabilmente si è più smaliziati, meno inclini alla meraviglia e con molto meno tempo per dedicarsi a ciò che si ama, purtroppo. In parole povere, si invecchia. Questo non significa che non mi piaccia ascoltare roba nuova, è sempre un piacere andare alla ricerca di qualcosa di bello ma saranno cose che mi ricorderò tra vent’anni? non credo, mentre di molti di Icon ricordo fin l’odore del digipack in cartone

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  • Ho un brano feticcio sul quale ripiego ciclicamente quando devo raccogliere le forze e motivarmi: Inner Self.
    Ci sono album feticcio che ho necessità fisica di riascoltare. Così su due piedi mi vengono in mente Crimson, World Coming Down, Spiritual Healing, Agent Orange, Hvis lyset Tar Oss, Wolfheart, Elizium. Ma ce ne sono molti altri.
    È anche difficile capire perché, non è solo una questione nostalgica. Direi che talvolta è semplicemente necessario “tornare a casa”. Trovarla come la avevi lasciata. Il punto però è che nel frattempo sei cambiato tu. Ecco, c’è anche da dire che l’unica dimensione rimasta perfettamente costante nella mia vita è il metal. Nome, cognome e metal. Il resto è irriconoscibile per certi versi.
    Conservo tuttavia anche la spinta irrefrenabile a conoscere cose nuove o a riscoprire ciò che avevo tralasciato per pigrizia o per gusto. Mai mi sarei sognato di gradire molto i New Model Army o alcune cose dei Pink Turns Blue, venti o trent’anni fa, per esempio. E invece…

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  • Virginia quagliaroli

    Agli Slayer vorrei dire tanto solo questo:
    GRAZIE DI ESISTERE!

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  • Da quasi 50enne posso dire che la mia era l’epoca dove il cd lo sentivi in casa e quando avevi la macchina lo sentivi in macchina (ammesso che avevi il lettore cd, se no si andava di cassetta duplicata). Quindi a voja se mi risento i classici o i dischi del cuore che dir si voglia, ad es Reign in Blood l’ho sentito una settimana fa… e quindi si, faccio parte di chi dopo avere perso il lume della ragione su Spotify tra 68768768976 uscite diverse va a finire che metto Rime Of The Ancient Mariner, ma non perché considerò merda tutto il nuovo, ma perché ahimè quando hai tempo e sei giovane la musica la ascolti diversamente… e poi va beh all’epoca come già detto non ti potevi sentire 20000 gruppi al giorno.

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  • Personalmente cerco sempre nuove proposte (ultimamente ho scoperto i mimorium, i gorgon, vermilia… Ma anche i 5fdp… Che non c’entrano nulla ma mi hanno colpito). Gli album del passato sono storia. A volte proprio la MIA storia. Legati a periodi particolari. E che oggi paradossalmente non riesco a riascoltare, visto che mi fanno tuffare in ricordi ormai assopiti (come TCWL dei sentenced). In definitiva cerco di coniugare vecchio e nuovo.

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  • Metallaro scettico

    Vale per la musica così come per tutto il resto nella vita: le esperienze dei primi 20 anni valgono quanto quello che succede nei prossimi 60-70. Mi chiedo però come vivano la musica i ventenni di adesso. Hanno anche loro i loro album feticcio usciti nel 2015??? E quali sono? Li ricorderanno nel 2050? Fatevi vivi ventenni, ammesso che leggiate queste pagine…

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    • Edoardo Alessio

      Mi sento tirato in causa perchè ho 25 anni e posso dire che ascoltare musica dopo i 20 anni è molto difficile: cala il tempo libero causa lavoro ed impegni familiari; la voglia di ascoltare musica con dedizione ahimé cala anche se l”interesse rimane intatto sia nella musica nuova che in quella vecchia. Purtroppo ascoltare musica è diventato piu stressante diciamo perchè vorrei che fosse sempre cosi com’era da adolesciente. Non saprei come spiegarmi meglio ma l’articolo ed i commenti precedenti riassumono il pensiero di tutti perfettamente…

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      • Venticinque anni è un’età rognosa perché hai un sacco di rotture di coglioni nuove tutte insieme all’improvviso, però se riesci a costruirti una situazione più o meno stabile e tranquilla poi a trenta ti riprendi.

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    • Maturavo questa idea qualche giorno fa; fino ai 25 si cresce poi si invecchia solamente. Per i giovani di adesso é tutto diverso perché con YouTube prima e Spotify dopo é diventato tutto liquido e l’offerta troppo gigantesca per essere valutata.
      Giusto per contribuire alla discussione, alla mia veneranda età (37 anni) mi capita di “ascoltare roba nuova” ascoltando grandi classici che mai avevo cagato prima. Un paio di settimane fa mi sono ascoltato per la prima volta il primo disco degli Iron. Magari in ‘sti giorni mi ascolterò Reign in Blood.

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  • Anch’io ascolto roba nuova, quando capita, ma alla fine torno sempre sui classici della gioventù. Gli Slayer sono ovviamente immancabili, e c’ero al Palatrussardi alla data di quel tour, un massacro. Sarà l’età, ma dei nuovi gruppi mi dimentico in fretta, mentre quelli del passato mi sono rimasti ben impressi nella testa e nel cuore, e restano nei miei ascolti.

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  • Reign in Blood Album della vita, lo ascolto personalmente non quando la vita mi prende a calci in culo… bensì quando voglio prendere a calci in culo la vita….

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  • Vi è mai capitato di pensare che la roba nuova migliore e proprio quella vecchia? No future for you….

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