Frattaglie in saldo #28

 

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L’esordio Eternal Domination, nel 2007, fece un discreto botto a livello underground. Il lavoro successivo uscì per Nuclear Blast e a un certo punto sembrò che i SUICIDAL ANGELS potessero essere destinati a discrete fortune commerciali. L’etichetta tedesca li piantò subito dopo ma il caparbio quartetto di Atene continuò a macinare un album dopo l’altro e a versare litri di sudore sui palchi europei. Division of Blood è il settimo full dei greci e li conferma tra i migliori interpreti del moderno revival thrash. Perché, ok, i Suicidal Angels non saranno dei geni e non tutti i pezzi saranno memorabili ma hanno un tiro micidiale e i suoni e l’approccio sono quelli giusti per sollazzare anche i maturi reduci che disdegnano roba come Municipal Waste e Lost Society e in Division of Blood troveranno un po’ di gradita consolazione dopo aver cercato vanamente di farsi piacere per giorni il deludente Decision Day dei Sodom. A proposito di dischi che si tenta di farsi piacere invano, ancora non ho capito cosa penso degli HORRIFIED, one-man band di un ventiquattrenne inglese fissato con il death svedese d’antan, al secondo lp. Avevo ascoltato per caso un paio di pezzi sul tubo e mi erano sembrati promettentissimi. Meno old school e quadrato del debutto del 2014, Descent Into Putridity, Of Despair, nonostante le buone idee e la buona volontà, è però piuttosto altalenante. I brani dove il buon Daniel Alderson tenta di tirare fuori qualcosa di personale sono migliori dei (comunque piacevoli) ricalchi dismemberiani di Infernal lands. Si sente, però, che il ragazzo è di un’altra generazione ha riferimenti diversi ed è forse per questo che il risultato è un po’ scombinato. Azzeccati, invece, gli accenti techno-death alla Nocturnus di Amidst the darkest depths. Se siete appassionati terminali di questa roba, un ascolto per curiosità dateglielo lo stesso, si sa mai.

ringworm_snakechurchSettimo sigillo anche per i RINGWORM, tra i gruppi americani che meglio sono riusciti a ibridare l’hardcore metallizzato di fine anni ’90 (quando si utilizzava il termine “metalcore” a proposito dei Deadguy e non dei Bring Me The Horizon) con il metal estremo scandinavo; in questo caso, grazie a Satana, non i Soilwork o gli In Flames ma il neo-thrash dei migliori The Haunted. Snake Church è  un mezzo passo indietro rispetto al precedente, ed eccellente, Hammer of the Witch che, col senno di poi, sembra concepito per garbare ai metallari. Erano appena passati dalla Victory alla Relapse, del resto. I Ringworm sono tornati a una formula più diretta e a tempi più sostenuti (i brani sopra i tre minuti sono appena due) senza rinnegare la modernizzazione dei suoni e dell’approccio. Dato che le canzoni migliori sono quelle più dirette e pestone (con un paio di bombe vere, sentitevi Destroy or create), la parziale involuzione sembra venuta naturale ma, se non si è grandi appassionati del filone, qualche sbadiglio lo si rischia. La botta è però di tutto rispetto e Snake Church va tenuto comunque in assoluta considerazione per la playlist da palestra. Tra una sessione di addominali e una di squat, se questa roba non vi fa accapponare la pelle per principio, potreste pure dare una chance a Beast, album di reunion dei DESPISED ICON, tra gli esponenti meno peggiori del deathcore post-2000.Il loro scioglimento, nel 2010, causò grande sconforto tra i blogger americani. Un seguito piuttosto grosso, nondimeno, i Despised Icon lo avevano. E, se hanno sempre fatto parte di quel ristretto novero di gruppi deathcore dei quali ascolto i dischi, pur archiviandoli dopo qualche ascolto per tornare alla pagina bandcamp della Hells Headbangers, ci sarà un motivo. I canadesi sono tornati incazzatissimi e i momenti migliori di Beast sono proprio quelli dove si degrada nel brutal più cruento e claustrofobico, con tanto di vocals fognarie alla Disgorge. Ci sono pure meno “breakdown”del previsto.

obscenityQuasi nessuno si fila gli OBSCENITY, eppure, da bravi tedeschi, hanno sempre mantenuto il punto, sono sempre andati avanti a testa bassa a prescindere dalle tendenze e hanno sempre portato a casa il risultato;  non sono mai stati dei geni ma non hanno mai nemmeno pubblicato un brutto disco. Retaliation è il nono e non delude, correndo come sempre sui sicurissimi binari di quel particolare sottogenere che su Metal Archives dovremmo codificare come German Melodic Brutal Death Metal (o qualcosa di simile) e che proprio gli Obscenity potrebbero vantarsi di aver istituito con The 3rd Chapter, tra rallentamenti inaspettatamente ariosi, una cura particolare per gli assoli, e mid-tempo scapoccioni. Recuperate e, se non li avete mai sentite, approfondite. Restiamo in Germania con i DEFEATED SANITY che con Disposal Of The Dead // Dharmata saltano la barricata che li separava dal brutal (sono stati per anni tra i migliori esponenti europei del genere) al death tecnico tout-court Da una parte hanno perso quei raptus di follia alla Cryptopsy che mi avevano fatto amare un Chapters of Repugnance e si sono, oserei dire, ammorbiditi, per quanto il suono del rullante sia sempre quello orrendo da gruppazzo slam di serie C. Dall’altra si sono avvicinati sempre più al techno-death classico di Gorguts e Atheist (sentitevi The mesmerizing light), componente approfondita soprattutto nella seconda parte dell’album, dopo alcuni pezzi maggiormente memori del vecchio stile ma comunque piuttosto cadenzati. At One With Wrath ricorda addirittura i Death. Di crucco va infine menzionato, anche se è dell’anno scorso, Perpetual Descending Into Nothingness, terzo full dei sottovalutatissimi OBSCURE INFINITY, dei quali avevo a suo tempo incensato l’esordio Dawn Of Winter. Per quanto l’impronta teutonica si senta (e faccia sì che abbiano una personalità e non suonino come dei cloni), il tributo al suono svedese degli anni ’90, tanto il death di Stoccolma quanto il black ibrido di Necrophobic e Sacramentum, è sempre commovente e filologicamente accurato. Expiration of the lost passa in un minuto da una mitragliata alla Immortal a un suggestivo stacco chitarristico gothic/doom che sfocia in una cruenta ripartenza death. Recuperateli, meritano davvero. (Ciccio Russo)

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