ContrAppunti Prog #1
Cosa è ContrAppunti Prog: uno spazio dedicato alla Progressive italiana; un appuntamento (si spera) fisso dove riscoprire e approfondire piccoli capolavori del rock nostrano più o meno noti; un salto in un passato musicale che va dalla fine degli anni ’60 alla fine dei ’70.
Cosa non è ContrAppunti Prog: una rubrica per esperti, collezionisti e maniaci del Prog curata da esperti, collezionisti e maniaci del Prog; una rassegna che segue un criterio o una logica precisa; un’idea nostalgica.
Oggi rispolveriamo:
FABIO CELI E GLI INFERMIERI – Follia (1969)
MUSEO ROSENBACH – Zarathustra (1973)
APOTEOSI – Apoteosi (1975)
FABIO CELI E GLI INFERMIERI
Antonio Cavallaro (in arte Fabio Celi) e Gli Infermieri (i fratelli Ciro e Roberto Ciscognetti, Luigi Coppa e Rino Fiorentino), in anticipo rispetto ai tempi, confezionarono in quel di Napoli un album precursore e provocatorio. Precursore sicuramente (all’epoca non esisteva ancora un vero e proprio movimento rock progressive in Italia) grazie alla fantasia creativa dei napoletani, che è proverbiale. Provocatorio di certo, come è intuibile dal titolo dell’album. La tematica sì, ma anche lo stile: eclettico, disturbato e dissonante. I testi, fondamentali nel Prog ma che purtroppo non risultano sempre degni della parte strumentale, sono qui azzeccati, fastidiosamente irriverenti e toccano argomenti politicamente scorretti o considerati scomodi dalla sonnolenta classe media italiana che guardava la tv. È noto che la RAI censurò questo gruppo impedendone una rapida ed uniforme diffusione a livello nazionale. Ricordiamoci sempre che all’epoca non vi era la stessa accessibilità ai grandi mezzi di comunicazione di massa di oggi. Certo un primo ascolto non basta. Nel brano omonimo ad esempio, sopra una veloce base beat, una voce alla Fantomas, per intenderci, ride e irride la follia che c’è in <<un giudice venduto ai delinquenti>> e in <<un deputato che smercia cocaina>>. Follia è il solo album prodotto, in quanto ad esso seguì la separazione del gruppo, forse anche, chissà, a causa della stroncatura ricevuta che restò impressa come una macchia nera sul loro curriculum negli anni successivi. Il peccato originale. Un vero peccato infatti poiché esso contiene brani veramente spassosi, nonché di un’attualità impressionante (Follia: <<il furto oggi è la migliore professione>>), pregni di “partenopeità”(Via Gaetano Argento: <<al secondo piano la famiglia de Gennaro, un ingresso si apre e vomita lettini>>). Chissà perché poi si sono chiamati così: Gli Infermieri. Forse che abitavano nel Rione Sanità?
Track List:
04 – Il Presidente
05 – Uomo cosa fai
07 – Fermi tutti è una rapina
08 – Distruzione
MUSEO ROSENBACH
Da un gruppo anarchico rivoluzionario a uno reazionario, anzi fascista. Proprio così? È vero o non è vero che i Museo Rosenbach si rifacevano apertamente al duro manganello e all’aspro olio di ricino? Pare fosse tutto un grosso equivoco (stando alle dichiarazioni rese in un articolo dell’epoca) che però stroncò la giovane band sul nascere. Ahimè prescindere da un breve accenno politico per contestualizzare questa faccenda è davvero impossibile. Ad ogni modo, gli sforzi del Museo valgono doppio. Primo perché facevano della musica stupenda, secondo perché parlare del superuomo, di Nice e compagnia bella nell’Italia post-sessantottina significava automaticamente condannarsi a morte. Figurarsi la difficoltà di imporsi nel mondo rock. Mai i veri alternativi, se ci pensate bene, erano loro. Il carico da 90, che lascia però davvero perplessi, lo calarono sistemando il volto di Benito nel collage di copertina di Zarathustra. Chi lo trova vince un pupazzetto di Matteotti da bastonare. L’album si identifica nel gruppo e viceversa perché fu, come per Celi, l’unico ed il solo. Sembra che uno voglia accanirsi ma mi si creda se dico che non è vero: la RAI, tanto per cambiare, appose anche qui la sua censura. Non stupisce che quest’album, seriamente uno dei migliori di tutta la scena prog italiana, sia pressappoco sconosciuto alla grande massa. I toni di musica e testi vogliono essere alti e lirici (e ci riescono benissimo grazie a magici strumenti di cui non si fa più uso come il mellotron o il moog), atmosferici ma dalle veloci, improvvise e persino dure accelerazioni. Una precisazione un po’ pedante è obbligatorio farla: i primi 5 pezzi, così divisi nella versione cd ma che nel vinile corrispondevano al lato A, altro non sono che un’unica grande, superomistica, meravigliosa suite. Appunto Zarathustra.
Track List:
01 – L’ultimo uomo
02 – Il Re di ieri
03 – Aldilà del bene e del male
05 – Il tempio delle clessidre
07 – Della natura
08 – Dell’eterno ritorno
APOTEOSI
Dalla Calabria con furore. Lavoro totalmente fatto in casa come le cose buone di una volta. Come la pasta, le conserve di pomodoro, u sozizzu e a suppizzata. Omonimo e (ci risiamo) unico album della family band calabrese Apoteosi. Un album circolare organizzato come un concerto di musica da camera. Concepito dai fratelli Idà (Silvana alla voce, Massimo alle tastiere, Federico al basso e al flauto), da Franco Vinci (chitarra) e Marcello Surace (batteria) e prodotto da papà Salvatore Idà nello suo studio (la Said Records) di Palmi. È impressionante la perizia tecnica dei componenti della band, l’amalgama e la precisione dei cambi di tempo e ritmo. Ancora di più se si pensa alla giovane età di alcuni di essi: il più piccolo era Massimo di soli 14 anni, capace di fare cose da grandi. Talento innato. Album convincente in ogni sua parte ma degnamente riassumibile nella lunga suite di quasi 15’ Prima realtà. Sicuramente la qualità e il valore di Apoteosi non ha ottenuto un corrispondente e adeguato riconoscimento pubblico ma occorre ricordare che nel ’75 i mostri sacri del prog (PFM, Banco, Le Orme e altri) avevano già sparato quasi tutte le loro cartucce migliori. Il genere era maturo e il confronto pesava. Ad ogni modo gli Apoteosi vanno recuperati assolutamente, sempre che ci riusciate, essendo uno tra i 33 giri più rari e difficili da reperire. Piccola chiosa: il brano strumentale Oratorio anticipa di quasi dieci anni gli Ozric Tentacles. Sentire per credere.
Track List:
01 – Embrion
03 – Frammentaria rivolta
05 – Oratorio
(Charles)
Ho scoperto il Prog Rock negli anni ’80 grazie alla rubrica “Shock Relics” su Metal Shock. Vederla riproposta qui, adeguata ai tempi, da un lato mi fa godere come un opossum, dall’altro mi fa spuntare una lacrimuccia di nostalgia :-) Aspetto le prossime puntate!
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Mazza, ma che robe mi fate scoprire!!!
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nostalgia!! la sento anche se non ero ancora nata!!! perché adoro questo genere!!!
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Articolo fantastico…a quando un bel ContrAppunti Prog #2 ? :D
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