I mostri all’angolo della strada: viaggio nella musica ispirata a Lovecraft #6

L’OMBRA DI HPL SUI PRIMI ANNI OTTANTA E L’ANNUS LOVECRAFTIANUS 1984.

Nei primi anni Ottanta le opere e la figura di H.P. Lovecraft si affermano in modo stabile e definitivo all’interno della cultura di quasi tutto il mondo. Anche in Italia aumenta la pubblicazione dei suoi scritti, di saggi, così come di film e fumetti a lui ispirati. Fra le uscite librarie dell’epoca possiamo citare la ripubblicazione in versione economica della celebre antologia curata da Fruttero e Lucentini, I mostri all’angolo della strada, nella collana Oscar Mondadori n.1226, Milano 1980. La prima edizione di questa raccolta risaliva al 1966 e fu importante per la diffusione dell’autore nel nostro paese. Nella saggistica, Lovecraft appare in ambiti sempre più importanti, per esempio a lui fu dedicato un intero volume nella prestigiosa collana Il Castoro dell’editore La Nuova Italia, uscito nel dicembre 1979. Nel 1982 uscì un numero speciale dedicato a Lovecraft della rivista Metal Hurlant, Metal Extra n.3 – Speciale Lovecraft, dove si trovavano fumetti d’autore, oltre ad articoli di critici del calibro di Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco. Al cinema escono alcuni film più o meno ispirati a Lovecraft: Stati di allucinazione (Altered States, 1980), la trilogia di Lucio Fulci Paura nella città dei morti viventi (1980), … E tu vivrai nel terrore! L’aldilà (1981), Quella villa accanto al cimitero (1981) e, fra i più significativi, ricordiamo La Casa (Evil Dead, 1982) di Sam Raimi e La cosa (The Thing, 1982) di John Carpenter. Sono esempi per sottolineare la crescente influenza di Lovecraft in tutti gli ambiti.

ME3HPL82bMetal Extra n.3 – Speciale Lovecraft (1982)

Per quanto riguarda la musica, prosegue e si rafforza quanto era già presente negli ambiti del rock psichedelico, del progressive rock e del metal. Dopo le prime avvisaglie degli anni Sessanta e Settanta, il numero di album con influenze lovecraftiane pubblicati negli anni Ottanta comincia a crescere velocissimo, tanto che si comincia a faticare nel tener nota di tutte le uscite. Cerchiamo di andare comunque in ordine cronologico, anche se dobbiamo fare solo un brevissimo passo indietro negli anni Settanta, in Belgio, per notare un gruppo prog-fusion chiamato Arkham, come la città immaginaria del Massachusetts inventata da Lovecraft. Di questi Arkham non si ebbero notizie, né materiale musicale, fino a quando non venne pubblicato un CD omonimo nel 2001 con delle vecchie incisioni, poi ristampato più volte, con aggiunte di qualche nuova canzone. Nulla di particolare da segnalare a tema lovecraftiano, anche se la prima canzone si intitola Upstairs in the Granary, che a me fa venire in mente storie come L’orrore di Dunwich (The Dunwich Horror, 1928), dove nel granaio qualcosa di orrendo era nascosto. Questa è una mia supposizione, anche se il tastierista degli Arkham, Jean-Luc Manderlier, conosceva Lovecraft e trasmise la sua passione al batterista Daniel Denis, il quale nel 1974 fondò gli Univers Zero. Il loro genere è una musica di ispirazione cameristica, influenzata da compositori contemporanei come Bartók e Stravinskji, tanto da essere identificato come “rock da camera”. A dire il vero, di rock hanno molto poco, a cominciare dall’organico, dove troviamo strumenti classici come oboe, clarinetto, viola, pianoforte, organo e percussioni. Fecero parte del movimento RIO – Rock In Opposition, che si proponeva di contrastare il mercato discografico, creando una musica indipendente e basata soltanto su fini artistici, insieme ad altri gruppi di area prog, fra cui Henry Cow, Stormy Six, Samla Mammas Manna, Etron Fou Leloublan, Art Zoyd ed altri. Registrarono due dischi negli anni Settanta, il primo omonimo del 1977, che successivamente fu ridistribuito e rimasterizzato col titolo 1313, e Héresie (1979), ma è nel terzo, Ceux du dehors (“Quelli di fuori”) del 1981, che evocarono Lovecraft nel titolo e con il brano La Musique D’Erich Zann, citando l’omonimo racconto (The Music of Erich Zann, 1921). Il racconto lovecraftiano narra, senza rivelare troppo a chi non l’ha letto, di un violinista di straordinario talento, che scrive una musica intensa, ma sempre molto inquietante e spaventosa da ascoltare, ed è custode di un orribile segreto. 

In una nota a margine nel disco, il brano degli Univers Zero è descritto come un’improvvisazione collettiva ispirata da un racconto di H.P. Lovecraft. È molto breve per le loro abitudini, e si basa su di un violino che ripete in modo ossessivo poche note dall’inizio alla fine, con dissonanze e rumori che progressivamente aumentano e culminano in un crescendo quasi a cluster, per concludersi di nuovo con il violino che gratta e si riduce a un ronzio. L’uso delle armonie non convenzionali, spesso ostiche per l’ascoltatore, è tipico degli Univers Zero. Nel loro caso, dunque, l’atmosfera lovecraftiana viene data non da un testo, che qui per altro manca perché si tratta di brani strumentali, ma piuttosto dall’atmosfera straniante che sono in grado di creare attraverso la loro composizione.
Daniel Danis, a proposito della composizione di La Musique D’Erich Zann, ricorda:

È stato un esperimento piuttosto interessante. Stavamo cercando di registrare un pezzo spontaneo e improvvisato, approfittando di tutti i musicisti presenti in studio, mentre eravamo in Svizzera per incidere Ceux du dehors. Ho chiesto a tutti quelli del gruppo di leggere brevemente la storia e di immergersi nell’atmosfera. Il risultato è stato un pezzo molto misterioso, che credo Lovecraft avrebbe apprezzato.

A titolo di curiosità segnalo che nei primi tempi di Internet, quindi fine anni Novanta, gli Univers Zero avevano una pagina web a loro dedicata, creata dal critico musicale Phil Kime ed era ospitata sul server del dipartimento di scienze cognitive dell’università di Edimburgo. Il contenuto era in realtà un articolo precedentemente apparso su una rivista musicale (Music Uncovered, numero 23) e oggi è visibile su Web Archive. Il gruppo è ancora in attività.

UZkimeLa pagina di Phil Kime dedicata agli Univers Zero, 17 gennaio 1999 (recuperata da Wayback Machine – The Internet Archive)

L’anno 1984 sembra uno dei più lovecraftiani del decennio, perché vide la concomitanza di molte uscite sul tema, alcune anche molto importanti per la storia dell’heavy metal. Nel 1984 uscì Morbid Tales dei Celtic Frost, dove troviamo alcuni passaggi ispirati a HPL, per esempio in Nocturnal Fear viene citato Azathoth:

The sleeping lord awakes
Tiamat pulls on her chains
The blind phantom rages
Azag-Thoth Howls
Vibrations at the black ethers edge
As nocturnal fear penetrates the land
Ecstatical celebrations at their zenith
The seven sharpen their claws

Nel 1985 venne pubblicato il loro EP Emperor’s Return, che conteneva il brano Morbid Tales , dove il testo cita Yog-Sothoth, l’entità cosmica apparsa per la prima volta nel racconto Il caso di Charles Dexter Ward (The Case of Charles Dexter Ward, 1927):

Agony and nightmare
To Yog Sothoth they moan
Nightfalls, morbid affair
Beard the faceless one

Il CD di Morbid Tales verrà ristampato nel 1999, con l’aggiunta di tutte le tracce di Emperor’s Return. Il bassista Martin Eric Ain commentò così le incursioni dei Celtic Frost nei territori lovecraftiani:

Volevamo ricreare l’estraneità disumana che Lovecraft ha descritto così spesso. Siccome eravamo fra le prime band di metal estremo, cercavamo di ottenere questo effetto attraverso elementi musicali che erano considerati alieni per il genere. Nel 1984, quando per la prima volta ci mettemmo a lavorare su temi ispirati a Lovecraft, il canone heavy metal era piuttosto limitato. Così per esempio, inserimmo alcune tracce di violino in Nocturnal Fear. Questo violino venne suonato scordato e fuori tempo rispetto a quello che aveva inciso il gruppo e questo funzionò come trucco per evocare un’atmosfera ctonia.

Racconta poi quel che gli piaceva dello scrittore:

I Miti di Cthulhu, in pratica tutto la mitologia dei Grandi Antichi. Il Necronomicon, secondo me è uno dei casi più forti di invenzione che diventa realtà nella storia dell’occulto. Il suo stile letterario maniacale, determinato, quasi isterico generò in me un’innegabile stato di urgenza, quando ero adolescente. Questo autore che si chiama H.P. Lovecraft e che arriva con questi “personaggi” dai nomi Azathoth, Shub Niggurath, Nyarlathothep e Funghi di Yuggoth si è meritato il mio affetto più completo.

Di nuovo nel 1984 tre ragazzini tedeschi di Lörrach, nel Baden-Württemberg, formarono un gruppo thrash metal che chiamarono Necronomicon. Esordirono come power-trio e incisero il loro primo demo nel giugno 1985 intitolato Total Rejection. Nonostante il loro nome decisamente lovecraftiano, nei primi demo e nel primo album non ci sono riferimenti diretti a Lovecraft. Soltanto nel loro secondo disco, Apocalyptic Nightmare (1987), il primo brano s’intitola The Ancient Ones ed è finalmente a tema. Poi, nel resto della loro carriera non scriveranno più nulla di concretamente ispirato allo scrittore di Providence. Il loro stile è un classico thrash delle origini alla tedesca, ben suonato, veloce, contaminato con l’hardcore e il metal classico, ricco di cambi di tempo e di espressività. Nei loro primi lavori c’è qualche incertezza tecnica, per esempio durante gli assoli di chitarra, che poi migliorerà con il tempo, ma a scapito della personalità. Dopo un primo scioglimento nel 1994, i Necronomicon sono ancora in attività e proseguono, pur con alterna qualità, mantenendosi fedeli allo spirito originario del gruppo. Hanno pubblicato il loro ultimo disco il 28 aprile 2023, che s’intitola Constant to Death.

Questi Necronomicon tedeschi del 1984 furono i primi in assoluto a usare il nome del libro maledetto, legandosi indissolubilmente al Maestro di Providence, ma furono anche i primi di una serie abbastanza lunga di omonimi. Dedicherò presto uno speciale apposito a tutti i gruppi noti fino ad oggi che si chiamano e che si sono chiamati Necronomicon. A dire il vero c’è un numero ancora maggiore di gruppi che si chiamano Arkham, come quelli che abbiamo citato sopra, per cui si farà uno speciale anche su questi casi.

Sempre del 1984 è l’uscita del primo e unico disco dei francesi Yog-Sothoth, edito dall’etichetta indipendente Cryonic. Il loro genere è un jazz di avanguardia, in parte influenzato dal progressive rock di stile Zehul ed è ricco di parti improvvisate. Hanno qualcosa in comune con i sopracitati Univers Zero: mostrano una varietà e una profondità compositiva simile, anche se risultano molto più orientati al jazz. Di lovecraftiano hanno in primo luogo il nome, ma anche alcune atmosfere dei loro brani, che sono caratterizzati da strutture complesse, in alcuni passaggi quasi psichedelici e cosmici. All’interno dell’album, un testo spiega l’origine e lo stile musicale del gruppo:

I “Grandi Antichi”, primi abitanti della Terra, sono, nella mitologia dello scrittore H.P. Lovecraft, le potenze tenebrose che furono respinte in una dimensione differente, ma la loro presenza resta percepibile. Uno di loro, YOG-SOTHOTH, incarna la porta che permette il fugace ritorno di queste oscure forze, l’apertura attraverso la quale si svela il mondo dell’immaginario. È su questo tema che il gruppo, formatosi nel 1980, decide di lavorare con composizioni rigorose o con l’improvvisazione totale …

YS1984-0

Per chi apprezza questo genere sono un ascolto molto consigliato, anche se il loro unico disco è ormai molto difficile da reperire e non sono ancora presenti sui circuiti di streaming.
Nello stesso periodo arrivò un altro gruppo, sempre francese e di genere sperimentale simile: Shub-Niggurath. Fondati dal bassista Allan Baullard nel 1983, avevano un organico che andava oltre i sette elementi, fra cui una voce femminile, la quale svolgeva un ruolo strumentale, in quanto non cantava testi, o lo faceva solo sporadicamente. Per la loro musica si ispiravano principalmente a Lovecraft, che ricordiamo essere un autore particolarmente amato in Francia, come denuncia il nome scelto, che è quello della misteriosa divinità invocata in alcuni racconti (per esempio: The Last Test, 1927; The Whisperer in Darkness, 1930). Incisero un demo nel 1984, mentre il loro primo disco ufficiale è Les morts vont vites del 1986 ed è facilmente reperibile. L’atmosfera creata dalla loro musica è decisamente inquietante e disturbante per chi non è abituato a questo tipo di sonorità. Uno dei lori brani più celebri s’intitola Yog-Sothoth ed è anche un ottimo esempio del loro stile, che è simile a quello degli Univers Zero, in quanto anche loro si ispirano molto alla musica contemporanea e fanno largo uso di dissonanze, oltre che di rumori ed effetti sonori. Rimasero attivi fino alla morte di Baullard, avvenuta nel 1995.

SNcassIl demo degli Shub-Nuggurath, 1984.

Tornando al mondo heavy metal, di nuovo nel 1984 i Metallica pubblicarono Ride the Lighting, che comprende il brano strumentale The Call of Ktulu, il cui titolo è un tributo all’omonimo racconto (The Call of Cthulhu, 1926). La canzone è un sublime esempio di suite metal, dall’atmosfera misteriosa, ma variegata nell’intensità, che inizia con un arpeggio classico ed ha una struttura composta da vari movimenti. Il titolo originale era When Hell Freezes Over, poi Cliff Burton propose il cambio di titolo. Si può considerare questa la prima volta in cui compare Cthulhu nel titolo di una canzone heavy metal, per quanto la grafia fu semplificata in “Ktulu”. Parlando di brani rock, abbiamo già visto C’thlu Thlu dei Caravan, dove però il nome era particolarmente e volutamente storpiato. Un altro precedente nel rock-blues fu nel 1976 con The Cthulhu, scritto correttamente dagli australiani Jo Jo Zep & The Falcons, che si trova nel loro primo album Don’t waste it.

I Metallica citeranno una seconda volta Lovecraft in Master of Puppets (1985) con The Thing That Should Not Be, il cui testo si ispira a temi lovecraftiani non precisati, ma che possono ricordare racconti come L’ombra su Innsmouth (The shadow over Innsmouth, 1936), Il richiamo di Cthulhu (The Call of Cthulhu, 1926) e contiene alcune rime molto ispirate:

Hybrid children watch the sea
Pray for father, roaming free
Fearless wretch, insanity
He watches, lurking beneath the sea
Great Old One, forbidden site
He searches, hunter of the shadows is rising
Immortal
In madness you dwell

[…]

Not dead which eternal lie
Stranger eons death may die
Drain you of your sanity
Face the thing that should not be!

The Thing That Should Not Be è una canzone dal ritmo cadenzato e dall’atmosfera scura e pesante, che rimanda bene ai temi horror del testo.

Nel 1985 gli Iron Maiden pubblicarono Live After Death, uno dei live più importanti della storia del nostro genere, oltre che uno dei momenti migliori ed irripetibili della loro carriera. La celeberrima copertina del disco presenta un Eddie che emerge dalla propria tomba, colpito in fronte da un fulmine e, sulla lapide, compare una famosa citazione lovecraftiana:

That is not dead which can eternal lie
Yet with strange aeons even death may die

LAD1985dett
Il distico comparve per la prima volta nel racconto La città senza nome (The nameless city, 1921) e fu ripetuto in altri racconti. A parte questa citazione in copertina, gli Iron Maiden non scrissero mai nulla di apertamente lovecraftiano nei loro testi o nei titoli delle loro canzoni. Steve Harris è sempre stato un grande appassionato di horror e di fantascienza e ha più volte citato racconti e romanzi di genere, mentre sembra che non abbia mai citato Lovecraft. La copertina di Live After Death resta quindi un caso unico nella carriera degli Iron, che fino ad oggi non si è più ripetuto.

Dato che siamo ormai arrivati al 1986, nel prossimo episodio ci occuperemo dei Morbid Angel, uno dei gruppi più estremi e più lovecraftiani di sempre.
(Stefano Mazza)


L’immagine in evidenza è tratta da Karel Thole, I mostri all’angolo della strada, 1966.

DISCOGRAFIA

Arkham, s/t, Arcàngelo 2001.
Univers Zero, Ceux du dehors, Cuneiform 1981.
Celtic Frost, Morbid Tales, Noise / Metal Blade 1984.
Celtic Frost, Emperor’s Return, Noise 1985.
Yog-Sothoth, s/t, Cryonic Inc. – MAD 3010, Vinile, Francia 1984.
Shub-Niggurath, Demo, 1984.
Shub-Niggurath, Les morts vont vites, Musea 1986.
Metallica, Ride the Lighting, Megaforce 1984.
Jo Jo Zep & The Falcons, Don’t Waste It, Oz Records 1976.
Metallica, Master of Puppets, Elektra / Music for Nations 1985.
Iron Maiden, Live After Death, EMI 1985.
Necronomicon, Apocalyptic Nightmare, Scratchcore 1987.


BIBLIO- / SITO- GRAFIA

H.P. Lovecraft, I mostri all’angolo della strada, Oscar Mondadori n.1226, Milano 1980 (prima edizione 1966).
Sebastiano Fusco, Gianfranco De Turris, Lovecraft, Il Castoro – La Nuova Italia, Dicembre 1979.
Metal Extra n. 3 – Speciale Lovecraft, supplemento a Metal Hurlant, Nuova Frontiera, 1982.
Gary Hill, The strange sound of Cthulhu, lulu.org 2006.

https://www.fantascienza.com/catalogo/volumi/NILF110453/i-mostri-all-angolo-della-strada/
http://www.progarchives.com/artist.asp?id=1006
http://www.progarchives.com/album.asp?id=1366

http://www.progarchives.com/artist.asp?id=3889
http://www.progarchives.com/artist.asp?id=810
https://en.wikipedia.org/wiki/Jo_Jo_Zep_%26_The_Falcons


GLI EPISODI PRECEDENTI
Si trovano qua.

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