THE POLITICS OF METAL SKUNK #4: il Dalai Lama dia la colpa ai Sarcofago

Coloro che leggendo Sette anni in Tibet sono rimasti colpiti dalla sua sconfinata poetica avranno subito, negli ultimi giorni, sintomi fisici tali da indurli a un affrettato check up medico. Questo perché Tenzin Gyatso, tibetano classe 1935, Dalai Lama all’epoca della fuga di Heinrich Harrer e Dalai Lama al giorno d’oggi, ha fatto quel che ha fatto. E non c’entra il pezzo dei Rammstein; se andate a leggervi la traduzione capirete che lo dedicarono a nient’altro che allo sfortunato volo 123 della Japan Airlines, finito, nell’agosto 1985, contro il monte Takamagahara con a bordo 520 persone. Il tutto a causa di un’erronea riparazione avvenuta sette anni addietro. Ma lasciamo perdere i Boeing 747.
Con il presente articolo non sono intenzionato a giudicare il suo succhiami la lingua e il contesto entro il quale queste tre parole sono state pronunciate. Gli suggeriamo nondimeno di ricorrere all’heavy metal per togliersi fuori dalla imbarazzante situazione, per taluni pedofilia spicciola, per altri un male interpretato scherzo di dubbio gusto (!!!); un gesto che, a prescindere dalla sua natura e dalle sue reali intenzioni, ha comunque finito per inficiarne la decorosa (!!!) reputazione.
Ebbene, signor Gyatso, molti diedero la colpa all’heavy metal. Chi riesumò corpi e se li mangiò disse che erano stati i Carcass; e chi puntò il dito contro i Judas Priest e gli Slayer per fatti criminali è poi finito in un tribunale a discutere, al cospetto di un giudice e sotto giuramento, la propria innocenza o colpevolezza. È ora che il Dalai Lama si rivolga a Metal Skunk forte dell’assistenza dell’avvocato del blog Azzeccagarbugli (a cui piace ogni genere di disco in circolazione, ma ahimè, sarà inflessibile con vostra moglie il giorno in cui vorrà divorziare per depredarvi, pertanto vi suggerisco di annotare il suo nome per un lontano futuro di diverbi: chiedete a Achraf Hakimi in questi giorni e saprà darvi la sua referenza positiva sull’Azzeccagarbugli). Addossiamo all’heavy metal la sua influenza negativa per quanto accaduto, linguino.
Avete presente la storia dei Judas Priest in tribunale per il suicidio di quei due giovani nel 1985? Furono tirati in causa dai familiari, che ebbero attribuito la colpa all’album Stained Class e con precisione all’unica canzone contenuta in esso che non era stata scritta dai Judas Priest: Better by You, Better than Me, cover degli Spooky Truth. Sostennero che conteneva messaggi subliminali che avrebbero indotto i due a uccidersi. La causa in tribunale esplose nel 1990, stesso anno d’uscita di Painkiller, e la band la vinse. Anche in quel caso era presente l’Azzeccagarbugli, non ho dubbi a riguardo. A una cifra modica il Dalai Lama avrà la possibilità di ingaggiare il nostro portentoso penalista, il cui ricavato sarà investito nella stampa di t-shirt aventi il nostro logo, oltre ad adesivi e curiosi gadget inediti. Voglio ribadire che nel 2023 ancora affronto le bottiglie di birra con un apribottiglie della Heineken e non con quello di Metal Skunk. Ma torniamo a Tenzin: posso chiamarti per nome, linguino?
Naturalmente non si può partire dal nulla assoluto e ho i miei sani dubbi che tu, Tenzin, abbia sugli scaffali i primi album dei Pungent Stench, tipo Been Caught Buttering. Dove la lingua è peraltro sottointesa. Su suggerimento dell’Azzeccagarbugli innalzerai un muro difensivo senza precedenti. Hai ascoltato heavy metal tutta la notte prima di ritrovarti al cospetto del piccoletto a cui hai detto quella puttanata. Hai ascoltato dischi in formato fisico, perché hai una certa, e le loro copertine, unite a qualche sostanzuccia presa per errore, hanno fatto il resto. Andiamo ad elencarli.
POISON – Open up and say… ahh! (1988)
Impossibile replicare l’iconica immagine del precedente Look What the Cat Dragged In, e peraltro stiamo parlando dei due principali successi del gruppo di Bret Michaels. Con Open up and say… ahh! la strada per cui i Poison optano sposta il tiro dall’ottenere più sfottò possibile all’essere censurati nel minor tempo possibile. E ci riescono con la medesima brillantezza riscontrabile in un singolo come Nothin’ but a Good Time.
SARCOFAGO – Rotting (1989)
Ho già parlato dei Sarcofago altrove. Non su un autobus a chi mi sedeva accanto; intendo qui, su Metal Skunk. La copertina di Rotting ha in comune una cosa con i Poison: nella precedente, I.N.R.I., erano mostrati i membri della band conciati nella peggior maniera possibile, con D.D. Crazy in forma più che smagliante; all’uscita seguente entrambe le formazioni, distanti migliaia di chilometri, si limitarono a piazzarci di fronte l’immagine più disturbante che gli era passata per la testa. I.N.R.I. è il primo LP dei Sarcofago e dura meno di mezz’ora. Rotting è il primo EP dei Sarcofago e dura quattro minuti in più di I.N.R.I.
Ma finiamola con le pillole statistiche e torniamo a noi, Tenzin, prima che la macchina del fango sia sufficientemente a regime da costringere l’Azzeccagarbugli a un doppio lavoro. Che poi dobbiamo ugualmente farti il conto, anche se è tutto devoluto a magliette e adesivi.
REGURGITATE – Carnivorous Erection (2000)
È mia intenzione citare il seguente disco in segno di monito, Tenzin. Dovrebbe aiutarti a comprendere perché, in effetti, è meglio che alla tua età la lingua te la tenga a posto. Non entrerò in ulteriori dettagli, ma la band di Stoccolma aveva debuttato qualche anno prima con Effortless Regurgitation of Bright Red Blood, che dubito parlasse di reflusso gastrico, e, se ben ne ricordate la copertina, è facile dedurre cosa avessero pensato Rikard Jansson e soci al momento di dover scegliere l’immagine in calce al secondo album. “Stavolta dobbiamo andarci giù ancora più pesante”. E così fu.
Insomma, Tenzin, in linea di massima dovrebbe funzionare. E per qualsiasi cosa dai un colpo di telefono all’Azzeccagarbugli o vallo a cercare al Traffic, che stanno sempre tutti lì a bere. (Marco Belardi)