Mayhem // Mortiis // Whiskey Ritual @Campus Industry, Parma 08.05.2022

Ho deciso di partecipare solo all’ultimo a quest’evento, grazie soprattutto all’amico Vassilij che a differenza mia aveva adocchiato la data già da tempo, covando il consueto e comprensibilissimo risentimento per il mondo e l’universo al di qua dell’orizzonte degli eventi. Dal canto mio devo ammettere che questa data me la stavo semplicemente perdendo perché con il tempo mi abituo a tutto, anche al non guardare più tra le date dei concerti in vista e a non sperarci neanche per non rimanere con niente più che buone intenzioni e un sugosissimo voucher da spendere non si sa come. E invece questa volta è tutto vero e, dopo tanto tempo, il mio sodale anti-life ed io partiamo alla volta di Parma per vedere i fottuti Mayhem praticare blasfemie acrobatiche nelle zone industriali più umide del circondario.

Partiamo dunque alla buon’ora, arrivando con precisione svizzera per l’apertura del locale, in cui più o meno tutto è rimasto come allora. La pizzeria in mezzo al piazzale che due anni fa non aveva posto, le cisterne con il nastro trasportatore, l’ampio piazzale con le pozzanghere, i blackster in tenuta d’ordinanza. Una volta entrati abbiamo giusto il tempo di farci una birretta prima che si preparino a iniziare le danze macabre i parmensi Whiskey Ritual, che forniscono il loro caprino contributo in soccorso all’improvvisa defezione per motivi di salute dei Forgotten Tomb, originariamente previsti in apertura. Il concerto spacca abbastanza e ci risveglia dal torpore accumulato nel viaggio: loro ci mettono l’attitudine roccheggiona, il punk, il black e l’occhiale war metal. I brani riprendono un po’ tutta la loro discografia e quindi Black metal ultras666 problemsSatanik Kommando tra le tante e One Million, dedicata peraltro a Herr Morbid dei Forgotten Tomb che non ha potuto presenziare per i suddetti problemi. Il cantante, Dorian, decide di dedicare i pezzi a gruppi di gente a capocchia, sfattoni ubriachi, black metaller, poser, skinhead e femministe, con dito medio e vaffanculo a tutti in ossequio a GG Allin. La gente comunque sembra gradire e qualche timido pogo si smuove dalle leve più giovani (che aiutano ad abbassare l’età media comunque piuttosto altina) mentre dal palco si alzano cori da curva verso il capro. È comunque evidente che questa sera prevale la frangia anti-mosh anti-life.

Nella breve pausa ci facciamo un giro tra i banchetti di dischi sul retro, dove constato che, nonostante ci sia nel mondo una difficoltà generale nel reperimento sul mercato mondiale di materie prime e circuiti integrati, siamo fornitissimi invece di CD dei Satanic Warmaster e black in generale. Ci sta. Non riesco a comprare niente perché il tipo che teneva il banchetto si era allontanato e noi volevamo una birra per brindare alle tastierine della Bontempi e a quella gadget del Ciocorì, perché di li a poco sarebbe iniziato il set di Mortiis che ripropone i pezzi dell’era I. E infatti i tecnici si apprestano a scoprire il tastierone gnoll con i bottoni e i tubi corrugati che escono dai lati e che vengono solertemente collegati dagli addetti ai lavori a degli arcani mantici, che però sono dietro al telo e non si vedono. Una specie di diamonica del male. Si palesa dunque il nostro folletto preferito (unito al rituale metallaro altissimo davanti a me, una specie di maledizione che non mi abbandona anche se sono alto 1,80) e comincia il viaggio nel dungeon synth estremo. A me la cosa non dispiace e, per quanto la cosa sulla carta possa far storcere il naso (di gomma) a chiunque, l’esibizione è piuttosto coinvolgente, anche grazie all’intervento di un secondo troll: Spectre dei Gaahls Wyrd, che con percussioni vere dà un minimo di “movimento” alla scena contribuendo in modo decisivo alle ritmiche marziali e ossessive. Probabilmente se queste ultime fossero state affidate ai soli campionamenti ciò sarebbe stato un limite maggiore alla resa dal vivo. Vassilj mi sembra comunque soddisfatto, sempre con il suo sorriso sornione, mentre gli altri astanti esprimono assenso prima con micromovimenti della testa e poi con ovazioni e applausi. Non so ricostruire la scaletta a memoria, né mi è facile descrivere appieno la prestazione; è tutta atmosfera e va vissuta, sono sicuro che a chi piace anche solo lontanamente questa roba fantasy medievale che andava di moda nei videogames degli anni 80 si è goduto il concerto, mentre a chi delle tastierine non gliene fregava un cazzo non ha cambiato idea. Giunta la conclusione Mortiis, dopo aver timidamente ringraziato la folla, si eclissa in una nuvola di zolfo, lasciando spazio ai Mayhem.

Si scopre quindi l’ormai noto ed enorme set percussivo di Hellhammer, circondato di croci rovesciate e attorniato da drappi con teschi e ossa. Lo storico batterista questa sera sarà presente e appare anche in discreta forma, anche perché sembra non invecchiare mai. L’esibizione inizia abbastanza puntuale, questa sera la setlist è divisa in tre atti: il primo è ovviamente dedicato in gran parte al disco nuovo di cui Trainspotting tirò le somme qui e alla produzione più recente, ossia qualche pezzo post duemila e una piccola digressione su Wolf’s Lair Abyss. Sono comunque contento di sentire i Mayhem e, anche se l’impressione generale sui pezzi tratti da Daemon è comunque meh, loro si danno comunque un gran da fare per coinvolgere e rendere al meglio. Attila si diletta nella manipolazione degli oggetti di scena composti da ossa assortite e cappi, Necrobutcher suona tutto curvo sul basso protendendo ritmicamente la testa tipo gargoyle, Hellhammer dispensa mazzate a destra e a manca, facendomi peraltro trasalire su un paio di botte assurde, e i chitarristi liberano la tendinite da tremolo picking. Sarò banale ma ovviamente la prestazione, comunque ottima, tocca i picchi quando dopo un breve cambio palco si entra nell’atto secondo, dedicato alla celebrazione del Classico – non per intero, ovviamente, ma comunque per una consistente parte. Che dire: odio e felicità per tutti, i musicisti tutti incappucciati macinano i riff della storia, la gente grida blasfemie sempre puntualmente corrisposte dal cantante mentre nella scenografia di fondo compaiono manichini macabri e corone d’ossa: è una situazione che fungerebbe da catarsi anche al più devoto dei chierichetti, anche perché Freezing Moon e Life Eternal sono un patrimonio inestimabile. È stato commmovente, davvero. L’atto terzo è la zona encore, gli obbligati di Deathcrush con quel riff che resta in testa per sempre e Attila, finalmente libero da stracci neri e casule, sfoggia fieramente borchie e pelle con alle spalle il logo rosso dei Mayhem. Pure Fucking Armageddon arriva troppo presto e, quando si accendono tre fontane pirotecniche innanzi al palco, il cantante ci si inarca sopra con la schiena facendosi investire dalle scintille e tutto finisce. Applausi a scena aperta e tutti a casa. Che bello il black metal. (Maurizio Diaz)

 

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