Farsi infinocchiare dal Barg e dai CULT OF LUNA: The Raging River

Roba da non credersi. Io non so distinguere gli Isis dagli Amenra, non ne faccio mistero, ma il Barg pensa che, siccome porto gli occhiali quando lavoro e mangio parecchia soia, il post-metal sia roba che mastico con cognizione di causa. E allora mi propone di fare il pezzo sul nuovo dei Cult of Luna. Gli faccio presente che non è esattamente la mia cup of tea e lui, che evidentemente ha incassato il niet di qualche altro scribacchino più blasonato, mi fa “peccato, c’era anche la collaborazione di Mark Lanegan…“. E io? Ci sono cascato come un pollo (sic). Beh, dai, onestamente, Mariner dei COL con Julie Christmas è stato un disco clamoroso, ne abbiamo già parlato qui, e la collaborazione del tenebroso Lanegan con gli Earth è semplicemente una delle combinazioni astrali più riuscite degli ultimi venti anni di musica (certe leccornie le passano a Enrico, mica al sottoscritto). Quindi non credo di essere stato l’unico ad aspettarsi grandi cose.
E allora, amici lettori, partiamo dagli spoiler: com’è riuscita questa tanto declamata collaborazione? Un brano di tre minuti e qualcosa che è sicuro meglio delle ultime cose del nostro, ma spacciarla per “collaborazione” è intellettualmente disonesto. Ti fa pensare che si siano ingegnati per unire gli stili e creare qualcosa di nuovo. Invece no. Un pezzo di puro Lanegan-style (bello, parecchio) in cui i Cult of Luna si limitano a fare un accompagnamento ghost-blues competente, ma nessuna traccia del loro stile. Che è sovrapposizione di riffoni grassi, di urla grasse, di suoni grassi. E tempi dilatati. No, con Lanegan si sta in silenzio e si suona in punta di dita, ok. Però prendete Inside of a Dream e mettetela in qualsiasi disco di Lanegan, suonato da gente come Alain Johannes o Mike Johnson, e non sentirete la differenza. Mettetelo in una compilation di brani dei Cult of Luna e c’entra come i cavoli a merenda. Ovvio che mi sia indispettito, no? Mi fate venire l’acquolina perché ho voglia di sentire una nuova combinazione, quella voce pesa che canta su musica pesa e mi ritrovo un contentino, uno specchietto per allodole. Ma andate a cagare.
Parliamo del resto allora, che ci sarà qualche fan dei COL in giro che già sbuffa: The Raging River è un EP di oltre 38 minuti (Master of Reality ne dura 34 e Rising 33) composto, a parte la suddetta Inside of a Dream, di quattro brani potentissimi e perfettamente intercambiabili. “Tutto molto bellissimo”, diceva uno delle mie parti forse poco istruito, ma io non è che comunque ne capisca molto. Ne ho parlato con il mio collega che già mi suggeriva i Thou, lui mangia meno soia di me ma di certi suoni se ne intende, e mi dice: “disco dell’anno!”. Mi fido, eh, però io fatico a memorizzare un brano, un passaggio, un disco, di questa roba qui. La mia idea (e poi la smetto, che già vi avrò indispettito) è che la corrente che domina il post-metal/hardcore oggi, anzi, negli ultimi venti anni, sia (specularmente a quanto succede nel post-rock) quella basata sulla sola stratificazione come espediente di scrittura. Poco quindi a che spartire con la complessità dei Neurosis (o degli Slint, o dei Don Caballero, o dei June of 44). Molto più semplice il canovaccio di aggiunte strato-su-strato e al limite un vuoto per far risaltare poi un pieno parossistico. O almeno questo è il caso dei nostri. Io sbadiglio, intanto. Ma sicuro è un problema mio, dite pure la vostra. Comunque mi fido dell’opinione del collega che di questa roba ne sa a palate e s’è sparato tutta la roba Victory Records e Hydrahead quando era fresca. Oh, un disco ben fatto, intesi, Three Bridges ha una bella atmosfera, ma se vi dicessi che di sicuro lo riascolterò dopo aver finito questa pseudo-recensione, sappiatelo, vi starei mentendo sfacciatamente. Ora lo dico anche al Barg. (Lorenzo Centini)
Non sono d’accordo, ma tant’è, alla fine tutti i pareri sono leciti. Sicuramente un gruppo partito come derivativo ma che alla lunga sta mostrando molta personalità, anche alla luce del fatto che i concorrenti o si sono sciolti (Isis) o hanno tempi pachidermici per far uscire nuovo materiale (Neurosis). Disco dell’anno è sinceramente troppo, ma ci sono quattro brani che oggi sono a livello di pochi (giusto gli Amenra).
Il discorso con Lanegan lo capisco, ma è comunque vero che è meglio di tutto quello che lui stesso ha proposto da “Gargoyle” in poi… quindi non sarà musica dei Cult of luna cantata da Lanegan ma sinceramente sticazzi.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Gli occhiali me li dovrei mettere per leggere da vicino, oramai. Non lo faccio solo per una questione narcisistica: negare l’inesorabile scorrere del tempo lineare, quello che i greci chiamavano kronos. Oggettivamente però da vicino non vedo un cazzo di niente. Qual è la differenza con quelli che continuano a dire che Cult of Luna o The Ocean Collective sono roba per intellettuali?
“Nessuno è così vicino a Dio come un ateo. Tu non mi cercheresti se non mi avessi trovato…”.
"Mi piace"Piace a 1 persona