THE POLITICS OF METAL SKUNK: perché è saltato il concerto dei Sepultura in Libano

Come ben saprete, il concerto dei Sepultura a Beirut, in Libano, non si è mai tenuto. La data prevista era quella del 28 aprile, e le autorità locali hanno semplicemente impedito il visto alla band brasiliana senza scendere troppo in dettagli. Questi ultimi, comunque, sarebbero legati a una presunta attitudine anticristiana della band – il che ci fa supporre avessero ascoltato molto a fondo Morbid Visions – ed a ragioni di sfondo politico. Niente da fare, i Sepultura in Libano non ci vanno, ma a noi di Metal Skunk questa faccenda suona come il classico e improvviso mal di testa quando è ora di scopare, e quindi abbiamo deciso di andare più a fondo nell’intera questione.

Il Consigliere si avvicinò al tavolo del Presidente, la cui scrivania in lucido noce era colma di adesivi di band hardcore, fra cui gli italiani Cheetah Chrome Motherfuckers e Indigesti. Lo aveva conosciuto quasi vent’anni prima a una fiera del disco, notò che lo sguardo truce non era cambiato di una virgola da allora, ma quello che non notò, è che in quel momento era in cuffia. Concentratissimo su ciò che andava ascoltando.

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Andreas Kisser durante la prova del VR gear di ultima generazione

Presidente, ci sono i Sepultura che vengono a suonare a Beirut.

Il Presidente si voltò con indosso una t-shirt di Urban Discipline dei Biohazard e gli gridò Chi? I Sepultura? Ma se sono chin’e mmerd’!

Ma Presidente, le ho portato un po’ di dischini, venvia li metta su codesti dischini. Il Consigliere aveva l’abitudine di ascoltare intere discografie di band che erano affondate ormai da un pezzo, non mollava per semplice curiosità mista a un pizzico di depravazione, e questo il Presidente lo sapeva benissimo. Sebbene il suo superiore conoscesse i suoi gusti in fatto di thrash metal, in questo caso era palese che non gli avrebbe portato niente di paragonabile a Schizophrenia, né alle celebri cover dei Ratos de Porao. Tolse comunque i Sottopressione dal lettore cd Aiwa, e li sostituì con Roorback, primo titolo selezionato in una lista accuratamente stilata dal suo fidato sottoposto.

Presidente, questo è Roorback, il secondo del cosiddetto periodo hardcore dei Sepultura. Non so perchè lo chiamino così, ma è un album che sebbene non sia piaciuto a nessuno, da’ meno l’impressione di trovarsi ai mercatini etnici coi flauti di Piazzale Michelangelo. Non le piacerà neanche un po’.

L’espressione immobile e severa alla Lee Van Cleef del Presidente lasciò spazio a un lungo viaggio lungo gli scarichi fognari di Belo Horizonte, laddove la musica del quartetto brasiliano era riuscita a sprofondare in meno di un lustro. Le cuffie soffocavano qualche parola incomprensibile come afammocca a chitemmuort’ e, dall’altra parte, un pungente beccati stocazzo, Presidente, che le cuffie di quest’ultimo seppero abilmente camuffare. Finché non si passò all’album seguente, Dante XXI.

Il radicale cambio di identità di Igor Cavalera per riuscire a sganciarsi dalla band di Dante XXI

Le lacrime avevano parzialmente bagnato il volto del bambino di Urban Discipline, ma solo un lurido campagnolo come il Consigliere avrebbe potuto notare un dettaglio del genere. E lo fece, fissando per lunghi istanti la maglietta deturpata del Presidente come in sentore di sfida. L’ultimo album con Igor Cavalera metteva subito in mostra un netto ritorno al metal, con l’innocuo thrash metal di Dark Wood Of Error subito seguito da massicci riff di chitarra che Andreas Kisser poteva aver prelevato solo dagli scarti di Chaos A.D.

Quello che a una disattenta prima occhiata sembrò un gradito ritorno dei Nostri alle sonorità per le quali li avevamo amati, in realtà presentava come unico perno un Derrick Greene finalmente a suo agio dopo un periodo di transizione – o meglio ambientamento – che ci era apparso interminabile. L’album era bruttino anche stavolta e solo i Therion avrebbero fatto cose con un maggior numero di tracce, nell’acclamata ma odiata Era dello streaming digitale e del ritorno alla ribalta degli stramaledetti singoli. Il Consigliere rideva sotto i baffi sfilando lentamente il terzo di sei compact disc, e mentre il Presidente gli rivolse un’ennesima occhiata piena di rancore, estrasse prontamente A-Lex.

Le sue diciotto tracce sbeffeggiavano le quindici di Dante XXI, e in apertura ce n’era una chiamata Moloko Mesto che subito gli strappò un sorriso e un si ‘nu figghie d’ciende ‘mmische! di indecifrabile soddisfazione. Vago sentore hardcore punk, brano tosto e veloce, ma pur non parlando di Dante Alighieri, i Sepultura facevano ancora gli impegnati e già da Filthy Rot traspariva – attraverso la loro musica – una netta volontà di rompere i coglioni all’ascoltatore. Ritmi ipnotici, brani brevi eppure ripetitivi, per fortuna solo qualche tribalata sparsa. Il Presidente, molto semplicemente, non ce la faceva più e vedeva la propria carriera come giunta a un capolinea. Il disonorevole sciacallo pronto a divorarne ogni lembo dalla carcassa, lì di fronte.

Sbattè giù l’Aiwa mandandolo in frantumi, ricordando che quel Consigliere oramai prossimo al licenziamento, andava sponsorizzando Hexed dei Children Of Bodom per i corridoi del suo decoroso palazzo. Mugolò l’ennesima considerazione in un linguaggio ad egli incomprensibile, dopodiché lo apostrofò per un’ultima volta: A BELA’, I SEPULTURA A BEIRUT PROPRIO NO. In risposta ottenne soltanto questo: Messicano, dipende dai dischi, Kairos per esempio unn’è mi’a brutto.

Un’ultima risata sibillina del Consigliere in punto di morte, e poi passi spediti nel corridoio simili a una marcia di quelle di cui parla sempre David Vincent nei testi. Forze armate e Alfa Romeo 33 con i vetri scuri irrompevano nella stanza, sparando e macchiando il lucido legno e tutti gli adesivi presenti sulla bella scrivania. (Marco Belardi)

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