Dei MASTODON non si butta niente: Cold Dark Place
Vi ricordate di Beyond Magnetic? I Metallica avevano appena fatto un flop clamoroso con Lulu, e circa due mesi dopo se ne uscirono con quell’EP di quattro tracce riprese dalle sessioni di scrittura di Death Magnetic. Inutile dirlo, ma la sua qualità da sei politico – tendente più al cinque e mezzo che al rialzo – lì per lì non servì a molto. Rileggendolo a mente fredda oggi, ci vedo un forte accenno alla futura intenzione di virare verso l’heavy metal onnipresente nei brani di punta di Hardwired… To Self Destruct , ma questo è un altro discorso – e lo riprenderò più avanti. Da allora sono diventato estremamente perplesso ogni volta che mi mi avvicino a un nuovo dischetto di outtakes di qualche LP più o meno fortunato, specie se a realizzarlo sono i miei gruppi preferiti. Così – dopo avere accolto tiepidamente Emperor Of Sand, che per chi scrive è stato un passo indietro rispetto a The Hunter e soprattutto a Once More ‘round The Sun – arrivo a questo EP dei Mastodon con la consapevolezza che esso contiene tre potenziali B-side dell’album del 2014, ed una dell’ ultimo – che a mio avviso non avrebbe affatto sfigurato proprio all’interno della scaletta di Emperor Of Sand.
La realtà è che i Mastodon hanno composto un trittico iniziale di una potenza incredibile, che ha consacrato la band di Atlanta grazie alla commistione letale fra semplicità, pesantezza e una tecnica di base buonissima (mi soffermo in particolar modo sul batterista Brann Dailor, per me uno dei migliori in circolazione nel panorama Rock). Poi l’album della svolta prog metal, Crack The Skye, che detestai alla sua uscita e che ho apprezzato fino alla follia solo riprendendolo in tempi recenti, ed un secondo trittico più recente in cui la forma canzone ha finito per predominare sul resto, ammorbidendo generalmente i toni. I pezzi di Cold Dark Place, eccezion fatta forse per Blue Walsh che dispone di un efficace ritornello e di Toe To Toes – ipotetico singolo dei loro tempi odierni – ci fanno capire come il gruppo di Troy Sanders abbia messo in commercio questo EP ipoteticamente per due ragioni, delle quali spero vivamente prevalga la seconda.
La prima è che non si butta via niente, come nella lavorazione del maiale che ci porta a degustare cose prelibate come soppressata o ‘nduja. La seconda è che, se questi brani non si fossero amalgamati alla perfezione in Once More ‘round The Sun e nel suo successore, in queste quattro canzoni si possa intravedere in qualche modo una volontà futura – come fu per i Metallica sei anni fa – di accennare ad altro. Il suono di Cold Dark Place è ancora più rock oriented di quello di Emperor Of Sand, infarcito di filtri ed effetti che richiamano forzatamente gli anni ’70, e strizza l’occhio ai Pink Floyd in North Side Star per poi lasciare ulteriore spazio alla psichedelia nella sognante, lunga ed in crescendo title-track che conclude l’esperienza di ascolto. Band che dunque non intende rimanere ferma, deludendo con certezza i fan di capisaldi come March Of The Fire Ants ed Iron Tusk, e guardando indietro più a Crack The Skye ed alle sue atmosfere da trip piuttosto che ai recenti lavori incentrati sulla ricerca del refrain azzeccato e del singolo di fortuna come The Motherload.

Il vero capolavoro, altro che Leviathan
Il dato di fatto è che ogni cosa prodotta dai Mastodon dai tempi di Blood Mountain ha fatto discutere i fan circa la bontà delle precedenti opere, portandone all’interno del bacino di utenza un sacco di nuovi. Sintomo della grandezza di questa band che, ne sono sicuro, farà in futuro parlare ancora di sé qualunque cosa decida di fare, chiunque metta davanti al microfono, ed a prescindere dal genere musicale affrontato. E, come disse Charles, oggi ci servono come il pane. (Marco Belardi)
i mastodon oggi sono indispensabili dato che siamo circondati da merda, il cambio di sonorità può piacere o no, ma non gli si può certo dire che sia costruito a tavolino dato che la band stessa non ha mai fatto mistero delle sue varie influenze. Rendiamoci conto che l’altra band esplosa in questi anni sono i ghost che sono sinceri e spontanei come una finale di X-factor.
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Adoro Once more ‘round the sun ma Emperor of the sand mi annoia come pochi altri album… si, ben scritto, ben suonato, ben prodotto e bla bla bla, ma davvero mi fa due palle così…
Ascolterò questo ep sperando mi piaccia un po’ di più di Emperor of the sand
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è tutta un’altra cosa, Emperor non ha fatto impazzire neanche me perché non ha guizzi… è pur sempre un album fatto da una delle band più in forma degli ultimi 15 anni, ma Hunter e Once erano migliori per come la vedo io. questo EP suona proprio totalmente diverso, un po’ perché non ha una produzione da album, un po’ perché hanno recuperato un po’ di atmosfere da Crack e cercato di suonare ancora più Rock… della pesantezza dei primi tre naturalmente non c’è neanche un accenno (forse un riff vagamente li richiama)
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