Febbre da metallo (e due parole su Negator ed Enshine)

parlé con le cheval!

parlé con le cheval!

L’unica cosa che hanno in comune questi gruppi è quella di aver fatto uscire due dischi onesti, mediamente coinvolgenti, ben suonati anche se non particolarmente originali ma comunque degni di rispetto. La recensione potrebbe anche finire qui, dunque vi intrattengo parlandovi del tipo dell’altra sera al concerto di Bruce Springsteen.

L’altra sera sono andato a Capannelle al concerto di Bruce Springsteen, tour di Wrecking Ball. È la seconda volta in pochi anni che vedo dal vivo il grande Boss e ho deciso che ogni volta che verrà qui a Roma io sarò presente, per quanto mi costi un rene. Ma si sa, ormai più nessuno si accatta i dischi e i musicisti fanno i soldi solo coi tour. Questa volta sono riuscito anche a trascinarmi dietro mio padre che non l’aveva mai visto dal vivo. Ho svariate foto di me da piccolo che mi ritraggono sempre con in mano le stesse due cose: o una copia de La Repubblica o il vinile di Born In The USA. Dunque capirete quanto l’evento sia stato di portata intergenerazionale per me, come per molti altri. A questo tipo di concerto è sempre presente una umanità estremamente variegata, parte della quale non è per nulla avvezza ad eventi del genere. C’è il sessantottardo che poi ha fatto carriera ma che comunque trasuda dall’atteggiamento puzza di rock’n’roll vissuto intensamente in giovane età. C’è la signora la quale, memore di avventurose scampagnate sulla Costiera a bordo di una Golf GTI Cabrio con Born To Run a tutta gallara nello stereo, si muove con familiarità pur dovendosi tirar dietro il marito ormai rimbambito. Come c’è gente che magari non è mai stata a un concerto in vita sua e che non ne conosce le basilari norme di comportamento.

giudice

no dico, quasi quattro ore

La madre di famiglia con la figliolanza al seguito che si è portata dietro mezza casa, carica di zaini e borsette manco dovesse prepararsi per l’ascesa del Blockhaus e che per tutto il tempo del concerto (ah, è durato quasi quattro ore, no dico, quasi quattro ore) è un continuo scartare di panini e pizzette, mamma ho fame, mi passi l’acqua, devo fare pipì, dov’è il mio cappellino, dov’è la madonna. Tutta questa frattaglia di zainetti poi la ammonticchiano tutta nello stesso posto che tu, che stai cercando di avanzare e vedi uno spazio miracolosamente vuoto, ci caschi dentro e fai un casino: spetazzi i panini de li mortacci loro, gli fai cadere l’acqua e ti becchi pure i vaffa della mamma maniaca del controllo. Poi c’è il signore che ti guarda malissimo, manco fossi un criminale, mentre stai cercando di guadagnarti una posizione decente. Questa è pratica lecita e consentita, con le dovute cautele, in qualsiasi evento per metallari puzzoni ma, a quanto pare, non è permesso tra la gente normale secondo la quale forse devi tenerti il posto che il Signore ti ha assegnato. Con buona pace del libero arbitrio. Ma la scena più assurda ha visto protagonista il tizio, sicuramente campano, che è stato affianco a me tutto il tempo. Uno che non spiccicava una parola di inglese ma che si ostinava lo stesso a cantare i testi inventandosi le parole di sana pianta, coniando neologismi e pronunciando onomatopee fantasiose. Beh, insomma, mentre il tipo affianco a me continuava a vociare parole a capocchia e io mi tenevo la panza per le risate e Bruce serioso chiudeva il concerto con una versione acustica di Thunder Road, un signore tutto impettito, che indossava una maglietta bianca (diffidate da quelli che vestono magliette bianche ai concerti), si gira e pronuncia – ad altissima voce – testuali indimenticabili parole: “Mi scusi lei. Noi qui staremmo cercando di vedere un concerto. Abbia la creanza di tacere o togliere il disturbo”. Ora io questo signore impettito con la sua maglietta immacolata lo porterei nel pit di un concerto dei Negator per fargli scoprire un significato tutto nuovo della parola sofferenza.

negator

enshineInsomma, date un’ascoltata all’ultimo disco dei tedeschi, si chiama Gates To The Pantheon e non è molto dissimile dai lavori precedenti, tranne il suono migliore, ma è buon black/death alla Dark Funeral/Behemoth, sparato e senza tante pippe mentali. Il duo denominato Enshine invece, al full di debutto, Origin, fa un death melodico principalmente ispirato/copiato dai Katatonia degli anni ’90 ma vi troverete un’infinità di rimandi (Dark Tranquillity e roba alla Omnium Gatherum, Insomnium, Swallow The Sun). In tutto ciò si fanno ricordare per l’uso doom/goticheggiante, alla Anathema & Co. recenti, di atmosfere più leggiadre e sognanti. Non a caso uno dei due suonava negli Atoma. (Charles)

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