MARILYN MANSON – Born Villain (Cooking Vinyl)

Più di quanto abbia già detto Carlo non saprei dire. Nomi e cognomi di chi ancora compra i dischi di Marilyn Manson. Non saprei seriamente di cos’altro parlare in una recensione, quindi riprenderò il discorso annunciato tra i commenti del suddetto articolo e parlerò un po’ del soggetto in questione e del perché si è ridotto a produrre questa specifica tipologia di letame.

Marilyn Manson è artisticamente morto con l’undici settembre. Prima di esso, il concetto attorno a cui ruotava tutta la cosa era una polemica violenta con la società americana, azzannata dall’interno con spirito moralisteggiante e spregiudicatamente liberal. Puntava programmaticamente a colpire ogni tabù, con precisione chirurgica, a partire dal nome: l’accostamento tra un’icona di quell’epopea nel cui mito l’America vive tuttora (Marilyn Monroe) e la faccia più degradata del dado (Charles Manson). Il rischio peggiore era inorridire le mamme e le nonne e ritrovarsi i picchetti di pastori evangelisti fuori dai concerti, ma è chiaro che anche questo si volgeva a suo vantaggio. Non era un gioco così difficile, prima dell’undici settembre.  La gente era tendenzialmente più spensierata, non era abituata a pensare all’America come ad una delle parti di una guerra, e quindi come a una cosa da difendere e di cui essere orgogliosi; semplicemente perché il mondo esterno non esisteva. Dopo l’undici settembre, però, Manson si è trovato davanti a un bivio: continuare a battere sempre sugli stessi punti, allo stesso modo, alla stessa intensità? oppure acquietarsi un po’, normalizzarsi, diventare macchietta, mantenendo tutt’al più un’estetica stravagante ma ai limiti del socialmente accettabile, e dunque entrare nello stesso meccanismo con cui si era posto in opposizione sin dal principio?

Manson ha scelto una delle due strade e l’ha percorsa senza ripensamento, e (infatti?) è sopravvissuto. Ma a distanza dieci anni è diventato una caricatura di ciò che fu, invecchiata peraltro malissimo (anche perché uno invecchia male quando si imborghesisce e diventa qualcosa per cui non hai più molta stima; Gerard Depardieu è un grasso maiale alcolizzato che si tira fuori il batacchio negli aerei e piscia nel corridoio davanti a tutti bestemmiando la madonna, ma nessuno si sognerebbe mai di dire che è invecchiato male). E da qui tutta la tiritera sul burlesque, l’estetica più pruriginosa tra quelle ai limiti del socialmente accettabile, fastidiosa espressione dello spirito del tempo di merda che viviamo; con tanto di matrimonio con una pornostar burlesque che rilascia interviste alle riviste fashion. Giusto per capire meglio il concetto della cosa, Berlusconi ha esplicitamente detto che in casa sua si svolgevano gare di burlesque. A prescindere dalla veridicità di ciò, il concetto è che il burlesque è un qualcosa che Silvio Berlusconi considera trasgressivo ed eccitante, e soprattutto socialmente accettabile al punto da potersi svolgere nella casa del presidente del Consiglio dei Ministri senza intaccarne l’onorabilità. E Marilyn Manson, per scioccare le persone e sconvolgere le menti, usa il burlesque. Che, alla luce del discorso di cui sopra, è come farlo disegnando i cazzi sui muri, o andando in giro con due mele e una banana. 

critica sociale e trasgressione

Ovviamente questo ha portato via qualche pezzo di dignità personale, ed ecco allora il tentativo di nobilitarsi, le velleità artistiche, i quadri, i film, i libri, la moda, e quant’altro. Tutto inutile: non c’è via di scampo; anzi quegli stessi tentativi di nobilitarsi diventavano poi endemici al nuovo ambiente del musicbiz in cui si era ritrovato a sguazzare; e Born Villain è una coerente sfaccettatura dell’insieme. D’accordo, lui canta sempre allo stesso modo ed è noiosissimo, il genere è completamente diverso rispetto ai primi dischi, ma non è che Born Villain faccia davvero schifo. Oddio, magari alcuni pezzi sì, ma in altri punti è anche vagamente gradevole, ha delle belle linee di basso, bei suoni, e potrebbe anche avere il suo perché nella serata darkettona di una discoteca rock il venerdì sera, insieme a Radikult e l’ultimo Moonspell. Però il fatto che sia opera dell’autore di Antichrist Superstar e non di quattro ventenni tedeschi con l’eyeliner, le extension e il piercing sullo scroto (cit.)  ti mette adosso pena, tristezza, e rimpianto.

Ho una buona opinione dell’uomo, e credo che ogni tanto anche lui vorrebbe ritornare indietro al momento in cui ha venduto la sua anima, e compiere una scelta diversa, rinunciando a soldi e accettazione mondana. Mi piace immaginare che in questi momenti Brian Warner rimetta su Lunchbox, o Great Big White World, o Angel With The Scabbed Wings; me lo vedo che si siede sul letto, coi gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani, ripercorre tutto, e piange.
Piange lacrime di rimorso e vergogna; perché poteva essere un GG Allin cyberpunk e invece è una specie di Renato Zero perennemente fuori moda. Poi però smette di piangere, si alza, va a pisciare, e si butta in piscina. Ed è in quell’istante, in quel preciso istante, che riprende a non fregarsene più un cazzo. È un mondo difficile. (barg)

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