MISTER FOLK FESTIVAL @Traffic, Roma, 13.05.2023

Stavolta giuro di non perdermi nessun gruppo ma non avevo fatto i conti con l’Atac. Lo so che adesso che vivo fuori città dovrei prendermi una macchina ma mia moglie me lo impedisce perché è sicura che mi ammazzerei in stato di ebbrezza. Non le do torto. Fatto sta che mi perdo gli HAEGEN, di Osimo, che mi stanno simpatici a prescindere perché vengono dalla terra dei Kurnalcool. Hanno un buon Lp all’attivo, si sono riformati l’anno scorso dopo un breve scioglimento e scrivono testi legati al folklore marchigiano. Il Traversa, invece puntualissimo, me li racconta come “un folletto che rosola le salsicce del Penny Market sulla brace”. È un complimento.

I DYRNWYN prendono il nome dalla mitologia gallese ma cambiarono argomento già dopo la prima demo. Si presentano bardati come antichi sacerdoti della Roma repubblicana, e qua vinci facile. Tanti gruppi hanno scritto pezzi sull’Urbe imperiale; parlare dell’assedio di Veio è una storia un po’ più raffinata. Dal vivo suonano molto più crudi e aggressivi che in studio, le chitarre sono maggiormente in primo piano. I momenti suggestivi sono quelli dove riescono a restituire i retaggi ancestrali che li ispirano ma la matrice rimane un folk metal di ascendenza settentrionale, direi finnica. Per fare il salto di qualità, dovranno moderarla.

dyrnwyrn

Non avevo mai sentito i BLOODSHED WALHALLA e si sono rivelati una bella sorpresa. Sono di fatto il progetto solista del signor Drakhen, accompagnato da una band ben rodata. Per farvi capire come suonino, basta menzionare che hanno inciso un intero album di cover dei Bathory. Io ci ho trovato anche qualcosa dei Windir, se non proprio dei Vreid. Riff scapoccioni, cassa dritta, un cantato ben alternato tra strepiti e pulito. Una delle migliori performance della serata.

I LOU QUINSE fanno ballare tutti, la gente casca felice per terra mentre azzarda danze tradizionali. Il volume della batteria è un po’ troppo alto e qualcosa si perde ma è difficile non divertirsi. Se vi capita, provate a beccarli quando suonano negli squat, davanti a un pubblico che per lo più non ha la minima idea di cosa stia ascoltando e reagisce con spontaneità. E procuratevi Lo Sabbat, se non lo avete già fatto.

louquinse

Gli ADE non mi dispiacciono ma non sono il mio genere, è una declinazione del death metal diventata abbastanza popolare che però non rientra nei miei gusti. Diocletianvs è un grande intrattenitore e, come dice Barg, durante Veni Vidi Vici ti fa venire voglia di andare a sterminare i galli. I momenti più alti per me sono gli estratti da Spartacus, forse il loro lavoro migliore. Il loro mestiere lo sanno fare e una tritata di brutal sparatissimo è comunque un ottimo modo per spezzare l’atmosfera.

Avevo già visto i SAOR al Frantic e mi avevano convinto fino a un certo punto. Oggi la formazione, non so quanto mutata, è più affiatata e si sono aggiunte una flautista e una violinista. Andy Marshall è migliorato molto dietro il microfono, si è assestato su uno screaming più espressivo. Ammetto di non aver ancora ascoltato Origins ma non è un problema perché la scaletta pesca almeno un pezzo a disco. E allora Carved in Stone, un’ottima resa di Bròn, forse il picco dell’esibizione. E Tears of a Nation. Con Traversa commentiamo che sono molto crepuscolarcontadini ma sarebbe molto complicato spiegare i retroscena di questa locuzione. Concerto quasi perfetto. Il folk metal è una cosa seria. (Ciccio Russo)

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