Cinque gruppi ucraini che avrebbero potuto suonare a Sanremo invece degli Antytila

Finalmente è finito Sanremo. Quell’enorme baracconata kitsch, che in nessun modo rappresenta un paese altrimenti noto per la sua pacata sobrietà, se ne va in archivio con il suo solito carico di polemiche, episodi scabrosi e momenti di alta televisione. L’edizione 2023 sarà tramandata ai posteri soprattutto per il dissing di Gino Paoli a Little Tony e per le scandalose rivelazioni di Elodie, che dopo anni di ambiguità ha finalmente confessato la sua fede romanista lasciando ai laziali Giorgia, i Cugini di Campagna e qualsiasi altro artista, vivente e non, che non abbia mai dichiarato apertamente il proprio tifo calcistico. Chi scrive segue Sanremo praticamente dalla nascita. È una tradizione di famiglia, come scannare il maiale a dicembre per chi vive in una fattoria o parcheggiare in doppia fila per chi abita a Roma. Del resto, nel corso degli anni, il festival ci ha regalato perle di indiscutibile valore: da Francesco Salvi che anticipa i Lordi ai Quintorigo, dai La Sintesi che rivisitano in chiave pop i Cannibal Corpse, senza dimenticare i Tazenda o l’accoppiata Senza giacca e cravatta-Jesce sole di Nino D’Angelo, ché io perdo la testa ogni volta che percepisco anche solo mezza suggestione folk.

Tornando all’ultimo Sanremo, è passata quasi inosservata l’esibizione degli Antytila, gruppo ucraino piazzato alle due di notte per non turbare i delicati equilibri interni del Governo insieme alla lettera di Zelenskyy. Chi siano gli Anytila non lo so – Wikipedia segnala, come punti più pregnanti della loro biografia che “in 2018, Volodymyr Zelenskyy, the future president of Ukraine, participated in one of their videoclips, LEGO. Shortly before the 2022 Russian invasion of Ukraine, the band joined the Territorial Defense Forces, having previously served as volunteers since the annexation of Crimea in 2014” – ma da un anno a questa parte abbiamo scoperto che l’Ucraina è la nuova culla della musica e quest’anno farà il bis all’Eurovision con una cover dei Manowar.

E allora, perché invitare un gruppetto anonimo come gli Antytila a fronte di uno sconfinato ventaglio di alternative decisamente più credibili? Abbiamo selezionato cinque gruppi che avrebbero reso sicuramente un servizio migliore al paese.

ZZ STOP

Omonimi di un’ex cover band valdostana che si esibiva ai motoraduni, gli ZZ Stop sono un collettivo nato da pochi mesi senza una vera e propria formazione fissa. Si sa, però, che al suo interno suonano anche ex membri degli Tsyrulnia, un gruppo RAC attivo tra la fine degli anni ’90 e il 2014 e che ha pubblicato, tra gli altri, pezzi come Fuck Off Nigger, Six Million Soaps e Racial Holy War. Il genere non si discosta molto da quello del gruppo precedente, un Oi! abbastanza caciarone che in questo Sanremo avrebbe avuto degno spazio sul Suzuki Stage insieme a Piero Pelù.

NECROPSY DEFECATION

Band brutal death da Khmelnytskyi, capoluogo dell’omonimo oblast’. La ricetta è quella tipica che caratterizza questi gruppi: copertine gore, titoli splatter (Flesh Gore Pieces on Cannibalistic Ritual Altars è il loro unico full length fin qui) e pezzi più o meno indistinguibili l’uno dall’altro. Ma c’è davvero bisogno di spiegare perché un gruppo con quel nome sarebbe stato perfetto in un festival co-condotto da Gianni Morandi?

SAMMORRA SHADOW

Sammorra Shadow è il progetto solista di Hazex che, a sua volta, non ha altri progetti. Di conseguenza Sammorra Shadow rappresenta anche l’unico progetto di Hazex. Non esistono notizie su di lui, a parte il fatto che sembra avere una quindicina d’anni, si fa i selfie in bagno col filtro verdognolo stile video di Marilyn Manson anni ’90 e padroneggia i software di editing video con incredibile naturalezza, come testimonia la clip del suo primo singolo. L’anno scorso è uscito il suo primo disco autoprodotto, Hiding Behind the Moonlit Forest, che conferma la sua passione per i 90’s. Devo ammettere che, viste le premesse del singolo acustico, mi aspettavo di molto peggio e invece il disco si fa anche ascoltare con tutte le dovute precauzioni del caso. Il problema principale è la voce inascoltabile, nel senso che spesso e volentieri non si sente proprio e quando si sente sembra il prodotto di uno sforzo disumano per non sembrare troppo ridicola. A Sanremo non avrebbe comunque sfigurato al posto del tizio che ha violentato Quello che non c’è di fronte ad un Manuel Agnelli in versione cuckold.

THE DEMIURGKH

A Sanremo abbiamo i Coma_Cose a mettere in piazza i loro drammi amorosi, in Ucraina le coppie fanno quello che ogni sana famiglia tradizionale dovrebbe fare: evocare Satana. È il caso dei The Demiurgkh, duo composto da She, Who Summons the Demons e He, Who Pray the Devil. All’attivo hanno due ep (Devilworship Ritual del 2021, Unholy Ceremony dell’anno scorso) usciti solo su cassetta come formato fisico e il loro è un black metal marcio e molto teatrale, a partire dall’estetica che si rifà all’occult rock e all’horror gotico di fine anni Sessanta/primi anni Settanta. Certo, non sono i Coven e nemmeno i Devil’s Witches, ma hanno un certo fascino inquietante e la straordinaria capacità di camminare costantemente sul limite della pecionata più becera senza mai finirci completamente dentro.

BERGTROLL

Nel 2003 i Finntroll tirarono fuori quel piccolo capolavoro intitolato Visor om Slutet sulla cui genesi non vi sto qui a tediare troppo. Doveva essere un disco di passaggio, acustico e strumentale, finì per diventare un album vero e proprio alla memoria di Teemu Ramoiranta, morto suicida durante le registrazioni, e un omaggio al cantante Katla, che si era dovuto ritirare dai palcoscenici per un cancro alla gola. Una quindicina d’anni dopo, senza alcun motivo apparente, i Bergtroll decidono che è il caso di rendere il giusto tributo a Visor om Slutet e, nel giro di pochi mesi, tirano fuori una demo e un full length intitolato Songs of Terrible Trolls. La demo è un brutto mix tra folk e dungeon synth il cui pregio principale risiede nel fatto di durare poco. L’album ha la stessa copertina fatta con Photoshop ma dura quasi il triplo ed è un’accozzaglia disomogenea di folk metal, prog e suggestioni ambient attaccate con lo sputo. Jorgen e Tatiana, i due musicisti che si celano dietro i Bergtoll, hanno anche un progetto parallelo chiamato Gryfalcon, in cui prendono i Pink Floyd e li tramortiscono contro uno scoglio come si fa con i polpi. Per palati raffinati, ma almeno in questa edizione di Sanremo avrebbero assicurato la quota folk del tutto assente. (Matteo Ferri)

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