Avere vent’anni: MASTERPLAN – st

In teoria questa sarebbe dovuta essere una recensione breve, ma dopo aver scritto quella di Elements part 1 mi sono detto che scriverne una lunga per quella cacatina e una breve per il debutto dei Masterplan sarebbe stata un’ingiustizia. E quindi eccoci qua, a rendere giustizia al power metal europeo, genere tanto bistrattato ma che quando è fatto bene riesce a spaccare a certi livelli.

All’epoca l’annuncio dell’uscita di questo disco suscitò parecchio entusiasmo. Roland Grapow e Uli Kusch, considerati i salvatori degli Helloween eppure da questi ultimi cacciati via in malo modo, si sarebbero potuti prendere la rivincita. Alla voce originariamente doveva esserci Russell Allen, che poi però declinò in favore di Jorn Lande, probabilmente uno dei migliori cantanti metal mai esistiti. Inoltre alle tastiere ci sarebbe stato Janne Wirman, dei Children of Bodom, anche se solo come ospite. E ospite sarebbe stato anche Michael Kiske, che avrebbe cantato in un pezzo (Heroes, per la precisione). Non mancava niente: tutti i tasselli sembravano essere al posto giusto perché i Masterplan si rivelassero il futuro del power metal europeo.

E poi com’è andata? Beh, musicalmente benissimo: Masterplan è un lavoro che suona fresco anche a distanza di vent’anni, concepito e suonato con classe cristallina, con una prestazione notevole di Jorn Lande e una successione continua di melodie che ti rimangono in testa e rendono impossibile al piedino di rimanere fermo. Il singolo fu Enlighten Me, pezzo carino ma troppo semplice per gli standard del disco, ideato forse per battere gli Helloween di Deris sul loro stesso campo, quello dei singolini radiofonici alla If I Could Fly. Ma il vero picco del disco è l’apertura, Spirit Never Die, pezzo incredibile con un testo da pelle d’oca interpretato in maniera commovente da Lande. Basterebbe solo questa canzone a rendere Masterplan degno di nota, ma nei cinquanta e passa minuti di durata dell’album è molto difficile annoiarsi. Anche quei pochi pezzi meno riusciti, come Crawling from Hell, alla fine vengono resi godibili dalla prestazione dei musicisti e dalla produzione di Andy Sneap, che rende tutto perfettamente a fuoco.

Musicalmente andò benissimo, quindi. Ma commercialmente molto meno. Il disco deluse le aspettative di molti, anche se non riesco a capire per quale motivo. Forse era troppo adulto per chi cercava i nuovi eredi degli Helloween, o d’altro canto forse era troppo semplice per chi si aspettava una roba più progressive, magari sperando in un recupero delle sonorità degli Ark da parte di Jorn Lande. Non voglio dire che Masterplan passò inosservato, però di sicuro non ci furono troppe scene di gente che si strappava i capelli. Non so se abbia contribuito la scelta di quel singolo, non so se un capolavoro come Spirit Never Die messo all’inizio poi abbia alzato troppo le aspettative per il resto del disco. Quello che so di sicuro è che Masterplan merita una, chiamiamola così, rivalutazione tardiva. (barg)

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