Boccate d’ossigeno: BLIND ILLUSION – Wrath of the Gods

I Blind Illusion nel 2010 ci avevano deliziato con uno fra i peggiori dischi di reunion di sempre, Demon Master. La band californiana esiste dagli anni ’70 e finora ha registrato solo tre Lp. Questo ritmo non sembra però l’unico motivo per cui siano trascorsi dodici anni tra il qui presente Wrath of the Gods e il predecessore. Ci vuole tempo a risollevarsi, moralmente e creativamente, da una roba come il merdosissimo proto-metal psichedelico di Demon Master, un album informe, dopo il quale non sorprende che Marc Biedermann abbia deciso di ripartire un’altra volta da capo, cancellandolo. Wrath of the Gods si riallaccia un pochino, ma comunque poco, a Psychedelic Symphony, la demo del 1989 contenente il materiale inciso subito dopo la dipartita di Larry LaLonde e Les Claypool in direzione Primus, con una formazione per l’ennesima volta nuova che nemmeno comprendeva il batterista storico Mike Miner.

Anche stavolta la line-up è rinnovata, e i nomi sono grossi al punto che molto probabilmente vi diranno qualcosa. Alla chitarra Doug Piercy, negli Heathen al fianco di Lee Altus. Intendo gli Heathen dei primi due, perché in occasione della reunion non c’è stato spazio per Piercy e tanto meno m’importa di quei dischetti. Alla batteria Andy Galeon, il pischello che a quindici anni circa incise The Ultra Violence con i Death Angel. Ci tengo a precisare quanto personalmente adori quel batterista, che suona semplice e fa sempre la cosa giusta. Bentornato.

Al basso c’è un tizio che assieme a Doug Piercy era presente anche nell’Ep del 2018, il che fa di entrambi dei recordman. Non sprecherò paragoni con Les Claypool, primo perché mi fa incazzare il solo fatto che nel 2022 possa esserci ancora qualcuno che compari questo porto di mare, i Blind Illusion, una sorta di Inter dell’ultima era Moratti, al progetto di Claypool. I Blind Illusion sono il gruppo di Biedermann, e preferirei menzionare il fenomeno delle quattro corde per altro. Quanto al suo sostituto indiretto, Tom Gears, il cui nome pare quello di un impresario che produce resistenti cassette per gli attrezzi, mi limiterò a dire che si fa sentire e si fa apprezzare. Senza che si debba con ciò avere l’ingenerosa pretesa che anch’egli sia un genio.

Wrath of the Gods è un album di bei riff, fondamentalmente. Non è techno-thrash, tanto schizoide quanto melodico, come lo fu The Sane Asylum, ma piuttosto la naturale evoluzione del medesimo in direzione del suono che in molti intrapresero nei primissimi anni Novanta, e più precisamente nel periodo che va dal 1990 al 1993. E personalmente ritengo che il genere non fosse del tutto morto neppure allora, con prese di posizione che avrebbero meritato un maggiore risalto. Proprio stamani stavo ascoltando in auto il piacevolissimo Mind over Splatter degli Zoetrope. Se non lo conoscete, provate a recuperarlo insieme al celebrato predecessore. Chiusa la parentesi, torniamo al disco: ci sento la freschezza compositiva degli ultimissimi Armored Saint, e in tal senso il paragone crolla solo al confronto fra la voce di Marc Biedermann e l’ingombrante Bush.

Wrath of the Gods mi ricorda il tiro di certe uscite alla Sound of White Noise, in un’ottica comunque di stampo più classico e meno sfacciatamente alternativo, pompato, volutamente infighettito per stare al passo di chi incassava. Oggi non ci sono incassi, il vantaggio è che puoi davvero suonare quello che ti pare, e in caso contrario saresti uno scemo. Qua dentro è presente il funk, il riff orientaleggiante, la pedalata power metal di Protomolecule; è presente un grado di varietà semplicemente sfiancante, al pensiero di doverla metabolizzare tutta. Eppure, eccetto qualche tiro a vuoto come lo spompo inno acceptiano No Rest ‘till Budapest (giustificato da una goduriosa sezione solista), o la banale accoppiata centrale formata da Behemoth e Lucifer’s Awakening, in cui si cazzeggia forse a briglia un po’ troppo sciolta (alla stregua degli Annihilator di certi brani generalmente messi in fondo alle loro scalette), il nuovo Blind Illusion funziona più o meno sempre. Ed è un album che, al contrario di Demon Master che prendeva malamente il metal per portarlo dove voleva, prende il thrash metal e lo contamina a meraviglia senza tenerlo troppo al centro dell’attenzione.

C’è innanzitutto quel genere di produzione in grado di farti sentire a casa, come con quegli album coi quali sei cresciuto o come a un concerto. La batteria è una batteria, non un midi di merda del quale – per qualche oscuro motivo – non vi siete ancora accorti o del quale, per qualche motivo ancora peggiore, vi siete pure finiti per accontentare. Le chitarre dialogano a meraviglia e i riff sono i veri e indiscussi protagonisti di Wrath of the Gods, specie quelli della dinamica accoppiata iniziale, culminante a mio modo di vedere nella seconda Slow Death. L’album comincia con due episodi metallarissimi e procede con episodi meno canonici e più rivolti al rock, come Spaced e Amazing Maniacal Monolith, entrambi autentici inni agli Novanta, che non fanno desiderare un ritorno su binari più tradizionali. Si fa risultato anche non giocando sul sicuro, ecco.

Album imperfetto, questo; tuttavia uno dei pochi che in questo avaro 2022 hanno saputo farmi sentire perfettamente a mio agio. In un’annata a cui manca il capolavoro (come il Punching the Sky del 2020, per menzionarne uno recente), il nuovo Blind Illusion è una bella boccata d’ossigeno. (Marco Belardi)

One comment

  • Sembra interessante, come ho già scritto in un altro post, ho il primo su vinile ed il demo dell’epoca, ma poi li avevo persi di vista. Ai tempi erano usciti diversi gruppi “tecnici” come Cynic, Nocturnus ed altri, ho tutti i dischi, demo e bootleg e mi piacevano, ma sembra che non fossero riusciti ad emergere. Bello il riferimento ai Zoetrope, di cui ho ancora il primo su vinile, l’avevo preso assieme ad un altro esordio quello dei Detente con la donzella quasi growl alla voce, molto prima che diventasse di moda come adesso.

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