La lista della spesa di Griffar: i debutti di SERMON OF FLAMES e MOONLIGHT SORCERY

È uscito sul finire dell’anno scorso per I, Voidhanger Records, ma la recentissima ristampa in cassetta per la DeathKvlt inglese, una di quelle microetichette i cui prodotti escono in tiratura limitatissima e vanno esauriti dieci secondi dopo la loro immissione sul mercato, mi consente di parlarvi del debutto I Have Seen the Light, and it was Repulsive degli irlandesi Sermon of Flames. Se cercate musica diversa dal solito in contesti estremi, talmente estremi che la stessa parola estremo diventa un eufemismo, questo disco fa per voi. Semplificando un po’ le cose i ragazzi suonano blackened death metal, ma in un modo talmente schizoide che fatico a trovare termini di paragone o punti di contatto con progetti più famosi che possano darvi un’idea. Ad esempio G.O.D. (il quinto brano) spazia nel dark industrial, solo che ci sono pure i chitarroni death metal sotto, come se i Morbid Angel dei vecchissimi tempi suonassero dopo una dura session a base di peyote e whisky del discount, con un growl che sembra opera del mai troppo rimpianto Lars Goran Petrov riverberatissimo direttamente dall’oltretomba mentre, quando c’è lo screaming, sembra di ascoltare qualcuno che ha avuto malauguratamente a che fare con la Santa Inquisizione. Io ci sento anche parecchio l’impostazione religious che i Cult of Fire hanno dato a questo tipo di musica in tempi recenti. Ascoltatevi Vacuous & Disjointed che è una specie di vessillo di tutta la loro musica, include tutta l’alienazione, la loro tecnica e la loro ferocia. Tutto l’album nel complesso è straniante, di colpo puoi trovarti innanzi a situazioni che nemmeno avresti immaginato di primo acchito, compresi un paio di intermezzi inquadrabili nella follia sonora più netta, con dodici brani per 38 minuti scarsi di musica inclusiva di tutto quello che potete chiedere dal grind puro al death metal all’effettistica. Non immediato, ma, se si cerca musica inusuale e se si riesce ad entrare nel loro mood, questo è un gioiellino.
Debutto con l’EP Piercing Through the Frozen Eternity anche per il trio finlandese Moonlight Sorcery, di formazione non recentissima (si parla del 2018) e fino ad oggi fermi al palo per quanto riguarda la voce titoli in discografia. Ci offrono quattro pezzi più una trascurabile intro di melodic black metal tipico di quelle terre lassù a settentrione, pienamente in linea con quanto fatto dai conterranei Alghazanth, Thyrane, primi Catamenia, Funeris Nocturnum. Tempo per studiare i pezzi ce ne hanno avuto in abbondanza, e difatti la qualità delle composizioni e degli arrangiamenti è piuttosto elevata, tutti e quattro i brani essendo impostati sui suoni molto melodici delle tracce armonizzate di chitarra ritmica e solista. Un po’ meno rilevanza hanno le tastiere, che comunque sono ben presenti e rendono più epico il risultato finale. La voce è il classico screaming black, fatto bene, abbastanza canonico mi vien da dire. I pezzi sono belli tesi ed aggressivi, risultano coinvolgenti in ogni loro parte senza evidenziare difetti o carenze particolari: né troppo lunghi né troppo brevi, veloci il giusto, accattivanti per tutto il loro dipanarsi, vari senza essere eccessivamente complicati e distinti dagli assoli per i quali i ragazzi vanno evidentemente matti. È un disco mediamente breve, vedremo quando e se si cimenteranno un una prova sulla lunga distanza cosa saranno capaci di fare. Intanto Piercing through the Frozen Eternity è degno di nota senza dubbio, anche per chi non ha il black metal fisso nelle sue preferenze. (Griffar)