Qui una volta era tutta tundra: GRIMA, FORHIST e HAVUKRUUNU

Mi era completamente sfuggito il fatto che in gennaio i GRIMA avessero dato alle stampe un degnissimo successore del già ottimo Will of the Primordial, album che avevo apprezzato grandemente a partire dalla copertina con i boschi innevati, cosa di cui non mi stancherò mai e poi mai. Per fortuna sta tornando il freddo anche a queste latitudini, certo niente in confronto con quello russo ma si fa quel che si può, tanto ad abbassare ulteriormente la temperatura esterna ci pensano i fratelli Sysoev: i due russi dimostrano di essere ancora ampiamente ispirati dalle inospitali lande di origine, la Siberia, e di saper inserire, come da canovaccio del genere (il black metal atmosferico), strumenti a loro culturalmente affini come la fisarmonica russa, il bajan, che è protagonista in alcuni brani più evocativi come At the Foot of the Red Mountains, uno dei miei preferiti del lotto. Rotten Garden è un album che non presenta alcun difetto, semmai soffre di qualche leggero momento di calo di tensione emotiva verso la fine (Grom) ma ciò è ampiamente compensato dall’averci fatto regalo, in chiusura d’album, di una registrazione e un arrangiamento completamente nuovi di uno dei loro migliori brani di esordio (Devotion to Lord), che soffriva di una produzione non all’altezza della qualità e che ora ci viene restituito in tutta la sua efficacia.
Vindsval è un nome che avete letto parecchie volte su queste pagine. Quando ho avuto modo ne ho parlato perché penso che i Blut Aus Nord siano una delle poche band nate negli anni ’90 che, senza chiudersi in sé stesse, abbiano superato indenni quegli anni in cui fare black metal non era più sufficiente e occorreva rinnovarsi a tutti i costi. Può piacere o no la loro interpretazione di tale rinnovamento che li ha traguardati fino ai giorni nostri come una band contemporanea, sebbene non propriamente accessibile a tutti, ma Hallucinogen sembrava venire da un altro mondo e, pur nella difficoltà di capirne il senso e apprezzarne la natura, si distingueva in personalità e originalità. Mi viene da dire anche unicità, perché ancora oggi faccio fatica a trovare qualcosa che vagamente vi assomigli. Tutte caratteristiche e angoli vivi che nell’omonimo esordio dei FORHIST, emanazione solista di Vindsval, vengono smussati, a cominciare dall’originalità, restituendoci un album comunque apprezzabile (praticamente strumentale), dalle atmosfere di riconoscibilissima matrice burzumiana, che ci fa tornare un po’ indietro con la memoria ai Blut Aus Nord precedenti il rinnovamento di cui sopra.
Minchia. Se fosse un album sarebbe “disco” dell’anno, invece è un EP che alla fine dura quanto duravano gli album black metal negli anni ’90, cioè tipo 35 minuti. Ora, ci sono solo un paio di cose che mi impediscono di conferirgli tale personale riconoscimento: la prima è che in quel caso dovrebbe vedersela con un altro EP notevolissimo, Expedition I : Dissonanzgrat, l’esordio dei tedeschi Antrisch, e sarebbe sfida all’arma bianca senza pietà. Altra cosa che mi frena dal consigliarvi di buttare nel rusco la vostra copia di La Morsure du Christ (quello sì, serissimo candidato) è che i Seth, la cui carriera è iniziata negli anni d’oro, si può anche affermare, senza offendere troppe persone, abbiano raggiunto l’apice del proprio percorso evangelico, mentre i finlandesi dal nome balordo sono giovani, sono in crescita e, se continuano così, avranno un radioso futuro davanti. Due parole su questo EP dal nome altrettanto balordo? E cosa volete che vi dica, amici del vero metal, che si distingue per i suoi arabeschi di tremolo picking e blast beat? Ma vaffanculo. ‘Sti cinque brani non sono nuovi, anzi è roba che risale agli esordi degli HAVUKRUUNU, ma riarrangiati e prodotti al meglio, e stanno lì a testimoniare le influenze darkthroniane e bathoriane dei Nostri, le uniche che ha senso avere. Mettetelo su a volumi improponibili e fate le cornine per 35 minuti. (Charles)
Havukruunu sempre fantastici
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